Attività Fisica e Diabete Mellito Tipo 2

Attività Fisica e Diabete Mellito Tipo 2
Ultima modifica 23.12.2019
INDICE
  1. Introduzione
  2. Diabete Mellito Tipo 2
  3. Benefici
  4. Resistance Training
  5. Cosa Fare

Introduzione

In questo articolo parleremo della correlazione tra attività fisica e diabete mellito tipo 2.

Attività Fisica e Diabete Mellito Tipo 2 Shutterstock

Più nel dettaglio, faremo una breve panoramica sulle generalità della patologia, menzionando le cause, le conseguenze e i possibili trattamenti.

In seguito, entreremo nel dettaglio della terapia motoria dedicata, menzionando le tipologie e le modalità con le quali intervenire in caso diabete mellito tipo 2 – anche con complicazioni.

Diabete Mellito Tipo 2

Generalità sul diabete mellito tipo 2

Il diabete mellito tipo 2 è un disturbo metabolico caratterizzato da iperglicemia cronica (eccesso di glucosio nel plasma) basato su due meccanismi patologici, compresenti oppure no:

  • Insulino-resistenza: difetto dell'azione insulinica sui tessuti periferici (ovviamente, insulinodipendenti);
  • Deficit di sintesi di insulina: ridotta produzione dell'ormone da parte del pancreas.

Nota: spesso il deficit di sintesi insulinica rappresenta una complicazione a lungo termine dell'insulino-resistenza.

Compare soprattutto nei soggetti adulti e costituisce la forma di diabete più diffusa (90% dei casi).

Diversamente dal tipo 1, non è insulino-dipendente – anche se nei casi più gravi, nei quali il pancreas smette di funzionare come dovrebbe, può divenire comunque necessaria la terapia con insulina esogena.

Le cause possono essere di natura ereditaria (poligenica) o ambientale; tra queste ultime spiccano prevalentemente: obesità, sedentarietà, dieta sbilanciata caratterizzata da eccesso di carboidrati, stress, altre malattie e certi farmaci.

Obesità e Diabete

L'obesità è presente in più dell'80% dei casi di diabete mellito tipo 2.

Il tessuto adiposo è in grado di produrre una serie di sostanze (leptina, TNF-α, acidi grassi liberi, resistina, adiponectina) che, se in eccesso, concorrono allo sviluppo dell'insulino-resistenza.

Inoltre, nell'obesità, il tessuto adiposo è sede di uno stato di infiammazione cronica a bassa intensità, che rappresenta una fonte di mediatori chimici che aggravano la resistenza all'insulina.

Il diabete mellito tipo 2 aumenta il pericolo di morte precoce e invalidità permanente; sembra incrementare soprattutto il rischio cardiovascolare e, in particolar modo, in associazione ad altre forme patologiche quali: ipertensione arteriosa, dislipidemie (ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia).

Nella fase iniziale, il diabete mellito tipo 2 non provoca sempre sintomi evidenti; al contrario, quasi sempre è del tutto asintomatico fino all'insorgere delle prime complicazioni.

Solo un'indagine ematologica può evidenziare l'iperglicemia cronica, il conseguente iperinsulinismo compensatorio e uno stato di glicazione proteica eccessiva. Analisi più specifiche, come la curva da carico, confermeranno la diagnosi.

L'iperglicemia cronica tuttavia, può palesarsi con: stanchezza, minzioni frequenti, sete eccessiva, difficoltà a dimagrire o viceversa perdita di peso immotivata, lenta guarigione dalle ferite, visione offuscata.

Il trattamento del diabete mellito tipo 2 dovrebbe essere multidisciplinare. L'importanza di un aspetto o dell'altro può variare a seconda del quadro soggettivo. L'impiego farmacologico è determinante soprattutto nel ripristinare l'omeostasi generale nel breve termine, anche se la terapia alimentare e motoria sono le uniche cure risolutive per il diabete mellito tipo 2 non complicato da perdita di funzionalità pancreatica.

L'uso di ipoglicemizzanti orali è la strategia più diffusa, mentre la somministrazione di insulina si limita ai casi in cui il pancreas abbia smesso di sintetizzarla in maniera adeguata.

Nell'obeso, la dieta è finalizzata soprattutto al calo ponderale adiposo. Si consiglia di strutturarla in maniera equilibrata, mantenendo la frazione glucidica al limite inferiore del range di normalità. Instaurare la chetosi può costituire un rischio notevole per i diabetici con complicazioni renali.

L'attività fisica invece, oltre ad assecondare il dimagrimento, deve:

Ovviamente, il tutto dovrà tenere bene conto di eventuali complicazioni e controindicazioni.

Benefici

Benefici dell'attività fisica sul paziente diabetico

L'attività fisica è efficace sia nella prevenzione che nel trattamento del diabete mellito tipo 2.

L'esercizio motorio determina un impatto positivo sul metabolismo sia in acuto, ovvero durante la pratica, sia nel cronico, ovvero nel lungo termine.

Tra i benefici dell'allenamento sul diabete mellito tipo 2 riconosciamo soprattutto l'aumento della sensibilità insulinica e incremento dell'efficacia di trasporto cellulare del glucosio, con riduzione della glicemia, dell'insulinemia, della trigliceridemia e delle proteine glicate.

Il miglioramento della sensibilità insulinica e lo svuotamento delle riserve di glicogeno epatico e soprattutto muscolare promuovono una migliore gestione dei carboidrati alimentari, partecipando ad ottimizzare il dimagrimento – fattore che, di per sé, aumenta la sensibilità insulinica.

Benefici sulla sensibilità insulinica

La resistenza all'insulina compromette l'assorbimento del glucosio insulino-mediato, quindi sui tessuti insulinodipendenti, del 35-40% rispetto alle persone sane.

Il tessuto insulino-dipendente più abbondante nell'organismo è quello muscolare scheletrico, che quindi si correla positivamente alla capacità di assorbire il glucosio – mentre la massa grassa ha una correlazione inversa.

In acuto, l'attività motoria aumenta la sensibilità insulinica per 24-72 ore dopo l'allenamento anche nei soggetti con diabete mellito tipo 2.

Scaduto questo arco di tempo, è necessario applicare un nuovo stimolo fisico per ripristinare tale vantaggiosa condizione. Ecco perché, soprattutto chi soffre di diabete mellito tipo 2, dovrebbe allenarsi più o meno a giorni alterni.

Benefici sul trasporto del glucosio

L'impiego metabolico del glucosio nelle fibrocellule muscolari avviene, molto sinteticamente, come segue:

  1. Passaggio dal plasma al tessuto muscolare: l'allenamento fisico migliora l'afflusso sanguigno muscolare, grazie ad una maggior azione cardiaca e alla capillarizzazione periferica. Una buona irrorazione è determinante a soddisfare la necessità di glucosio, ossigeno ecc. dei muscoli, e permette lo smaltimento dei residui di scarto. L'esercizio motorio, in acuto promuove inoltre l'apertura di capillari normalmente non utilizzati; nel cronico ne stimola un'ulteriore ramificazione;
  2. Veicolazione del glucosio attraverso la membrana cellulare: la veicolazione trans-membrana cellulare del glucosio avviene mediante i trasportatori 4 del glucosio (GLUT-4), che normalmente si trovano nel citosol intracellulare. L'allenamento fisico stimola l'affioramento di questi ultimi, rendendo la cellula più abile nel captare il glucosio;
  3. Fosforilazione: l'utilizzo energetico del glucosio avviene grazie ad un enzima chiamato esochinasi, il quale aumenta sensibilmente di concentrazione se l'attività motoria viene eseguita con regolarità nel lungo termine.

Attenzione! Un'attivazione metabolica consistente, dovuta a un relativo carico allenante, in acuto e nell'immediato post esercizio, rende le cellule muscolari parzialmente indipendenti dall'azione insulinica.

Benefici sulla gestione dei carboidrati alimentari

L'attività motoria rende l'organismo capace di gestire meglio il carico glicemico post-prandiale.

Ciò è dovuto, oltre alle modificazioni metaboliche e funzionali della fase acuta, anche ad un adeguato svuotamento delle riserve epatiche e muscolari di glicogeno.

Tale depauperamento aumenta "l'avidità" di questi tessuti al glucosio anche lontano dall'allenamento.

Benefici dell'attività fisica sugli altri fattori di rischio

L'esercizio fisico incide anche sugli altri fattori di rischio per morte e invalidità permanente, legati ad aterosclerosi ed eventi cardiovascolari; parliamo di: ipertensione arteriosa primaria, dislipidemia, obesità.

Presente in oltre il 60% dei diabetici tipo 2, l'ipertensione arteriosa primaria è la comorbilità statisticamente più dannosa e pericolosa.

Sono valori pressori normali < 140/90 mm Hg, borderline tra 140/90 e 160/95 mm Hg e patologici quando superiori.

L'attività fisica regolare abbassa i livelli di pressione arteriosa nelle persone sane e con diabete di tipo 2; questo grazie a una miglior efficienza cardiocircolatoria. L'ipertensione si riduce anche a seguito del dimagrimento e per riduzione di effetti nervosi centrali.

Il tipo di allenamento consigliato è a sfondo aerobico, anche con intensità considerevoli – nei soggetti allenati. L'uso dei pesi non è controindicato, a meno ché non si instauri la manovra di Valsalva o salvo intensità elevate.

L'esercizio fisico aerobico riduce la trigliceridemia, anche di riflesso ad una migliore gestione glicemica.

Migliora anche la colesterolemia, con un aumento delle HDL e una riduzione percentuale delle LDL. Non sempre il colesterolo totale diminuisce. Si abbassa, di conseguenza, anche il rischio di aterosclerosi e coronaropatie.

L'attività fisica promuove il dimagrimento solo quando associata a una terapia alimentare controllata (ipocalorica). Viceversa, in misura di circa 20-30 minuti al giorno ad intensità moderata, ha più che altro un'azione preventiva sull'aumento.

Resistance Training

Come praticare resistance training nel diabete mellito tipo 2?

Non sempre il diabetico raggiunge facilmente un volume allenante di 20-30' / die.

Nonostante le indicazioni infatti, obesità, patologie osteo-articolari e complicanze di vario genere possono compromettere questo obbiettivo.

È per questo che sono state proposte alcune alternative, prima fra tutte il resistance training, utile e sicuro strumento terapeutico per alcune malattie croniche anche in anziani ed obesi. Anch'esso migliora l'insulino-sensibilità, aumenta il dispendio calorico e ottimizza la qualità della vita; aumenta inoltre la forza muscolare, la massa magra e la densità minerale ossea.

Il giusto carico di allenamento è di almeno 2-3 giorni settimanali, con 8-10 esercizi rivolti ai gruppi muscolari più grossi, per 1-3 serie da 10-15 ripetizioni ciascuna. L'intensità dev'essere crescente, e comunque non inferiore al 50% di 1RM.

Cosa Fare

Linee guida per la redazione di un protocollo di attività fisica adattata

Modalità

Quasi tutti gli sport sono consentiti, tuttavia bisogna fare attenzione a quelli in sé già pericolosi o per i quali un'ipoglicemia potrebbe indurre gravi conseguenze.

È consigliabile scegliere attività fisiche a carattere prevalentemente aerobico alattacido, senza dimenticare che il raggiungimento di alte intensità si correla a un miglioramento di vari parametri funzionali e metabolici (efficienza cardiocircolatoria, respiratoria ecc.).

Associando anche un allenamento di resistance training, sarà possibile giovare dei benefici che l'attività aerobica a bassa intensità di per sé non conferisce.

Assolutamente da non trascurare anche l'aspetto della flessibilità, dell'elasticità e della mobilità articolare. Tale tipologia di allenamento riduce sensibilmente il rischio di infortunio e migliora la qualità della vita generale, ma non porta benefici metabolici.

Frequenza

La frequenza dell'attività fisica consigliata varia da 3 a 5 sedute settimanali, evitando periodi di inattività per più di 2 giorni di seguito – per le ragioni che abbiamo spiegato sopra.

Durata

Sono raccomandati non meno di 20-30' e fino a 60' di attività per allenamento, a cui vanno aggiunti 5-10 minuti di riscaldamento e 5-10 minuti di defaticamento – anche per i protocolli di flessibilità elasticità e mobilità.

Intensità

L'attività aerobica dovrebbe essere inizialmente di bassa e poi di moderata intensità (40-60% del VO2max o 50-70% della Fc max) per 150-200' totali a settimana.

Crescendo con l'intensità (>60% del VO2max o > del 70% della Fcmax), è possibile ridurre il volume a 90' settimanali.

Precauzioni

Prima di iniziare un programma di attività fisica occorre che il paziente sia al corrente delle precauzioni da adottare prima, durante e dopo l'attività.

Il controllo glicemico è l'elemento fondamentale da verificare prima di iniziare, ma anche durante (se l'attività si protrae nel tempo) e dopo l'attività fisica.

Le linee guida, infatti, consigliano di evitare di intraprendere l'attività se la glicemia è >250 mg/dl o se è presente chetonuria.

Tuttavia, occorre considerare che un'intensità leggera o moderata potrà risultare utile nell'abbassamento dei livelli glicemici in acuto.

Si faccia inoltre attenzione al connubio tra attività motoria e terapia farmacologica. Spesso, il miglioramento della fitness metabolica rende i trattamenti eccessivamente ipoglicemizzanti.

Attenzione a mantenere alto lo stato di idratazione.

Linee guida attività fisica in presenza di complicanze

Il protocollo di attività fisica per i soggetti con complicanze dovrà essere adattato in funzione delle stesse; in particolare: cardiopatia ischemica, nefropatia diabetica, retinopatia, neuropatia sensitivo-motoria e neuropatia autonomica.

Cardiopatia ischemica

Vanno evitate attività fisiche che producono dolore precordiale od un forte incremento della frequenza cardiaca, mentre si raccomanda di praticare attività fisiche di bassa-moderata intensità (40% del Vo2max o 50% della Fc max).

Nefropatia diabetica

Sono raccomandati solo esercizi fisici di moderata intensità (marcia, nuoto, bike).

Retinopatia diabetica

Vanno evitate attività fisiche che comportano un incremento della pressione arteriosa (come il sollevamento pesi ad alta intensità e con Valsalva) o che prevedano contatto fisico (come gli sport da combattimento), mentre sono consentite attività fisiche di moderata intensità.

Neuropatia sensitivo-motoria

La pratica regolare dell'esercizio fisico aerobico alattacido può rallentare la progressione della neuropatia periferica, ma per i potenziali effetti traumatici sui piedi sono raccomandati solo esercizi senza carico (bike stazionaria, rowing, nuoto).

Neuropatia autonomica

Sono consentiti esercizi fisici leggeri, attività aerobiche in idonee condizioni di temperatura, con un'adeguata idratazione.