L'acido lattico (C3H6O3) è una sostanza prodotta dall'organismo durante il normale metabolismo corporeo. Questa sintesi diviene particolarmente intensa in condizioni di carenza d'ossigeno, cioè quando la richiesta metabolica di questo gas supera la disponibilità; si tratta di un frangente caratteristico dell'esercizio fisico strenuo, ma anche di particolari stati patologici, come quelli conseguenti ad un'ostruzione delle vie aeree.
Basi biochimiche
Ricordiamo brevemente che l'acido lattico viene prodotto a partire dal piruvato, che rappresenta il prodotto finale della glicolisi (processo citoplasmatico che realizza la degradazione del glucosio in due molecole di acido piruvico o piruvato). Nella sesta delle dieci tappe della glicolisi, l'aldeide 3-fosfoglicerica viene ossidata grazie al NAD ossidato (NAD+) che funge da accettore di idrogenioni H+. Il NAD viene quindi ridotto a NADH(H+). A questo punto, se vogliamo che l'energia continui ad essere generata attraverso la glicolisi dobbiamo preoccuparci di rigenerare il NAD ossidato (NAD+), che altrimenti verrebbe rapidamente depauperato fino ad esaurirsi. Quando la disponibilità di ossigeno è sufficiente la riossidazione del NAD ridotto è affidata al ciclo di Krebs (fosforilazione ossidativa mitocondriale), con consumo di ossigeno, formazione di acqua e sintesi di ATP. Quando invece l'ossigeno scarseggia, il piruvato che non entra nel ciclo di krebs viene ridotto ad acido lattico per opera dell'enzima lattato deidrogenasi. Da questa reazione (vedi figura), viene ripristinato il NAD+ necessario all'ulteriore reazione dell'aldeide 3-fosfoglicerica; la glicolisi può quindi procedere.
Una volta prodotto, a pH fisiologico, l'acido lattico tende a dissociarsi quasi interamente in due ioni: lo ione lattato e lo ione H+ (secondo la reazione riportata in figura).
Trattandosi, come il nome stesso ci ricorda, di un acido, l'eccessiva produzione di lattato ed H+ tende ad abbassare il pH all'interno della cellula, contribuendo (insieme a molti altri fattori) all'insorgenza della fatica.
Il primo meccanismo attuato dalle cellule per difendersi dall'eccessiva produzione di acido lattico consiste nel suo efflusso verso l'ambiente extracellulare ed il sangue. Non a caso, in condizioni normali la concentrazione ematica di lattato è pari a 1-2 mmol/L, mentre sale fino ad oltre 20 mmol/L durante un esercizio fisico particolarmente intenso.
Smaltimento dell'acido lattico
Nonostante ad elevate concentrazioni l'acido lattico sia un prodotto particolarmente tossico, che come tale dev'essere necessariamente smaltito, non può e non dev'essere considerato uno scarto. Anzi, una volta prodotto, l'acido lattico può:
- essere captato ed utilizzato da alcuni tessuti a scopo energetico, come avviene ad esempio nel cuore (che preferisce utilizzare lattato piuttosto che glucosio), ma anche a livello delle stesse cellule muscolari (le fibre bianche sono più brave a produrlo e quelle rosse a smaltirlo);
- essere utilizzato per la sintesi ex-novo di glucosio/glicogeno (gluconeogenesi, ciclo di Cori nel fegato).
In entrambi i casi, il lattato dev'essere prima di tutto riconvertito in piruvato, sempre ad opera dell'enzima lattato-deidrogenasi, con riduzione del NAD+ a NADH(H+). A questo punto, il piruvato può essere completamente ossidato nel ciclo di Krebs od essere utilizzato per la gluconeogenesi.
Abbiamo già visto come un eccessiva sintesi di acido lattico perturbi il metabolismo della cellula, che provvede a liberarlo all'esterno mediante specifici trasportatori (MCT) di membrana. Oltre a vari meccanismi di difesa che vedremo tra poco, esiste a priori un ulteriore controllo che impedisce l'eccessivo accumulo di lattato nell'ambiente intracellulare. Il calo del pH (ambiente acido) - dovuto all'accumulo degli idrogenioni H+ derivanti dalla dissociazione dell'acido lattico - inibisce infatti l'enzima fosfofruttochinasi, che interviene nella terza tappa della glicolisi determinandone la velocità. Di conseguenza, un eccessivo calo del pH determina un rallentamento della glicolisi, riducendo la velocità di sintesi dell'acido lattico (feedback negativo).
L'eccessivo calo del pH intracellulare viene comunque combattuto anche dai sistemi tampone, tra cui il più importante è quello biarbonato/acido carbonico, potenziato dall'attività respiratoria con eliminazione di CO2:
Come mostrato in figura, l'intensa attività respiratoria che si verifica durante un esercizio fisico intenso riduce la concentrazione di CO2 ed acido carbonico nel sangue, tamponando l'immissione dell'H+ prodotto per dissociazione dell'acido lattico.
L'immagine in alto mostra l'andamento temporale del lattato ematico (lattatemia) durante la fase di recupero successiva ad un intenso sforzo lattacido. Come mostrato chiaramente dal grafico, il soggetto allenato è in grado di smaltire l'acido lattico in un tempo inferiore rispetto al sedentario. Altra cosa importante da sottolineare è che nel giro di un'ora, al massimo, i livelli di lattemia ritornano nelle condizioni basali; pertanto è sbagliato attribuire all'accumulo di acido lattico l'indolenzimento muscolare che accompagna i giorni successivi ad un allenamento particolarmente intenso.
Per favorire lo smaltimento dell'acido lattico dopo uno sforzo massimale, l'atleta avrà cura di far seguire alla prestazione una fase di defaticamento a ritmo leggero della durata di 15-20 minuti.