Riabilitazione Dopo Rottura del Tendine d'Achille

Introduzione
Rottura del Tendine d’Achille e Riabilitazione

La rottura del tendine d'Achille è un grave infortunio ortopedico.
Come suggerisce il nome, consiste nella lacerazione della robusta e forte banda connettivo-fibrosa che unisce i muscoli del polpaccio (gastrocnemio e soleo) al calcagno (od osso calcaneare).
Poiché, una volta, lacerato, il tendine d'Achille non è in grado di guarire in modo spontaneo, è indispensabile intervenire chirurgicamente al fine riparare la struttura tendinea.
In questo articolo, l'autore continuerà la discussione in merito a le metodiche fisioterapiche adottate da lui durante il percorso riabilitativo successivo alla riparazione chirurgica; nello specifico, in questa sede, discuterà del Taping Kinesiologico ® e della rieducazione al cammino.
Presentazione del caso
- Rottura spontanea del tendine d'Achille in calciatore amatore di 45 anni verificatasi durante una partita.
- Intervento di tenoraffia termino-terminale e dimesso con gambaletto gessato per circa 50 gg.
- Dopo 2 mesi la ferita si è riaperta per infezione iatrogena; il paziente viene quindi sottoposto ad un periodo di antibiotici e a 24 terapie in camera iperbarica per un'ora e mezza a seduta.
- Finalmente, la cicatrice è stabilizzata, ma presenta un cheloide molto retraente ed accollato ai piani profondi.
Taping Kinesiologico®
Come Funziona il Taping Kinesiologico®

Il Taping Kinesiologico® è basato sul processo di guarigione naturale che, assistendo il corpo nell'attivazione dei processi fisiologici dei tessuti traumatizzati, lo riporta nello stato di salute.
Tutti gli organismi hanno una capacità innata (determinata geneticamente) di auto-regolazione, che permette il raggiungimento di un equilibrio omeostatico e di una possibilità di auto-guarigione.
In risposta a un'aggressione esterna, il corpo inizia un processo di "riparazione-rimodellamento" attraverso la risposta infiammatoria.

L'ostruzione della circolazione dei fluidi può derivare da fattori intrinseci (all'interno dei tessuti) o fattori estrinseci, che esercitano una pressione interna.
Il processo infiammatorio è il fattore principale di "perturbazione" della circolazione dei fluidi e dà origine, dopo la fase acuta, a:
- Aderenze;
- Contratture;
- Squilibri muscolari;
- Edema interstiziale.
La superficie corporea coperta dal Taping Kinesiologico forma convoluzioni nella pelle,che aumentano lo spazio interstiziale e, riducendo la pressione, permettono al sistema linfatico e sanguigno di drenare liberamente i fluidi.
Si viene così a creare un "volano" di azioni che permettono al corpo di auto guarirsi biomeccanicamente.

Nel caso in questione, è stato applicato il Taping Kinesiologico® con la seguente traiettoria: due ventagli decompressivi sulla cicatrice, dalla posizione di massima flessione dorsale per avere un'azione "di spazio" fra la cicatrice e il sottocute.
Con questa tecnica si è continuato l'effetto di mobilizzazione del trattamento per altri 5 giorni, poiché il nastro viene rimosso al quinto giorno.
Rieducazione del Cammino
Come Tornare a Camminare dopo la Rottura del Tendine d’Achille

Sono stati eseguiti degli esercizi per attuare una riprogrammazione del cammino corretto; tali esercizi sono stati:
- Marcia sul posto in appoggio;
- Rullata in appoggio;
- Cammino sulla punta dei piedi;
- Cammino sui talloni;
- Affondi laterali e frontali;
- Saltelli a piedi uniti ed alternati;
- Corsa in appoggio.
Conclusioni e Considerazioni

La rottura del tendine d'Achille, che in passato era un evento molto raro, negli ultimi decenni è divenuta di osservazione sempre più frequente.
La causa di questo aumento di casi sembra essere dovuta alla diffusione dello sport ad un più largo strato di popolazione.
Questo infortunio viene riscontrato più frequentemente in soggetti di sesso maschile con età compresa tra i 30 e i 60 anni.
La rottura del tendine d'Achille si può classificare, a seconda della sua eziologia, in traumatica, microtraumatica e dismetabolica e/o infiammatoria.
Nel paziente preso in esame le modalità dell'evento lesivo constano in una brusca contrazione muscolare associata ad un allungamento dell'unità muscolo-tendinea.
Le possibili cause che portano all'insorgenza della patologia da sovraccarico sono riconducibili a determinati fattori intrinseci, come la variabilità anatomica, le malattie dismetaboliche, l'età dell'individuo, gli anni di attività agonistica, e a fattori estrinseci, come l'allenamento incongruo, i terreni da gara e le calzature.
Lo stimolo meccanico, per quanto ripetitivo ed intenso, non è da solo sufficiente a spiegare l'insorgenza della patologia da sovraccarico.
Fattori genetici, come l'aumentata espressione di geni che portano ad un netto aumento di collagene III o l'espressione di quelli che determinano il gruppo sanguigno 0 e fattori acquisiti, come allenamento ed età in cui si è iniziata l'attività sportiva, sono anch'essi responsabili dell'insorgenza di questa patologia.
Il trattamento riabilitativo acquisisce una fondamentale importanza per il ripristino completo delle funzioni perse.
L'intervento riabilitativo proposto è un tipo di intervento integrato, che si basa sull'utilizzo di molteplici tecniche e procedure, che ha comunque sempre tenuto conto del fisiologico processo di riparazione del tessuto lesionato oltre alle complicanze che ha avuto il paziente dopo l'intervento riparativo.
Il paziente è stato preso in carico in fase successiva, cioè in quella di rimodellamento tissutale.
Gli obiettivi da raggiungere sono stati il recupero completo dell'articolarità e della forza muscolare, il recupero dell'elasticità tissutale, l'ottimizzazione del recupero tendineo e la rieducazione del cammino e della corsa.
Questa fase è stata rallentata dalle complicanze della stabilizzazione della cicatrice chirurgica che si era riaperta.
Successivamente viene indicato al paziente, in forma autonoma, un lavoro di rinforzo muscolare, che può protrarsi anche dopo il 6° mese dall'intervento, come si è potuto evidenziare dallo studio effettuato da Alfredson e coll.(1996); con questo studio si è constatato che 6 mesi di riabilitazione non sono sufficienti per il recupero completo della forza concentrica e soprattutto eccentrica della planta-flessione.
A cura del Professor Rosario Bellia
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