La progressione dei carichi nello sportivo operato all'arto inferiore
All'interno di un moderno programma di rieducazione funzionale è necessario porre particolare attenzione alla fase iniziale di recupero del carico sull'arto operato. Questa fase, infatti, è particolarmente delicata e può condizionare in maniera importante il decorso della riabilitazione.
Lo scopo di questo articolo è analizzare i criteri e gli strumenti da adottare per definire la corretta progressione dei carichi nelle diverse situazioni che ci troviamo ad affrontare tutti i giorni in palestra con i nostri pazienti.
Volutamente ho deciso di non analizzare i vantaggi offerti dall'ambiente acquatico e dall'idrokinesiterapia, poiché meriterebbero di essere trattati separatamente per la specificità e l'importanza che rivestono.
CRITERI DI SCELTA
Quando, come, con che cosa decidiamo di stimolare il paziente durante il percorso riabilitativo rappresentano interrogativi ai quali non sempre è facile rispondere.
Innanzitutto è necessario identificare gli elementi utili al fisioterapista per impostare correttamente il programma terapeutico, con particolare attenzione alla progressione nel recupero del carico. Con il termine "carico" si intende sia l'appoggio dell'arto a terra con conseguente stimolo gravitazionale, sia le sollecitazioni che proponiamo attraverso gli esercizi terapeutici per il rinforzo muscolare.
Indicazioni e tempi prescritti dal chirurgo. Tenere in considerazione le indicazioni date dal chirurgo può sembrare un'affermazione scontata ma, poiché non sempre la comunicazione tra gli operatori della riabilitazione ed il chirurgo ortopedico risulta agevole, ritengo indispensabile che il rieducatore promuova un contatto diretto con il medico che ha effettuato l'intervento chirurgico. Egli è infatti l'unica persona in grado di sapere effettivamente quali sono state le procedure chirurgiche e quali mezzi di fissazione sono stati utilizzati, in modo da poter indicare i carichi a cui può essere sottoposta l'articolazione nel periodo successivo all'intervento.
Altra situazione che può presentarsi è quella in cui i tempi dettati dal chirurgo sono standardizzati per patologia e necessitano di essere adattati alle condizioni psico-fisico-atletiche del paziente. Tali tempi possono infatti subire delle variazioni anche importanti, legate alle risposte del paziente agli stimoli proposti. Anche in questo caso sarà fondamentale un contatto costante con il chirurgo per concordare eventuali variazioni rispetto a quanto previsto dai protocolli standard o rispetto a quanto emerso durante l'ultima visita di controllo.
Reazione del paziente agli stimoli. Ogni paziente è un individuo a sé stante ed i suoi tessuti reagiranno in modo differente ai vari stimoli proposti. Il rieducatore esperto dovrà quindi tenere conto anche degli aspetti metabolici dell'esercizio, ma anche dello stile di vita, delle motivazioni e degli aspetti psicologici del paziente che possono influenzare il recupero dopo l'infortunio. Ad esempio, la nostra esperienza con i rugbisti ci ha insegnato come sia differente la capacità e la volontà di sopportare il dolore da parte di alcune categorie di atleti. Il dolore è per noi fisioterapisti una guida preziosa, ma siamo noi che dobbiamo leggere le reazioni del paziente considerando che, a seconda di chi abbiamo di fronte, questa guida può essere più o meno affidabile. Dal punto di vista fisiologico infatti, un ginocchio operato ad esempio di condroplastica, necessita degli stessi tempi di riposo e di protezione a prescindere dal fatto che si tratti di un rugbista o di una danzatrice classica. Tuttavia, nella pratica quotidiana il nostro approccio probabilmente non sarebbe il medesimo con questi due atleti, poiché difficilmente riusciremmo a non farci condizionare dalle caratteristiche personali dell'individuo che abbiamo di fronte.
Strumenti a disposizione. Tra i tanti strumenti che abbiamo a disposizione per proporre al paziente una corretta progressione dei carichi, dobbiamo sicuramente privilegiare le attrezzature che permettono di effettuare esercizi in catena cinetica chiusa e che consentono una buona modulabilità dei carichi. Tra le varie leg-press oggi disponibili, quelle che utilizzano la resistenza elastica rispondono in maniera ottimale a questa esigenza. In particolare, un ottimo aiuto per gestire la delicata fase di passaggio dall'assenza di carico, al carico completo ci viene fornito da una attrezzatura di nuova costruzione: il Minivector (fig. 1). Si tratta di una semplice pressa ad elastici che ha la possibilità di essere utilizzata anche al domicilio del paziente e che consente di fornire al paziente dei carichi veramente modesti e facilmente incrementabili.
Nel Minivector sono presenti sei elastici, ognuno dei quali fornisce una resistenza di 1 kg. in partenza, fino ad arrivare a 5 kg. al massimo della tensione: ciò permette quindi di sollecitare in modo progressivamente crescente il carico sull'articolazione operata, monitorandone i miglioramenti.

FIG. 1 MINIVECTOR
I criteri sopra analizzati presuppongono che ogni operatore della riabilitazione abbia ben chiaro il concetto di PROGRESSIONE che a mio avviso è alla base di ogni trattamento riabilitativo sia che ci troviamo di fronte ad un atleta o ad un sedentario, sia che riabilitiamo un ginocchio o una spalla.
Esso si basa sul principio che in rieducazione il recupero della funzionalità deve essere ottenuto cercando di:
- evitare di sottocaricare le strutture muscolo-tendinee-articolari poiché ciò non fornirebbe stimoli sufficienti a produrre gli adattamenti richiesti e causerebbe un allungamento dei tempi di recupero;
- evitare di sovraccaricare, con la conseguenza di esporre i tessuti a patologie da sovraccarico funzionale, quali ad esempio le tendiniti, le borsiti ed il sovraffaticamento muscolare che costringono il paziente a periodi di riposo e di ulteriori terapie, con evidente ritardo nel raggiungimento degli obiettivi funzionali previsti.
Va invece ricercata la cosiddetta area di omeostasi (fig. 2), cioè quella situazione in cui vengono proposti gli stimoli adeguati per quel preciso istante sia da un punto di vista metabolico che riparativo, con il vantaggio di ottimizzare i tempi di recupero adattando costantemente i carichi di lavoro alle condizioni del paziente. Non si tratta di un lavoro semplice, poiché obbliga il rieducatore a "leggere" costantemente il proprio paziente e ad adattare quasi quotidianamente il programma di lavoro, per ricercare la sollecitazione più appropriata, che produrrà sui tessuti uno stimolo positivo evitando di danneggiarli.
A titolo di esempio consideriamo un paziente operato per una patologia di ginocchio ed identifichiamo, per semplicità, tre fasi distinte durante le quali la ripresa del carico riveste particolare importanza:
1) FASE DI PROTEZIONE
Una volta eseguita la riparazione o la ricostruzione chirurgica, ci dovrà essere un periodo di non carico sull'arto operato, per favorire la guarigione dei tessuti.
Non carico non deve significare assenza di stimoli. In questa prima fase verranno infatti proposte sollecitazioni manuali per il ripristino della sensibilità propriocettiva e della percezione articolare nello spazio. Esercizi contro resistenza elastica, limitati all'articolazione della caviglia ed ai muscoli intrinseci del piede. Il paziente deambulerà con due antibrachiali e non gli sarà concesso alcun carico durante il cammino.
2) FASE DI TRANSIZIONE
Questa fase è sicuramente la più importante dopo gli interventi sulla cartilagine. Questo tessuto infatti è superspecializzato per sostenere i carichi e, nel suo processo di guarigione, necessita di essere sollecitato in tal senso.
In questa seconda fase inseriremo attività con carichi che prevedono una frazione del peso corporeo. In particolare la deambulazione con due antibrachiali si attuerà con un carico sfiorato che deve dare al paziente la piena consapevolezza della quantità di carico a cui viene sottoposto l'arto operato. A questo scopo possono essere utilizzati tutti gli esercizi su bilance pesapersone e la deambulazione con particolari solette collegate in telemetria ad un Personal Computer che, appositamente tarate, consentono di impostare il carico desiderato. Se viene superata la soglia impostata, si avverte un feedback acustico, che permette al paziente di imparare ad avere maggiore consapevolezza di quanto effettivamente stia sollecitando il suo arto infortunato.
Inizieranno poi i primi esercizi di spinta sul piede sia su superfici morbide (come palle di spugna di varia consistenza) sia contro la resistenza manuale del terapista che con l'ausilio del minivector.
Durante questa seconda fase verranno proposti anche esercizi in stazione eretta, che prepareranno il paziente alla deambulazione libera: esercizi di deambulazione con un antibrachiale eseguiti sotto il controllo del fisioterapista, allenamento aerobico su macchina ellittica con appoggio sulle braccia, esercizi su step-machine, il tutto con una progressione che porterà il paziente a sostenere il carico completo.
3) FASE DI MATURAZIONE
I tessuti operati devono poter maturare funzionalmente in completa sicurezza e ciò è possibile se si dispone di una perfetta muscolatura.
Questa fase è caratterizzata dal recupero della forza muscolare, che deve necessariamente avvenire seguendo un'attenta progressione dei carichi. A tale scopo può essere utile ricordare che ogni esercizio può essere effettuato inizialmente utilizzando anche l'arto controlaterale, passando poi ad una esecuzione monopodalica solo successivamente ed in assenza di reazioni indesiderate da parte dell'articolazione.
La costante ricerca dell'area di omeostasi attraverso l'adattamento continuo dei carichi di lavoro, consentirà al rieducatore di ottenere i migliori risultati possibili nel minor tempo.

FIG.2 L'AREA DI OMEOSTASI IN RIEDUCAZIONE
Per riuscire a lavorare all'interno dell'area di omeostasi è utile sapere che nelle palestre di fitness i principianti (come possiamo considerare i nostri pazienti) ottengono lo stesso risultato in termini di trofismo e di aumento di forza con carichi pari al 20-40-60% di 1 RM (ripetizione massimale). In rieducazione quindi è consigliabile iniziare con carichi vicini al 30% di 1 RM poiché otteniamo il medesimo risultato senza il rischio di sovraccarico. Viceversa dobbiamo considerare che gli atleti evoluti (i nostri pazienti verso la fine della rieducazione) rispondono al meglio a stimoli che si avvicinano all'80-90% di 1 RM, quindi dovremo arrivare, al termine della rieducazione, a somministrare loro carichi anche molto intensi. Ciò per ottenere un reale miglioramento e non semplicemente per mantenere i risultati ottenuti fino a quel momento.
A seconda del tipo di intervento dovremo inoltre valutare se privilegiare un lavoro in catena cinetica aperta o chiusa, una escursione articolare completa o ridotta durante l'esecuzione degli esercizi. Inoltre, si dovrà tener conto delle esigenze funzionali e sportive di ogni paziente, per indirizzare le sollecitazioni verso il raggiungimento di obiettivi funzionali compatibili con le caratteristiche dello sport praticato.
Parametri da valutare ogni volta che si propone un esercizio ad un paziente e si vuole lavorare all'interno dell'area di omeostasi:
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TAB. 1: Parametri fondamentali da valutare per lavorare all'interno dell'area di omeostasi.
Ricordiamo che la corretta progressione dei carichi prevede oltre ad un incremento delle resistenze fornite dalle attrezzature, l'introduzione di gestualità più complesse ed a maggior impatto per l'articolazione. Mi riferisco ai balzi ed ai salti che devono anch'essi essere proposti con la giusta progressione ed unicamente quando il paziente è in grado di sopportare tali sollecitazioni.
Se ad esempio il cammino su nastro trasportatore produce un carico sul ginocchio pari al 100% del peso corporeo, dobbiamo pensare che la corsa alla velocità di 10km/h può produrre un carico superiore al 500% ed esercizi pliometrici (con caduta dall'alto) possono arrivare a produrre carichi assai più elevati. Il nostro paziente dovrà arrivare a compiere questi gesti quando tornerà allo sport e, di conseguenza, il nostro compito sarà di accompagnarlo nel corso della rieducazione ad affrontare questo tipo di sollecitazioni in completa sicurezza. Inizieremo quindi proponendo balzi bipodalici sulla pressa ad elastici Vector (fig. 3), passando poi ai salti sul trampolino elastico ed infine proponendo veri e propri esercizi pliometrici in palestra e sul campo sportivo.
Ricordiamoci che i muscoli svolgono anche il ruolo di ammortizzatori sulle articolazioni ed in particolare attraverso la contrazione eccentrica sono in grado di assorbire l'energia cinetica e di annullare, o almeno di ridurre, le forze di impatto che si producono durante le attività più intense. Nel programma rieducativo si dovrà quindi arrivare ad inserire un mirato potenziamento della muscolatura in modalità eccentrica.

FIG. 3 ESERCIZI IN CARICO SU VECTOR
Per concludere possiamo dire che, vista l'importanza che riveste la corretta progressione dei carichi in un programma rieducativo, il fisioterapista dovrà necessariamente conoscere l'"arsenale" di attrezzature indicate per questo scopo. Dovrà soprattutto maturare la sensibilità e la capacità di interpretare i segnali che il paziente gli invia durante la riabilitazione, per riuscire a lavorare costantemente all'interno dell' "area di omeostasi": ciò gli consentirà di proporre sempre al paziente le sollecitazioni più opportune. Questo modo di agire di solito fa la differenza e consente al paziente di guarire nel modo migliore e nel minor tempo possibile!
Marco Zanobbi
Fisioterapista
Isokinetic Rehabilitation Network