Ultima modifica 31.01.2020

Il riscontro di vermi nelle feci è un evento piuttosto rivoltante, ma non certo raro. Si stima infatti che gli elminti (così vengono scientificamente chiamati questi parassiti) infettino circa tre miliardi di persone nel Mondo. I più comuni alle nostre latitudini sono senza ombra di dubbio i vermi dei bambini (Enterobius vermicularis), detti anche ossiuri, la cui prevalenza in età pediatrica oscilla tra il 30 ed il 70%. I bambini sono più suscettibili a questa infestazione sia per l'immaturità dei sistemi di difesa, sia per l'abitudine a giocare con il fango e a portare le mani alla bocca senza averle lavate. In questa infestazione, i vermi nelle feci appaiono come piccolissime striscioline filiformi, bianche e mobili. Le femmine, infatti misurano mediamente dagli otto ai tredici millimetri (0.8 - 1.3 cm), mentre i maschi - più piccoli - non superano i 5 mm. Aldilà dell'esame macroscopico delle feci, la presenza di ossiuri può essere testimoniata da un forte prurito notturno nella regione anale e perianale; le femmine, infatti, migrano dall'intestino a questa sede per deporre le loro uova. Il conseguente grattamento e l'abitudine a portare le mani alla bocca, come si può facilmente intuire, favoriscono l'autoinfestazione.

Analizzare le feci di una persona, per quanto disgustoso possa sembrare, può aiutare a rivelare la presenza di vermi intestinali. Non sempre, però, come nel caso degli ossiuri, i parassiti hanno grandezza sufficiente per essere individuati facilmente ad occhio nudo. D'altronde, quando le dimensioni dei vermi divengono importanti lo scenario si fa ancor più disgustoso. Gli elminti, infatti, hanno dimensioni variabilissime ed in alcuni casi superano abbondantemente il metro di lunghezza. E' il caso della tenia, un platelminta segmentato (cestode), che può raggiungere gli 8-9 metri. Generalmente, in questo caso, nelle feci si ritrova non tanto il verme intero, quanto alcuni sui segmenti bianco-giallognoli, simili a pezzetti di tagliatelle e definiti proglottidi. La sintomatologia associata può essere assente o limitata a nausea, turbe dell'alvo e dolori addominali. Il principale veicolo di trasmissione è rappresentato dall'ingestione di carni crude o poco cotte infettate dalle larve.

Vermi nelle feci

Ancylostoma duodenale (hookworm)
esaminato in microscopia elettronica
a scansione.

Altri vermi dalle dimensioni considerevoli, chiamati ascaridi (Ascaris lumbricoides), determinano la geoelmintiasi più frequente nel nostro paese. Anche nel resto del mondo, l'ascaridiasi è un'infestazione ubiquitaria e piuttosto diffusa. Il termine geoelmentiasi spiega le modalità di trasmissione di questi organismi; brevemente, l'uomo elimina le uova nel terreno, dove diventano embrionate e acquisiscono la capacità di infestare altri uomini. Le uova, pertanto, non sono immediatamente infestanti come quelle degli ossiuri, ma devono trascorre un certo tempo nel terreno per "maturare". La mancanza di servizi igienici o l'uso di acque nere per irrigare i campi contribuiscono alla diffusione dell'infestazione, tipica - ma non esclusiva - delle zone rurali. La femmina di Ascaris lumbricoides raggiungere una lunghezza di 40 cm per un peso di circa 9 grammi. Oltre al riscontro visivo di questi vermi di colore bianco crema o rosato nelle feci, l'ascaridiasi può caratterizzarsi per sintomi di natura respiratoria o gastrointestinale (a seconda dello stadio di sviluppo degli esemplari). I primi a comparire - in occasione della migrazione delle larve attraverso i polmoni - sono quelli respiratori, con tosse stizzosa, dispnea e tracce di sangue nell'espettorato. A livello intestinale, invece, la sintomatologia è spesso specifica o limitata, caratterizzata da crampi addominali, nausea e vomito. Soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, l'ascaridiasi può causare complicanze potenzialmente gravi, se non addirittura letali.

Altri vermi intestinali piuttosto comuni sono l'Ancylostoma duodenale ed il Necator americanus, responsabili dell'anchilostomiasi. Si tratta sempre di una geoelmintiasi, in cui però le larve - anziché essere ingerite - penetrano attraverso la pelle che prende contatto con il terreno contaminato. Questi nematodi, leggermente ricurvi, raggiungono una lunghezza di 6- 12 mm (0,6 - 1,2 cm). Grazie al particolare apparato buccale, si ancorano saldamente alla mucosa duoedeno-digiunale, assorbendo notevoli quantità di sangue. Il paziente, pertanto, può divenire anemico, manifestando pallore, debolezza, dispnea ed unghie fragili.

Nella triocefalosi, il parassita (Trichuris trichiura) raggiunge una lunghezza di 3-5 cm ed assomiglia ad una frusta, con l'estremità cefalica sottile e cilindrica, e quella posteriore tozza e di colore rosa.

Il riscontro di un verme nelle feci non è certo un'esperienza piacevole, ma le ripercussioni sulla salute del malcapitato sono generalmente lievi. Molto peggio, ad esempio, essere infettati da organismi piccolissimi, come alcuni virus o batteri. Una volta individuato il parassita, inoltre, è generalmente possibile debellarlo con facilità, ricorrendo ad una breve terapia farmacologica. La prevenzione è rivolta essenzialmente al rispetto delle elementari norme igieniche, come l'accurata e frequente pulizia delle mani, l'attento lavaggio degli alimenti da consumare crudi e la generosa cottura delle carni (in particolare quelle suine macinate). Particolare prudenza quando ci si reca in Paesi sottosviluppati (attenzione anche a camminare scalzi e a dove si fa il bagno).