Cos’è
Cos'è lo zucchero?
Nel linguaggio comune, zucchero è il nome di un alimento granulare da tavola utilizzato come ingrediente dolcificante.
In verità, lo zucchero presente in commercio non è tutto uguale; i vari tipi si differenziano per l'aspetto, la materia prima e la tecnica di estrazione, le proprietà nutrizionali e l'impatto sull'organismo. È comunque doveroso specificare che, a conti fatti, queste discrepanze non sono poi così significative. In contrapposizione alle speculazioni ed alle tendenze commerciali, possiamo affermare con certezza che l'effetto dello zucchero sull'organismo non dipende tanto dalla sua tipologia, quanto dall'entità globale di consumo.
Tipi
Zucchero discrezionale, zuccheri nascosti e naturali
Quando si parla di "consumo di zucchero" si intende soprattutto l'utilizzo di quello discrezionale – che viene aggiunto dal consumatore direttamente sugli alimenti o nelle bevande. Sono invece esclusi i glucidi semplici naturalmente contenuti negli alimenti naturali, come nella frutta, nella verdura e nel latte. Tuttavia, contrariamente a quanto molti pensano, dovrebbero essere considerati zuccheri discrezionali anche quelli utilizzati nelle ricette, sia delle preparazioni casalinghe, sia negli alimenti industriali. Questo perché i cosiddetti "zuccheri nascosti" hanno un'importanza fondamentale sull'apporto totale giornaliero e, non tenendone conto, aumenta il rischio di eccesso con la dieta. È il caso dei dessert, degli snack e delle bevande dolci: torte, biscotti, gelati, caramelle, coca cola e altre gassate, succhi di frutta, certi liquori, tisane, caffè, tè ecc. Nota: contengono zuccheri – soprattutto maltosio – anche molti sostituti del pane come, ad esempio, le fette biscottate – soprattutto le fette biscottate dolci.
Approfondimento
Hanno le stesse caratteristiche dello zucchero granulare altri prodotti liquidi, del tutto naturali o parzialmente lavorati, come: il miele, lo sciroppo d'acero, quello d'agave, la melata, la melassa e simili.
Tipi di zucchero
Sulla tavola degli italiani compaiono vari tipi di zucchero, sia bianco che scuro, di tipo semolato e con consistenza e granulometria variabili. Il saccarosio e il fruttosio, che come vedremo sono i carboidrati dolci e solubili granulari più diffusi come zucchero da tavola, possono essere ricavati da due materie prime: la barbabietola da zucchero (Beta vulgaris var. rapa forma altissima o saccharifera) e la canna da zucchero (Saccharum officinarum). Marginalmente in commercio se ne possono trovare altri tipi come, ad esempio, lo zucchero di mele, lo zucchero di cocco ecc.
Curiosità
Perché il destrosio o glucosio, più economico del saccarosio e del fruttosio, non viene utilizzato come zucchero da tavola? Semplicemente perché ha un potere dolcificante inferiore!
Il colore dello zucchero granulare da tavola non ne stabilisce la qualità o, in maniera rilevante, le proprietà nutrizionali. Quello bianco è più raffinato, poiché durante il ciclo produttivo viene privato della melassa – tipicamente di colore scuro. Questa però, non rappresenta un fattore discriminante di significativa entità. Ciò significa che il saccarosio bruno e in grossi cristalli, ovvero quello comunemente inteso come zucchero di canna grezzo, ha le stesse caratteristiche di quello bianco – anche di barbabietola.
Diverso è se prendiamo in esame gli zuccheri di tipo integrale. Questi non vengono sottoposti a centrifugazione e raffinazione, oppure lo sono in parte. Un esempio è costituito da certi tipi di muscovado, che contengono maggiori percentuali di minerali e vitamine, e un minor carico glicemico e calorico. D'altro canto, ciò significa che sono anche meno dolci e la maggior parte dei consumatori ne usa più del normale per ottenere la stessa sensazione al palato – vanificandone così il significato nutrizionale.
Rimane poi il ben noto zucchero a velo, costituito da nient'altro che saccarosio di granulometria inferiore e amido in polvere – necessario per garantire una consistenza polverosa.
In pratica, i vari tipi di zucchero differiscono l'uno dall'altro soprattutto in merito all'aspetto, mentre le caratteristiche fisiche, dalle quali dipendono peraltro le interazioni in cucina e le implicazioni salutistiche di cui faremo cenno in seguito, sono più o meno sovrapponibili.
Proprietà Nutrizionali
Proprietà nutrizionali dello zucchero
Per le sue caratteristiche chimiche, lo zucchero granulare bianco da tavola è anche definito "zucchero raffinato". Fornisce 392,0 kcal / 100 g, è interamente costituito da saccarosio o fruttosio, mentre l'acqua risulta pressoché assente. Fibre, vitamine e minerali possono essere identificabili solo in tracce, eccezion fatta per alcuni prodotti noti come "zucchero integrale".
Lo zucchero fa ingrassare?
Lo zucchero è oggetto di molte critiche e controversie. Questo perché, come abbiamo già detto e come ribadiremo, ha un impatto discutibile o addirittura nocivo sull'organismo. Ciò non è determinato solamente dal suo potenziale energetico, ma anche dall'impatto metabolico che comporta. Lo stato di nutrizione, infatti, è direttamente e inversamente correlato all'equilibrio ormonale dell'organismo. Quando si introducono macronutrienti energetici con gli alimenti, dopo l'assorbimento, il sistema endocrino modifica le proporzioni ormonali per ottimizzare l'impiego metabolico di ciò che si è mangiato. Soprattutto il glucosio, ma anche certi amminoacidi e lipidi, in relazione alla quantità assunta – carico glicemico – e alla velocità di perfusione nel sangue – indice glicemico – aumentano la produzione di insulina – insulinemia, misurata con il cosiddetto indice insulinico o insulinemico.
L'insulina è un bioregolatore che svolge funzioni anaboliche e anticataboliche molto importanti. In particolare: aumenta la glicogenosintesi, aumenta la liposintesi, aumenta la proteosintesi, riduce la glicogenolisi, riduce la lipolisi ecc. Ha però la caratteristica di non essere specifica, bersagliando sia il tessuto muscolare, sia quello adiposo. A tal proposito ricordiamo che le fibrocellule muscolari hanno una differente e limitata necessità di stoccaggio; inoltre, nelle persone sedentarie, non hanno nemmeno una spiccata tendenza anabolica – invece superiore negli sportivi. Non bisogna però cadere nell'equivoco comune che sia solo l'insulina a far ingrassare; è indubbio che tale ormone favorisca l'anabolismo del tessuto adiposo, ma il processo di stoccaggio avviene anche in maniera del tutto indipendente e solo in presenza di eccesso di substrato – vedi sotto. Questo significa che la tendenza ad aumentare il deposito di grassi è causata soprattutto dalla compresenza dei due fattori ma, tra i due, quello fondamentale è l'eccesso di substrato.
L'eccesso di substrato, che una volta conclusa la ricostruzione delle riserve e dei tessuti determina la sintesi degli acidi grassi, dei trigliceridi e l'accumulo adiposo, è costituito da un esubero di Acetil-coenzima A – (CH3COSCoA), abbreviato: acetil-CoA. Questa molecola fondamentale deriva dal metabolismo del glucosio, tanto quanto degli acidi grassi e degli amminoacidi; ciò significa che, a conti fatti, è l'eccesso calorico indiscriminato a favorire l'aumento di substrato responsabile dell'accumulo adiposo, non solo di uno o dell'altro macronutriente energetico.
Il fruttosio fa male?
Il saccarosio ha un carico glicemico elevatissimo ed un indice glicemico-insulinico piuttosto alto, superato solo dal glucosio o destrosio e dal maltosio – comunemente non utilizzati nella formulazione dello zucchero semolato da tavola. Il fruttosio invece, entrò prepotentemente sul mercato degli edulcoranti da tavola solo una ventina d'anni fa, per il minor indice glicemico-insulinico rispetto al glucosio ed al saccarosio. Questo non richiede alcun enzima digestivo e pertanto dovrebbe, come il destrosio, scatenare velocemente la produzione di insulina. Tuttavia ciò non avviene poiché esso, per incidere sulla glicemia – o quantità di glucosio nel sangue (mg / dl) – richiede una metabolizzazione da parte del fegato. Proprio in virtù di questa caratteristica, prese il nome di "zucchero per diabetici"; ben presto però, le evidenze cliniche – quasi disastrose – dell'eccesso di fruttosio nei malati di diabete mellito tipo 2 obbligarono la ricerca scientifica a fare maggiore chiarezza sull'impatto metabolico di questo nutriente. In sintesi: se è vero che il fruttosio aumenta lentamente la glicemia e l'insulina, è altrettanto vero che un suo eccesso nel sangue peggiora in maniera indipendente molte complicanze del diabete mellito tipo 2 – ad esempio le lesioni del microcircolo oculare; inoltre, il fegato ha una limitata capacità di metabolizzare il fruttosio e, superato questo potenziale di carico, tutto il rimanente viene convertito in acidi grassi da stoccare in trigliceridi nelle riserve adipose.
Dieta
Zucchero nella dieta
Lo zucchero è da considerare un alimento ad alta densità energetica. Abusarne nella dieta può determinare l'insorgenza o l'aggravamento di alcune patologie; tra le varie: carie dentaria, sovrappeso o obesità, ipertrigliceridemia, iperglicemia e diabete mellito tipo 2, steatosi epatica alimentare ecc.
In base a quanto riferito dai Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana (LARN), una porzione di zucchero dovrebbe corrispondere a 5 g. Avendo un peso specifico di 1,59 g/cm3, tale quantità può essere misurata riempiendo un cucchiaino raso da tè; se il cucchiaino è colmo e forma la tipica "montagnola", i grammi salgono a 10. Nota: un cucchiaio grande da minestra invece, raso ne contiene 9 g e colmo fino a 16 g.
In molti si domandano quanto zucchero sia concesso mangiare in una dieta equilibrata. Non è una domanda facile alla quale rispondere, poiché l'adeguatezza dell'apporto di zuccheri solubili viene misurato in percentuale sulle calorie totali e, inoltre, non tiene conto della distinzione tra zucchero granulare da tavola discrezionale, zucchero delle ricette – anche industriali – e zucchero dei cibi naturali.
La Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU), nel 2014 ha stabilito che, in una dieta equilibrata per un soggetto adulto sano, il consumo di zuccheri semplici e solubili dovrebbe mantenersi inferiore al 15% delle calorie totali; in un regime da 2000 kcal / die, per esempio, non più di 80 g. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomanda, da pochi anni a questa parte, addirittura di non oltrepassare il 10 %. Questo perché un apporto superiore al 25% si correla statisticamente ad un aumento dell'incidenza per le patologie sopra menzionate.
Lo zucchero può costituire una dieta equilibrata?
Ad un occhio inesperto però, questi sono solo numeri privi di riscontro pratico. Facciamo quindi un piccolo esempio. Prendiamo di nuovo in esame il caso di un adulto che ha un fabbisogno normocalorico di 2000 kcal / die e una razione massima di zuccheri pari a 80 g / die. Lo zucchero semolato da tavola non è l'unica fonte di glucidi semplici e solubili poiché questi sono contenuti anche negli alimenti, sia naturali, sia elaborati. Stiamo parlando del lattosio del latte, del fruttosio della frutta e della verdura, del maltosio delle fette biscottate e del pane, e del fruttosio / glucosio e saccarosio della marmellata o del miele. In totale, rispettando l'adeguatezza delle porzioni, arriviamo a oltre 95 g di zuccheri solubili semplici; 15 g in più del massimo consigliato dalla SINU e 40 g in più di quello suggerito dall'OMS.
In pratica, per rispettare una dieta equilibrata, lo zucchero granulare da tavola dovrebbe essere totalmente eliminato. C'è poi chi sostiene che, nel conteggio degli zuccheri totali giornalieri, il lattosio e il fruttosio naturalmente contenuti negli alimenti potrebbero non essere conteggiati. Si tratta però di una congettura priva di fondamento e che, al momento, non ha alcun valore statistico.
Cucina
Caratteristiche dello zucchero importanti in cucina
Lo zucchero, inteso fondamentalmente come saccarosio, è un ingrediente molto utilizzato in cucina – l'impiego del destrosio e del fruttosio è, a confronto, molto limitato. Le sue proprietà chimico-fisiche incidono molto sulle caratteristiche organolettiche e gustative degli alimenti e sulla buona riuscita di varie ricette.
Lo Sapevi che…
Il fruttosio, allo stato naturale, a temperatura ambiente ha consistenza liquida. Solo dopo un'adeguata lavorazione industriale viene cristallizzato per diventare zucchero bianco semolato da tavola.
La prima caratteristica dello zucchero che interessa la cucina è il potere edulcorante o dolcificante, ovvero la capacità di stimolare il gusto dolce. Quello con il valore superiore è il fruttosio, seguito dal saccarosio, dal miele e via via – scorrendo vari glucidi non disponibili – fino al glucosio.
La seconda caratteristica dello zucchero molto importante in gastronomia è il sapore. Lo zucchero granulare da tavola infatti, può avere sfaccettature organolettiche differenti. Quello bianco è il più raffinato o neutro, anche se tra saccarosio e fruttosio sono percepibili non poche differenze. Gli zuccheri scuri invece, che contengono una parte di melassa, hanno un sapore caratteristico. Inoltre, sottoposti a cottura, gli zuccheri assumono un sapore diverso. Più avanti capiremo meglio perché.
La terza caratteristica dello zucchero è il colore. Quello raffinato è da trasparente a bianco, mentre il meno manipolato è bruno chiaro o scuro. Anche il colore può cambiare drasticamente se sottoposto a cottura.
La quarta caratteristica è la granulometria, che modifica la percezione tattile. Il più sottile fra tutti è lo zucchero a velo. Gli zuccheri "grezzi", come quello bruno, hanno una granulometria superiore ai raffinati bianchi. Gli integrali sono parecchio diversi l'uno dall'altro e variano a seconda del prodotto.
La quinta caratteristica è la solubilità - idrosolubilità. Varia in base alla chimica e alla granulometria – a 20 °C il saccarosio 211,5 g / 100 mL (due kg per litro, ma arriva fino a 5 kg se la temperatura sale a 100 °C), mentre il fruttosio ha solubilità di 3760 g / L – quindi superiore. Lo zucchero a velo, che è il più sottile ma contiene piccole quantità d'amido, viene utilizzato nelle ricette che non richiedono azioni di impasto o mescolamento molto prolungate, che contengono poca acqua, o che sono lavorate a bassa temperatura – ad esempio la chantilly.
La sesta caratteristica è la temperatura di fusione. È più bassa nel fruttosio (100 °C) rispetto al saccarosio, che fonde quasi col doppio del calore (180 °C).
La quinta e la sesta caratteristica incidono molto sulle preparazioni culinarie. Per produrre uno sciroppo altamente concentrato, ad esempio, è necessario far bollire l'acqua e lo zucchero assieme, portando quest'ultimo a temperatura di fusione. In un litro d'acqua, ad esempio, portando la temperatura da 18 a 100 °C possiamo diluire da 2 fino a 5 kg di saccarosio.
Zucchero e reazione di Maillard
Lo zucchero, sottoposto a riscaldamento, prima aumenta di solubilità, poi fonde e infine va incontro alle reazioni di Maillard.
Questi processi non enzimatici modificano la struttura chimico fisica dell'alimento. A 160 °C il saccarosio inizia a liquefare. A 170 °C inizia il processo di caramellizzazione, cioè una ulteriore disidratazione che ricombina gli atomi di ossigeno dello zucchero e favorisce una ri-disposizione molecolare producendo numerosi composti, semplici o complessi, volatili e non volatili. Il caramello ha i sentori tipici dello zucchero bruciato e contiene glucosani, aldeidi, chetoni, ecc., ma anche composti tossici e cancerogeni come idrossimetilfurfurolo (HMF) e acrilamide.
Per questo motivo il caramello non deve rientrare in maniera ordinaria nell'alimentazione umana. Inoltre è sempre buona norma:
- Aumentare la temperatura lentamente poiché, anche spegnendo immediatamente il fuoco, il processo di caramellizzazione prosegue in base alla temperatura che ha raggiunto lo zucchero
- Mescolare ripetutamente
- Avvalersi dell'utilizzo di un termometro.
È anche possibile aggiungere una piccola quantità d'acqua, anche se questo dipende molto dal tipo di caramello che si deve realizzare. Rispetto ad un caramello liquido, quello solido non può ovviamente contenere liquidi e pertanto si deve tener conto di quanta acqua può evaporare durante la cottura.
Chimica
Chimica dei carboidrati
I carboidrati – o glicidi o glucidi o idrati di carbonio o semplicemente zuccheri – sono composti chimici ternari formati da carbonio, idrogeno e ossigeno, con struttura generalmente esosa o, più raramente, pentosa; la formula bruta dei glucidi esosi è C6H12O6, mentre quella dei pentosi ha solo 5 atomi di carbonio.
Oltre al criterio del numero di atomi di carbonio, i glicidi si possono classificare in vari modi. Quello più diffuso è sulla base della loro complessità molecolare. Un singolo glucide-monomero costituisce un monosaccaride; i monosaccaridi più importanti nell'alimentazione umana sono tre: glucosio, fruttosio e galattosio.
Attraverso un legame chimico covalente, ogni monomero si può collegare ad altri formando dei polimeri lineari o, interagendo lateralmente, anche ad altri polimeri disegnando una struttura ramificata. L'unione di pochi monosaccaridi dà origine ad un oligosaccaride; quando sono due, si parla di disaccaridi. I disaccaridi più importanti nell'alimentazione umana sono principalmente tre: maltosio (glucosio + glucosio), saccarosio (glucosio + fruttosio) e lattosio (glucosio + galattosio).
Questi legami covalenti sono di tipo glicosidico e, tra gli idrati di carbonio, determinano una condensazione – eliminazione di una molecola d'acqua – che lascia come "collegamento" un solo atomo di ossigeno (legame O-glicosidico). In altre strutture chimiche, i legami glicosidici possono interessare l'azoto (N-glicosidico) e lo zolfo (S-glicosidico). Per scindere i legami chimici deve avvenire l'idrolisi, ovvero l'aggiunta di una molecola d'acqua.
I legami O-glicosidici non sono tutti uguali. Possono differire in base alla conformazione del primo zucchero, alfa (α) o beta (β), oppure alla posizione degli atomi di carbonio interessati: prima posizione della prima molecola e seconda posizione della seconda (1,2), prima posizione della prima molecola e quarta posizione della seconda (1,4), prima posizione della prima molecola e sesta posizione della seconda (1,6).
In nutrizione, questi legami chimici sono molto importanti. Questo perché nell'intestino vengono assorbite solo molecole di una determinata grandezza; nel caso dei glucidi, solo monosaccaridi. D'altro canto, gli alimenti non contengono solo glicidi monosaccaridi, ma anche oligo e polisaccaridi; ciò richiede che, in fase di digestione, vengano scissi i relativi legami glicosidici. Come tutti i covalenti, anche i legami glicosidici possono essere spezzati in maniera chimica e/o fisica o per mezzo di catalizzatori biologici. La presenza di acqua, il pH, l'aumento della temperatura, la rottura meccanica, l'aggiunta di altre sostanze ecc. sono fattori chimici e fisici – entrano in gioco, ad esempio, durante l'elaborazione degli ingredienti e la cottura. Tuttavia, non sono sufficienti a idrolizzare completamente le molecole complesse. Ecco perché l'apparato digerente umano è provvisto di specifici enzimi che sono in grado di scindere alcuni di questi legami; in particolare quelli α-glicosidici.
I β invece, sono quelli che uniscono oligo e polisaccaridi non digeribili, tipicamente contenuti nei glucidi "non disponibili" e in alcune molecole facenti parte della fibra alimentare. Anch'essi svolgono una particolare funzione nutrizionale, che non è di tipo energetico-calorico – come i glucidi disponibili – bensì prebiotico per la flora batterica, plastico per le feci – regolandone i volumi, la consistenza ecc. – e modulatore per l'intestino – aumenta o modifica la peristalsi, rallenta od ostacola l'assorbimento ecc.
Chimica del saccarosio
Lo zucchero granulare da tavola è composto prevalentemente dal disaccaride saccarosio; fa eccezione il fruttosio semolato – che contiene esclusivamente l'omonimo monosaccaride – secondo per livello di consumo tra la popolazione generale.
Il saccarosio è un glucide disaccaride, solubile, formato dall'unione – con legame α-1,2-glicosidico – di due monosaccaridi: α-D-glucosio e β-D-fruttosio; il legame è interposto fra il carbonio 1 anomerico del glucosio e il carbonio 2 anomerico del fruttosio.
Anche se composto da due unità, equivalenti ad un'oligosaccaride, il saccarosio viene normalmente definito uno zucchero "semplice", quindi non "complesso". Si tratta di un criterio di differenziazione che, a livello pratico, separa due grossi macrogruppi di carboidrati, rispettivamente quelli caratterizzati da alta idrosolubilità e quelli che non interagiscono ugualmente con l'acqua.
Ciò non toglie che, anche se si scioglie facilmente in acqua, per digerire il saccarosio è necessario uno specifico enzima. Collocato sui microvilli intestinali – tratto del tenue – questo catalizzatore biologico altamente specifico è detto saccarasi o invertasi. Non è, ovviamente, esclusivo dell'essere umano; al contrario, è parecchio diffuso sia in altri mammiferi – come l'orso – sia nei microorganismi come i lieviti – Saccharomyces cerevisiae. Il suo intervento è necessario per ridurre il disaccaride a glucosio + fruttosio.
Nel caso lo zucchero semolato da tavola sia composto da fruttosio, non è richiesto l'intervento di alcun enzima.