Ultima modifica 27.11.2019

Generalità

Il tumore del collo dell'utero è una tra le più comuni neoplasie maligne che colpiscono l'apparato genitale femminile. Il processo patologico coinvolge, in particolare, la cervice uterina, cioè la porzione più bassa dell'utero
tumore al collo dell'uteroIl principale fattore di rischio per l'insorgenza del tumore del collo dell'utero è rappresentato dall'infezione da papilloma virus umano (HPV), che si trasmette prevalentemente con l'attività sessuale e il contatto intimo. Oltre a questo, esistono altri fattori predisponenti, come il tabagismo, il numero dei partner e le malattie sessualmente trasmesse (soprattutto herpes genitale e clamidia).
Spesso, nelle fasi iniziali, il tumore del collo dell'utero non causa segni o sintomi. Tuttavia, la malattia è caratterizzata da una lenta evoluzione, che la rende curabile se diagnosticata per tempo. Per questa ragione, è importante sottoporsi regolarmente a controlli ginecologici e ad esami di screening (come il Pap test o HPV test), utili per identificare le lesioni precancerose e intervenire prima che queste evolvano in carcinoma.
I trattamenti per il tumore della cervice comprendono la chirurgia e la radioterapia, talvolta in associazione con la chemioterapia.

Cenni di anatomia

  • La cervice (detta anche collo o portio) è la parte inferiore dell'utero, un organo cavo, a forma di pera, localizzato nella pelvi femminile, tra la vescica (anteriormente) e il retto (posteriormente).
  • La cervice uterina è in diretto collegamento con la vagina ed è visibile all'ispezione ginecologica come una formazione cilindrica che presenta al centro un orifizio. Quest'ultimo rappresenta l'estremità del canale cervicale, che collega la cavità uterina alla vagina.
  • Le cellule che rivestono il collo dell'utero non sono tutte uguali: l'ectocervice è rivestita da cellule squamose (come la vagina), mentre l'endocervice (più vicina al corpo dell'utero) presenta un epitelio colonnare di tipo ghiandolare. Nella zona di transizione tra questi due tipi cellulari, detta giunzione squamo-colonnare, prende origine la maggior parte dei tumori del collo dell'utero.
Utero

Cause e fattori di rischio

Il tumore del collo dell'utero è il primo tumore per cui sia stata riconosciuta una causa infettiva. Il microrganismo responsabile è il papilloma virus umano (HPV), un agente virale molto diffuso nella popolazione, che si trasmette prevalentemente per via sessuale.
Il tumore della cervice uterina è causato, in particolare, dall'infezione di alcuni tipi di HPV, principalmente i ceppi 16 e 18, implicati nella maggior parte dei casi (circa il 70%) e coinvolti anche nell'insorgenza di altre patologie neoplastiche della sfera genitale femminile e maschile, dell'ano e del cavo orale.
L'infezione da HPV è solitamente asintomatica, quindi chi ne è colpito non sa di esserlo, aumentando notevolmente il rischio di trasmissione del virus; si stima che circa il 75% delle donne l'abbia contratta almeno una volta nella vita. 
Nella maggior parte dei casi, l'infezione da HPV viene superata completamente dal nostro organismo, nell'arco di alcuni mesi, senza conseguenze per la salute. Tuttavia, quando il virus non viene eliminato dal sistema immunitario, l'infezione persiste e favorisce l'insorgenza di anomalie cellulari nell'area genitale; si possono sviluppare, quindi, numerose patologie, benigne e maligne, che colpiscono donne e uomini.
Il tumore è preceduto da alterazioni precancerose del tessuto che riveste il collo dell'utero (displasie). Alcune di queste possono regredire spontaneamente o rimanere invariate; una piccola percentuale di displasie può evolvere, invece, in un tumore vero e proprio, specie in presenza di alcuni cofattori (come stati di immunodepressione o tabagismo attivo).
In genere, il tempo che intercorre tra l'infezione e l'insorgenza delle lesioni precancerose (neoplasia intraepiteliale cervicale o CIN) è pari a circa 5 anni; prima che si sviluppi il tumore del collo dell'utero vero e proprio possono trascorrere, invece, 10-15 anni.
Questi lunghi tempi permettono di attuare con efficacia i programmi di screening (Pap-test e HPV-DNA test) e di avere ottimi risultati in termini di prevenzione.


Nota. Esistono oltre 100 tipi di papilloma virus umano: alcuni di essi sono responsabili di lesioni benigne, come i condilomi (HPV 6 e 11); altri sono in grado di produrre lesioni precancerose (displasie) che, se non trattate, possono diventare invasive, evolvendo in tumore del collo dell'utero (specie HPV 16 e HPV 18, considerati oncogeni “ad alto rischio”, cioè fortemente associati alla neoplasia).


L'infezione da papilloma virus umano (HPV) è una causa necessaria, ma non sufficiente per lo sviluppo del tumore del collo dell'utero.
Altri fattori che possono aumentare il rischio di malattia sono:

Il tumore del collo dell'utero può colpire tutte le donne, indipendentemente dall'età, quindi, non solo quelle più mature. Una ragazza che diviene sessualmente attiva precocemente presenta un rischio maggiore di contrarre l'infezione da papilloma virus umano.
L'età a rischio per il contagio comincia, quindi, all'inizio dell'attività sessuale e, sulla base delle stime, raggiunge il suo picco tra i 20 e i 25 anni.

Epidemiologia

  • Il tumore del collo dell'utero è uno dei tumori ginecologici più frequenti in tutto il Mondo.
  • In Europa, è la seconda causa di morte per carcinoma (dopo il tumore al seno) nelle donne al di sotto dei 40 anni. Tuttavia, il numero dei decessi associati alla patologia continua a diminuire, grazie soprattutto all'introduzione dei test di screening.
  • In Italia, si stimano circa 3.500 nuovi casi ogni anno di tumore del collo dell'utero.  

Tipologie

I tumori del collo dell'utero sono classificati in base alle cellule da cui prendono origine e sono prevalentemente di due tipi:

  • Carcinoma squamo-cellulare: è la forma più frequente (80% dei tumori). Si sviluppa dalle cellule squamose che rivestono la superficie dell'esocervice; colpisce prevalentemente le donna tra i 20 ed i 40 anni.
  • Adenocarcinoma: meno frequente (circa il 15% dei casi), deriva dalla trasformazione delle cellule ghiandolari dell'endocervice.

Meno comuni (3-5% dei tumori cervicali) sono i tumori del collo dell'utero che presentano un'origine mista (carcinomi adenosquamosi).

Segni e sintomi

Il più delle volte, il tumore del collo dell'utero non provoca sintomi nelle fasi iniziali di sviluppo; tuttavia, i segni precoci dell'infezione da HPV possono essere identificati sottoponendosi regolarmente a controlli ginecologici. Ciò permette, inoltre, di trattare e risolvere le iniziale anomalie tissutali, in maniera adeguata, prima che queste degenerino. 
Quando si forma un tumore vero e proprio, invece, le cellule anormali della cervice diventano cancerose e invasive, crescono formando una massa voluminosa all'interno della cervice o invadono i tessuti circostanti.
In genere, i primi segnali di allarme sono:

Nelle fasi più avanzate, possono presentarsi sintomi dovuti alla crescita del tumore e al coinvolgimento degli organi adiacenti:

Diagnosi

Spesso, le precancerosi a carico del collo dell'utero non provocano manifestazioni e, generalmente, vengono identificate con regolari controlli ginecologici e programmi di screening, rivolti alle donne sane in assenza di sintomatologia.
Quando il Pap test non evidenzia lesioni, l'esame ha esito negativo e la donna viene invitata a ripetere l'esame dopo tre anni; se l'indagine risulta positiva, invece, significa che l'esame citologico ha riscontrato la presenza di cellule anomale.
In quest'ultimo caso, è prevista l'esecuzione di esami di approfondimento diagnostico:

  • Colposcopia: il ginecologo usa un apposito strumento, chiamato colposcopio, che permette di illuminare il collo dell'utero e di vederlo ingrandito. In tal modo, è in grado di confermare la presenza di lesioni, valutarne l'estensione ed eseguire un esame bioptico.
  • Biopsia: consiste in un piccolo prelievo di tessuto dal collo dell'utero, da sottoporre all'esame istologico.
  • Risonanza magnetica e tomografia computerizzata: sono impiegate per valutare se e quanto il tumore è esteso.

Trattamento

Il percorso terapeutico più adeguato viene stabilito soprattutto in base allo stadio del tumore del collo dell'utero.
A seconda dei casi, gli interventi possono comprendere:

Chirurgia

Quest'approccio è finalizzato alla rimozione del tessuto anomalo dalla cervice o dalle regioni vicine ad essa. La scelta del tipo di intervento da praticare dipende, quindi, dall'estensione del tumore.

Quando il tumore è in uno stadio iniziale e localizzato solo sulla superficie della cervice, il chirurgo può decidere di rimuovere le cellule cancerose con un metodo simile a quello usato per trattare le lesioni precancerose (conizzazione a lama fredda o con laser). Se la malattia ha invaso gli strati profondi della cervice, ma è confinata e non si è estesa alle parti immediatamente circostanti, è possibile eliminare il tumore, ma lasciare in sede utero e ovaie. Negli altri casi, invece, può essere necessario rimuovere chirurgicamente l'intero utero (isterectomia).
In base alla diffusione della malattia (quindi in base allo stadio clinico), può essere indicata anche la rimozione dei linfonodi regionali (pelvici e/o lombo-aortici) per verificarne l'eventuale coinvolgimento neoplastico.
I tumori estesi agli organi adiacenti (vescica e retto) vengono trattati, di solito, con protocolli di radio-chemioterapia e molto raramente, in situazioni selezionate, con procedure chirurgiche radicali.

Chemioterapia

Questo trattamento sistemico può essere applicato da solo (quando le cellule tumorali si sono diffuse ad altri organi) o in combinazione con radioterapia o interventi chirurgici.

La chemioterapia utilizza farmaci solitamente somministrati per via endovenosa, per distruggere le cellule tumorali. Gli effetti collaterali dipendono principalmente da quali agenti vengono utilizzati e comprendono: perdita dei capelli, scarso appetito, nausea e vomito, diarrea e predisposizione alla formazione di lividi.

Radioterapia

Quest'intervento terapeutico usa raggi ad alta energia per danneggiare le cellule tumorali e bloccare la loro crescita; si distingue in radioterapia a fasci esterni e brachiterapia. Nella prima opzione, le radiazioni ionizzanti sono somministrate dall'esterno; si irradia, quindi, la regione pelvica che contiene le strutture che devono essere trattate. La brachiterapia prevede, invece, il posizionamento di materiale radioattivo direttamente all'interno del canale vaginale, in modo da colpire selettivamente l'area interessata dal tumore, senza intaccare la vescica ed il retto (riducendo, quindi, gli effetti collaterali). La procedura integra la radioterapia a fasci esterni o viene utilizzata nel completamento del trattamento post-operatorio. 

Prevenzione

Il tumore del collo dell'utero può essere efficacemente prevenuto sia attraverso la diagnosi precoce e l'adesione ai programmi di screening, sia mediante la vaccinazione contro l'HPV.
L'analisi citologica del tessuto cervicale (Pap test) è in grado di ridurre la mortalità per questo tumore fino all'80%, mentre l'HPV-DNA test, che identifica l'eventuale presenza del virus, rivelando una situazione di aumentato rischio di sviluppare una precancerosi, permette di individuare la malattia in stadi molto iniziali.

Pap test

Il Pap test (o test di Papanikolaou) è un esame utile per identificare precocemente le eventuali lesioni da HPV; per questo motivo, viene impiegato nello screening per il tumore del collo dell'utero. L'analisi citologica del tessuto cervicale è raccomandata a partire dai 25 anni e andrebbe eseguita regolarmente da tutte le donne (anche asintomatiche), una volta ogni tre anni.
L'esecuzione del Pap test è piuttosto semplice: strofinando una speciale spatolina ed un tampone, il ginecologo preleva delicatamente alcune cellule dagli strati più superficiali del collo dell'utero e del canale cervicale. Il campione così raccolto viene poi strisciato su un vetrino, cosparso di reagente e inviato al laboratorio.
L'analisi al microscopio del campione permette di individuare eventuali cellule con caratteristiche precancerose o tumorali e, sulla base del loro grado di atipicità, di stimare il livello di danno tissutale.

HPV-DNA test

L'HPV test (o HPV-DNA test) permette di individuare la presenza del DNA del papilloma virus nelle cellule cervicali. Rispetto al Pap test, quindi, si scopre se la donna ha contratto un virus potenzialmente oncogeno, ancor prima che si sviluppino eventuali lesioni.
L'HPV test si esegue con modalità analoghe a quelle del Pap test. Una piccola quantità di cellule prelevata dal collo dell'utero viene sottoposta a un esame di laboratorio per la ricerca del virus, con indubbi vantaggi in termini di sensibilità.
Un HPV-DNA test positivo non deve comunque mettere ansia, poiché non significa necessariamente che sia presente un tumore o che questo si svilupperà in futuro; l'esame è in grado di individuare, infatti, anche le infezioni che potrebbero regredire spontaneamente. Per questa ragione, l'HPV test è generalmente raccomandato per le donne sopra i 30-35 anni

Vaccinazione

Alcune infezioni da HPV possono essere prevenute con il vaccino bivalente (contro i ceppi HPV 16 e 18) o quadrivalente (contro i ceppi HPV 16, 18, 6 e 11); recentemente è stato proposto anche un vaccino nova-valente che fornisce protezione anche dai condilomi genitali.

Il protocollo prevede tre iniezioni nell'arco di sei mesi, somministrate da un medico, un infermiere o un professionista sanitario. Affinché il vaccino sia efficace, è importante completare l'intero ciclo di vaccinazione. Inoltre, l'effetto protettivo è maggiore se somministrato in giovane età, prima dell'inizio dei rapporti sessuali, poiché le probabilità di essere già entrati a contatto con il virus sono basse.
Per questo motivo, in Italia, il Servizio Sanitario Nazionale raccomanda e offre gratuitamente la vaccinazione nelle ragazze che hanno compiuto 11 anni (in alcune Regioni, la gratuità è mantenuta fino ai 18 anni, mentre altre hanno esteso il programma anche ai giovani di sesso maschile). Le persone di età superiore possono accedere, invece, alla vaccinazione anti-HPV ad un prezzo agevolato.
In ogni caso, è necessario continuare a sottoporsi regolarmente ai controlli ginecologici e allo screening.


Autore

Giulia Bertelli

Giulia Bertelli

Biotecnologa Medico-Farmaceutica
Laureata in Biotecnologie Medico-Farmaceutiche, ha prestato attività lavorativa in qualità di Addetto alla Ricerca e Sviluppo in aziende di Integratori Alimentari e Alimenti Dietetici