Ultima modifica 13.12.2019

All'occhio giungono le onde luminose che vengono convertite in stimoli elettrochimici  e, grazie al nervo ottico, vengono trasmesse al cervello, che - come nel caso degli stimoli sonori- li "decodifica" e li interpreta come immagini tridimensionali.
L'occhio è costituito da una membrana esterna chiamata sclerotica (che potremmo paragonare all'obiettivo di una macchina fotografica), la cui parte anteriore è la cornea.
E' presente una seconda membrana, la coroide, la cui parte anteriore è colorata, è chiamata iride ed ha un foro centrale chiamato pupilla; a seconda della quantità di luce presente all'esterno, l'iride si restringe o si allarga per far entrare maggiore o minore quantità di luce nella pupilla.
Ritornando al paragone con la macchina fotografica, la coroide potrebbe essere rappresentata dalla camera oscura e l'iride dal diaframma.
Anche l'occhio, poi, ha bisogno di mettere a fuoco le immagini e lo fa grazie ad una lente biconvessa posta dietro la pupilla chiamata cristallino, che svolge questo compito modificando la sua curvatura.
Ma la macchina fotografica possiede anche la pellicola! Nell'occhio questo compito è svolto da una membrana sottilissima, la retina, che è costituita da cellule con la caratteristica di essere sensibili alla luce (cioè fotosensibili). Il potere di accomodamento è un parametro che rappresenta la capacità del cristallino di modificare la sua curvatura per poter mettere a fuoco un oggetto a qualunque distanza dall'occhio; se l'immagine si trova ad una distanza inferiore ai 100 metri, il cristallino aumenta di spessore per poter concentrare i raggi luminosi sulla retina dal momento che questi ultimi giungono divergenti all'occhio. Mentre, quando l'immagine si trova ad una distanza superiore ai 100 metri, il cristallino concentra facilmente i raggi luminosi sulla retina in quanto questi, giungono quasi paralleli all'occhio.
Curiosità:  i falchi hanno una vista eccellente!  Da cui deriva il modo di dire "vista da falco"! Questi uccelli, infatti, posseggono un muscolo che fa sì che il potere di accomodamento dell'occhio sia più veloce rispetto a quello dell'uomo.
Ma a chi spetta il compito di trasformare l'immagine in stimoli elettrochimici che vengono poi trasmessi al cervello? La luce che arriva sul fondo dell'occhio viene convertita in segnali bioelettrici che giungono al cervello: ci sono sostanze chimiche che si modificano quando vengono colpite dalla luce; tali sostanze sono contenute nei coni e nei bastoncelli (detti fotorecettori); i coni servono per la visione dei colori e si trovano prevalentemente nella zona centrale della retina. Ci cono circa 6 milioni di coni per occhio e ve ne sono  tre tipi diversi: per il verde, per il giallo e per il rosso. I bastoncelli invece, sono circa 120 milioni e servono per la visione al buio; sono presenti prevalentemente nella zona periferica della retina. Il pigmento dei bastoncelli è la rodopsina, che è costituita  dal retinene (un gruppo di atomi che assorbono la luce detti cromofori) e dall'opsina che è una proteina che agevola la reazione chimica.
Se la luce incide sul retinene si modifica la sua struttura: viene indotta la rotazione della catena terminale connessa all'opsina (passa dalla forma cis alla forma trans): la molecola di rodopsina si trasforma in metarodopsina I, prima, e poi in metarodopsina II; così, nelle cellule nervose della retina vengono prodotti gli impulsi elettrochimici.
Con un improvviso abbagliamento o quando l'ambiente in cui ci troviamo è molto luminoso, oppure se si verifica un violento cambiamento di luminosità, gli occhi reagiscono prontamente  in modo da ridurre la quantità di luce che arriva alla retina mediante il restringimento delle pupille e socchiudendo le palpebre; ma la capacità visiva è stata comunque ridotta, dal momento che la rodopsina è stata trasformata e gli impulsi inviati al nervo ottico risultano più deboli; per questo occorre qualche secondo per ripristinare la funzione ottimale dei fotorecettori e, se in casi come questi si è alla guida di un veicolo, è consigliabile rallentare!!
Passando, invece, dalla luce al buio, anche in questo caso gli occhi si adattano alla nuova situazione:  le pupille si dilatano per far entrare più luce possibile e nei bastoncelli viene prodotto il pigmento fotosensibile di rodopsina; purtroppo, la formazione della rodopsina richiede circa 10/20 minuti e solo trascorso questo tempo che l'occhio è in grado di  produrre gli impulsi che permettono all'individuo di percepire la poca luce presente. Anche in tale situazione occorre rallentare se si è alla guida di un veicolo.
Quindi, in seguito all'alterazione delle sostanze suddette, causata dalla presenza o assenza di luce,  vengono generati gli impulsi che, mediante il nervo ottico, giungono al cervello. Per vedere bene non occorrono solo due occhi buoni... ci vuole cervello!!
L'ampiezza del campo visivo cala se si aumenta la velocità; e di questo bisogna tenerne conto se ci si mette alla guida di un veicolo, come anche il fatto che un occhio solo non è in grado di rilevare con esattezza l'effettiva consistenza di un oggetto ma solo il contemporaneo funzionamento delle due retine di due occhi, consente di capire il corretto rilievo degli oggetti e la distanza dall'osservatore.
Quando si è per strada alla guida di un veicolo, la visibilità dipende anche dalla distanza di visibilità, che è un parametro dato dalla somma dello spazio necessario per manovrare il veicolo e lo spazio percorso durante il tempo di reazione del conducente.

Il tempo medio impiegato dallo stimolo visivo per giungere al cervello ed essere decodificato, è compreso fra 0.7 e 1.3 secondi, tempo che corrisponde quindi al tempo di reazione di fronte ad un ostacolo. L'alcool altera i movimenti dell'occhio e, di conseguenza, allunga fino a 2.5 secondi il tempo di reazione.

 


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