Ultima modifica 29.05.2019

INTRODUZIONE: la cartilagine articolare è un tessuto connettivale altamente specializzato, costituito da cellule denominate condrociti e dal circostante tessuto di supporto, la matrice. Ha un colorito bianco perlaceo e riveste le estremità delle ossa articolari, proteggendole dall'attrito. La sua funzione è simile a quella di un cuscinetto ammortizzatore, capace di salvaguardare i normali rapporti articolari e permettere il movimento.

A causa della completa assenza di vascolarizzazione e innervazione, la cartilagine mostra scarse capacità rigenerative in caso di lesione, soprattutto se di grave entità. Anche quando questa si rigenera, dà comunque origine ad un tessuto di tipo fibrocartilagineo, meno resistente ed elastico dell'originale; può quindi compromettere la funzionalità dell'articolazione e favorire nel tempo l'instaurarsi di fenomeni degenerativi (artrosi o osteoartrite).

Le lesioni della cartilagine sono un problema molto diffuso, facilmente riscontrabile nell'anziano (artrosi degenerativa), ma talvolta anche nel giovane, dove insorgono più frequentemente danni di origine traumatica con elevato rischio di evoluzione in forme artrosiche. Fino a qualche anno fa le possibilità terapeutiche erano limitate ed il paziente condannato all'invalidità o, dove possibile, all'intervento di sostituzione dell'articolazione con protesi articolare. Oggi le moderne tecniche chirurgiche associate all'ingegneria tissutale offrono qualche speranza in più.

E' possibile stimolare il midollo osseo a formare tessuto riparativo fibrocartilagineo, praticando molteplici forellini (perforazione), provocando microfratture o limando la superficie dell'osso subcondrale (porzione ossea che sta sotto la cartilagine); come ricordato poche righe orsono, il tessuto di riparazione che si forma è di tipo fibrocartilagineo (di serie B) e come tale dotato di una funzionalità nettamente inferiore rispetto alla cartilagine prevista da madre natura. Per tale motivo queste tecniche sono attualmente indicate nel trattamento di lesioni condrali poco profonde e di modesta entità.

In caso di lesioni più estese è possibile optare per il trapianto di cartilagine.

Il trapianto di cartilagine

È bene chiarire, innanzitutto, che con questo termine si fà riferimento non ad una, ma a tre differenti tecniche chirurgiche.

 

Impianti di pericondrio o di periostio (sottili membrane che rivestono, rispettivamente, la cartilagine, eccetto le porzioni articolari, e le ossa, eccetto le superfici articolari e i punti di inserzione dei tendini). Il chirurgo preleva dei lembi di questi tessuti e li inserisce nell'area lesa, dove inducono la crescita di un tessuto simile alla cartilagine o fibrocartilagineo.

INDICAZIONI: I risultati a lungo termine sono contradditori; per questo si tratta di una tecnica poco diffusa.

 

Mosaicoplastica o innesto osteocondrale: prevede l'utilizzo di cilindri di tessuto osteocondrale (cioè porzioni ossee con la sovrastante cartilagine) prelevati dall'articolazione infortunata dello stesso paziente e innestati a pressione nel difetto cartilagineo.

INDICAZIONI: questo trapianto di cartilagine è eseguibile in artroscopia, è quindi mininvasivo e non causa problemi di rigetto ed infezioni. Viene eseguito nello stesso tempo chirurgico ed è indicato solamente per lesioni poco estese, mentre la profondità non è un fattore limitante; per ovvie ragioni il materiale osteocondrale necessario all'innesto è infatti limitato e prelievi superiori causerebbero danni importanti a livello del sito donatore. Il trapianto di cartilagine è quindi frutto di un compromesso: si "ripara" un'area critica per la funzionalità dell'articolazione prelevando la cartilagine da un'area meno importante, ma non per questo inutile o superflua.

Il trapianto di cartilagine non può essere effettuato per le articolazioni non operabili, come quelle delle dita della mano, del piede o della colonna vertebrale; è invece indicato per ginocchio, caviglia, spalla e anca.

 

Trapianto di condrociti autologhi: si esegue un prelievo di cellule cartilaginee dal paziente, asportando una piccola fetta di cartilagine in una zona non di carico. Tramite tecniche biotecnologiche i condrociti prelevati vengono isolati e coltivati in laboratorio per 2-4 settimane, durante le quali si differenziano moltiplicando il loro numero. A questo punto il paziente viene sottoposto ad un nuovo intervento, durante il quale si ripulisce la lesione e la si riveste di periostio, lasciando un piccolo foro attraverso il quale verranno poi iniettate le cellule coltivate. Proprio il lembo periostale, prelevato dalla superficie antero-mediale della tibia omolaterale, è responsabile delle eventuali complicazioni che possono insorgere a breve distanza di tempo; inoltre richiede una tecnica operatoria piuttosto complessa, che non può essere eseguita in artroscopia. Per ovviare a questi problemi si possono utilizzare impianti di condrociti autologhi su supporto di acido ialuronico di origine biotecnologica, che hanno anche il vantaggio di richiedere una tecnica chirurgica meno invasiva. La ricerca è attualmente rivolta all'identificazione di nuovi supporti biotecnologici, in grado di favorire l'attecchimento e la proliferazione delle colture di condrociti trapiantate, secondo le caratteristiche della cartilagine articolare "naturale".

Anche in questo caso, essendo il paziente donatore e allo stesso tempo ricevente, non vi sono problemi di rigetto o infezione. Al contrario della tecnica precedente, il fattore limitante non è tanto l'estensione della lesione, quanto la sua profondità: se il danno è esteso all'osso sottostante (infortuni severi, osteocondrite, artrosi avanzata) l'impianto attecchisce con difficoltà, poiché privo del supporto osseo descritto nel caso precedente. Si stanno quindi cercando materiali biotecnologici che fungano da supporto idoneo, in modo da evitare la dispersione dei condrociti nell'ambiente circostante e favorirne la crescita anche in presenza delle patologie attualmente non trattabili.

 

NOTE: sia i trattamenti basati su perforazioni, abrasioni e microfratture, sia quelli che prevedono il trapianto di cartilagine sono indicati per pazienti di età inferiore ai 40-50 anni, poiché l'invecchiamento diminuisce la capacità proliferativa della cartilagine, fino ad azzerarla. Nessuna delle tecniche riportate in questo articolo è valida per l'artrosi avanzata.