Tripofobia (Paura dei Buchi): Cos’è? Cause, Sintomi e Cura

Ultima modifica 24.03.2020
INDICE
  1. Generalità
  2. Cos’è
  3. Cause
  4. Sintomi e Conseguenze
  5. Diagnosi
  6. Trattamento e Rimedi

Generalità

La tripofobia è la paura dei buchi. Più nel dettaglio, chi soffre di questo disturbo è terrorizzato dalla visione di pattern ripetitivi, costituiti da piccoli fori ravvicinati e profondi, come quelli di un favo delle api o una spugna da bagno.

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Nella tripofobia, l'esposizione allo stimolo fobico suscita forte disagio, ansia o disgusto, fino a provocare panico, nausea e brividi; questa sensazione può essere enfatizzata quando dai buchi fuoriesce qualcosa (come, ad esempio, un seme o un insetto).

Secondo alcuni studi scientifici, la tripofobia deriverebbe da un reazione di difesa inconscia ed istintiva, ereditata dai nostri antenati, nei confronti di pattern presenti sul corpo di alcuni animali velenosi (come i serpenti) o di cavità in natura che possono nascondere un pericolo (es. nidi degli imenotteri). Altre ricerche sostengono, invece, che la tripofobia sia correlata alla repulsione nei confronti delle malattie infettive e dei parassiti.

Nonostante sia molto diffusa, la tripofobia non è ancora riconosciuta ufficialmente come disordine psichico e, come tale, la relativa definizione non è presente nel "Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali", redatto dall'American Psychiatric Association.

Almeno fino ad ulteriori evidenze scientifiche, la paura dei buchi rimane, quindi, un campo aperto alle ipotesi ed al dibattito.

Cos’è

Tripofobia: definizione

La tripofobia è il timore morboso o la repulsione provocata da qualsiasi pattern costituito da figure geometriche ravvicinate. A scatenare la paura sono soprattutto i buchi, ma possono anche essere piccoli rettangoli, cerchi convessi o altre particolari forme che si ripetono.

Nei casi più gravi, la tripofobia può provocare sintomi fisici o attacchi di panico in piena regola, con sudorazione fredda, battito cardiaco accelerato, mancanza di respiro e nausea.

Attualmente, la paura dei buchi non è una patologia psichiatrica ufficialmente riconosciuta e, come tale, non compare nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM).

Paura dei Buchi: quali sono gli stimoli fobici?

In generale, il soggetto tripofobico prova timore o non tollera la vista di aggregati di oggetti, naturali o artificiali, in grado di creare pattern con buchi, di solito, molto vicini tra loro e di una certa profondità. Chi soffre di tripofobia spesso teme la vista di cose ordinarie, di uso comune, apparentemente innocue.

Le immagini che generano reazioni repulsive sono molte e comprendono:

Cause

La maggior parte delle fobie sono causate da esperienze traumatiche vissute o riconoscono radici culturali. Tuttavia, questo non sembra essere il caso della tripofobia. Questa forma di paura morbosa rappresenta, infatti, una generalizzazione di una risposta a stimoli innocui, ma con caratteri simili a minacce effettivamente dannose (es. animali velenosi, infezioni, parassiti ecc.), apprese nel corso dell'evoluzione.

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Quali sono le cause della Tripofobia?

La tripofobia è un disturbo nel quale lo stimolo fobico è rappresentato dai buchi. Sebbene sia poco conosciuta, questa paura è più comune di quanto si possa pensare, tanto che negli ultimi anni è stata oggetto di molte ricerche scientifiche, che ne hanno indagato le possibili cause.

Il termine "tripofobia" è stato coniato nel 2005 e si riferisce alla parola greca "trýpa", che significa "buco" o "perforazione" e "phóbos", cioè "paura". Nella letteratura scientifica, le prime descrizioni del disturbo risalgono al 2013.

Il PERICOLO dei buchi: la probabile origine evolutiva

I primi studi sulla tripofobia sono stati condotti da un gruppo di scienziati dell'Università dell'Essex, coordinato da Geoff Cole e Arnold Wilkins, esperti di scienza visiva. La ricerca pubblicata sulla rivista Psychological Science sostiene che questo disturbo non dipenda da cause psichiche, ma da motivi che sembrano risalire ad un meccanismo di sopravvivenza acquisito dai nostri antenati. Questa fobia deriverebbe, in particolare, da una reazione primitiva trasmessa nel corso dell'evoluzione, quale risposta di difesa nei confronti di un potenziale pericolo. In questa reazione istintiva, una porzione del cervello segnalerebbe alle persone quelle immagini che richiamano alla mente le macchie o i buchi presenti su piante e animali velenosi, da cui l'uomo doveva difendersi in natura, come alcuni ragni e serpenti, il polpo dagli anelli blu, lo scorpione giallo e così via.

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Secondo gli studiosi, dunque, all'origine della tripofobia sussisterebbe una base biologica ereditaria, che avvalora una spiegazione evolutiva: i modelli visivi che innescano i sintomi della fobia sono simili a quelli evocati da piante o animali pericolosi e potenzialmente letali, che possono nascondersi nei buchi o in piccoli anfratti.

Il DISGUSTO dei buchi: la paura delle malattie infettive

In tempi più recenti, alcuni psicologi dell'Università del Kent (ateneo di Canterbury), coordinati dal professor Tom Kupfer, si sono concentrati su un altro aspetto della tripofobia.

Nelle persone sottoposte a questo studio scientifico, è stato osservato che la visione dell'insieme dei buchi generava principalmente una sensazione di disgusto, più che di paura. Simbolicamente, ogni cavità rappresenta un luogo di scambio fra il mondo interno e quello esterno, quindi sede di una possibile contaminazione. La tripofobia sembra scaturire, in particolare, da un'intensa repulsione nei confronti delle malattie caratterizzate da eruzioni circolari sulla pelle (come vaiolo, morbillo, rosolia ecc.).

I partecipanti allo studio riportavano, inoltre, una fastidiosa sensazione, come se la pelle fosse infestata da parassiti o insetti, pur avendo la consapevolezza che ciò non poteva essere reale.

La paura di una potenziale contaminazione - non a caso - ha spesso anche a che vedere con gli insetti, animali che sono oggetto frequente di fobie specifiche, come quella dei ragni (aracnofobia).

Sintomi e Conseguenze

Tripofobia: come si manifesta?

I sintomi e la gravità variano da persona a persona, ma, in generale, la tripofobia si manifesta con disagio, repulsione o senso di disgusto nei confronti dei buchi. L'avversione verso fori molto ravvicinati può generare stati d'ansia e, nei casi estremi, attacchi di panico.

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Nei soggetti tripofobici, la visione di oggetti forati, bolle, gruppi di buchi (come, ad esempio, l'interno del fiore di loto) è in grado di provocare anche reazioni fisiologiche, quali:

Nei casi gravi, questi sintomi vengono attivati anche solo pensando alle immagini che scatenano la paura. In qualche paziente, poi, la tripofobia è correlata a disturbi d'ansia ed altre fobie specifiche.

Sintomi somatici nelle fobie

I sintomi fisici che si manifestano nella paura dei buchi, così come in altre fobie, segnalano il verificarsi di una risposta anormale a livello emotivo: il corpo sta rispondendo allo stimolo fobico con un'espressione estrema della reazione fisiologica di "lotta o fuga".

In altre parole, la mente interpreta il buco o ciò che questo ospita come una minaccia o un potenziale pericolo, quindi prepara automaticamente il corpo a combattere per la sopravvivenza. Quest'eccessiva risposta emotiva è uno dei segni più chiari che una persona è in preda ad un disturbo fobico.

Diagnosi

Tripofobia: come viene stabilita la diagnosi?

Pur non essendo ufficialmente riconosciuta come disordine psichico, la tripofobia si presenta come una forma di paura incondizionata tutt'altro che rara.

In ogni caso, la paura dei buchi può essere un disturbo altamente invalidante, in quanto può influenzare molteplici attività e contesti. Per questo motivo, se i sintomi limitano in modo significativo la normale vita quotidiana e sono presenti da oltre sei mesi, è consigliabile rivolgersi ad un medico.

Nonostante non siano ancora stati stabiliti dei criteri per una diagnosi clinica, la valutazione del soggetto tripofobico è fondamentale per comprendere i motivi alla base del disagio, identificandone il significato e quantificandone la portata.

Trattamento e Rimedi

Come si può superare la Tripofobia?

La tripofobia può essere può essere affrontata con diverse opzioni terapeutiche (psicoterapia, tecniche di rilassamento, farmaci ecc.), anche in combinazione tra loro.

Quest'interventi hanno l'obiettivo di indurre il paziente a razionalizzare la propria fobia, cercando di concentrarsi sulla possibilità di reagire ai pensieri ansiogeni e di affrontare le convinzioni negative associate alla paura dei buchi.

Terapia di esposizione e desensibilizzazione

Un approccio risultato efficace nel trattamento della tripofobia è la presentazione degli stimoli fobici al paziente in condizioni controllate, fino ad ottenere una desensibilizzazione sistemica. La terapia comporta l'esposizione graduale e ripetuta nel tempo a figure, oggetti e superfici che presentano pattern geometrici, per affrontare le idee negative associate alla paura dei fori.

Terapia cognitivo-comportamentale

La desensibilizzazione può essere praticata in combinazione con tecniche cognitive e comportamentali, allo scopo di modificare il circolo vizioso della tripofobia e lavorare sul significato dei buchi per il paziente.

In questo modo, il soggetto tripofobico viene esposto alle situazioni temute, con la possibilità di apprendere delle tecniche di autocontrollo emotivo, che gli permettono di ridimensionare la propria paura.

Tecniche di rilassamento

Per affrontare la tripofobia in modo efficace, la psicoterapia può essere praticata in associazione alle tecniche di rilassamento, quali training autogeno, esercizi di respirazione e yoga. Questi trattamenti possono contribuire a gestire l'ansia correlata alla paura dei buchi.

Farmaci

La terapia farmacologica viene prescritta da un medico psichiatra nei casi più gravi di tripofobia, soprattutto per controllare i sintomi di patologie associate al disturbo fobico, come la depressione e l'ansia.

I farmaci che vengono solitamente indicati sono le benzodiazepine, i beta-bloccanti, gli antidepressivi triciclici, gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) e gli inibitori delle monoamino-ossidasi (MAOI).

Autore

Giulia Bertelli

Giulia Bertelli

Biotecnologa Medico-Farmaceutica
Laureata in Biotecnologie Medico-Farmaceutiche, ha prestato attività lavorativa in qualità di Addetto alla Ricerca e Sviluppo in aziende di Integratori Alimentari e Alimenti Dietetici