Training Autogeno: a cosa serve, come si fa e benefici

Training Autogeno: a cosa serve, come si fa e benefici
Ultima modifica 15.12.2020
INDICE
  1. Cos’è il Training Autogeno
  2. A Cosa Serve
  3. Come si Fa il Training Autogeno
  4. Effetti del Training Autogeno
  5. Controindicazioni
  6. Altre Tecniche di Rilassamento

Cos’è il Training Autogeno

Generalità sul training autogeno

Il training autogeno (TA) è una tecnica di rilassamento-desensibilizzazione, con la quale è possibile ottenere reazioni psicofisiche misurabili, utilizzata soprattutto per il trattamento di ansia, depressione e reazioni psicosomatiche incontrollate.

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Fu sviluppato dallo psichiatra tedesco Johannes Heinrich Schultz, anche grazie ai suoi predecessori Abbé Faria ed Émile Coué, e venne divulgato per la prima volta nel 1932. Studiando le risposte psicosomatiche di alcuni soggetti immersi in uno stato ipnotico, J.H. Schultz notò che a certe sensazioni si associano precisi cambiamenti fisiologici nell'organismo.

Il training autogeno prevede la ripetizione (inizialmente guidata, poi autonoma) di visualizzazioni mentali responsabili dell'induzione di rilassamento psicofisico. Si basa sulla concentrazione passiva delle percezioni corporee (ad es pesantezza e calore delle braccia, delle gambe ecc.), ulteriormente facilitata dall'auto-suggestione. La caratteristica principale del training autogeno che lo differenzia, ad esempio, dall'ipnosi, è di rendere il paziente autonomo e quindi operatore indipendente.

Il training autogeno viene utilizzato soprattutto per migliorare la gestione emotiva; in ambito clinico è utile per alleviare certi disturbi psicosomatici indotti dallo stress (qualunque sia la causa) e, in ambito sportivo, per migliorare l'approccio dell'atleta alla performance (soprattutto di gara). L'esempio più indicativo dell'utilità del training autogeno nello sport è senz'altro l'applicazione nell'apnea subacquea.

I professionisti del biofeedback integrano gli elementi di visualizzazione autogena e li combinano a versioni semplificate di tecniche parallele. Elmer Green, Steve Fahrio, Patricia Norris, Joe Sargent, Dale Walters e altri membri della "Menninger Foundation", hanno incorporato la tecnica di training autogeno di "percezione del calore alle mani" ottenendo un biofeedback termico sul medesimo distretto corporeo.

Approfondimento

Per biofeedback si intende un processo di aumento della consapevolezza di molte funzioni fisiologiche, utilizzando principalmente strumenti che analizzano l'attività di quegli stessi sistemi, con l'obiettivo di essere in grado di manipolarli a propria volontà. Alcuni dei processi che possono essere controllati sono: onde cerebrali, tono muscolare, conduttanza della pelle, frequenza cardiaca e percezione del dolore. Il biofeedback può essere utilizzato per migliorare lo stato di salute e le prestazioni fisiche, e per intervenire sulle reazioni psicosomatiche emotive. Al temine del processo, questi cambiamenti possono essere mantenuti senza l'uso di apparecchiature aggiuntive, poiché per la pratica del biofeedback (ad eccezione delle misurazioni iniziali) non è necessaria alcuna attrezzatura. Il biofeedback è risultato efficace nel trattamento del mal di testa e dell'emicrania.

A Cosa Serve

Applicazioni cliniche del training autogeno

Il training autogeno ha diverse applicazioni. È molto usato nel trattamento dei disturbi psicologici come l'ansia e la depressione, e di certe condizioni patofisiologiche come l'asma bronchiale e l'ipertensione arteriosa.

Il training autogeno è efficace?

Il training autogeno è stato sottoposto a valutazione in ambito clinico sin dai primi giorni della sua scoperta, in Germania, e dai primi anni '80 in tutto il mondo. Nel 2002 venne pubblicata su "Applied Psychophysiology and Biofeedback" una metanalisi di 60 studi (Stetter, Friedhelm; Kupper, Sirko - March 2002 – "Autogenic training: a meta-analysis of clinical outcome studies" - Applied Psychophysiology and Biofeedback). Il lavoro ha evidenziato gli effetti positivi del trattamento, stimati non solo su parametri medico-diagnostici, ma anche sul miglioramento della qualità della vita. I vantaggi si sono dimostrati pari o superiori alle altre terapie consigliate.

Nota: in Giappone, i ricercatori del "Tokyo Psychology and Counseling Service Center" hanno formulato una scala di valutazione per segnalare l'efficacia clinica del training autogeno.

Come si Fa il Training Autogeno

Obbiettivo del training autogeno

Lo scopo principale del training autogeno è di sviluppare l'autonomia nella regolazione emotiva, escludendo attivamente le distrazioni ambientali, grazie a specifiche tecniche di visualizzazione facili da imparare e da ricordare.

Principi fondamentali del training autogeno

Il training autogeno si basa su 3 principi fondamentali:

  1. Riduzione della stimolazione afferente (sia esterocettiva che propriocettiva)
  2. Ripetizione mentale di formule verbali
  3. Concentrazione passiva.

Concentrazione passiva: cosa significa?

Nel contesto della concentrazione passiva indotta dal training autogeno, la persona viene istruita a focalizzarsi esclusivamente sulle sensazioni interne piuttosto che sugli stimoli ambientali. Il termine "passività" si riferisce ad uno specifico atteggiamento positivo, non negativo. Consiste nell'adottare un'attitudine permissiva, lasciando semplicemente (si fa per dire) che le sensazioni accadano, senza ostacolarle, acquisendo il ruolo di osservatore piuttosto che di manipolatore.

Posizioni del training autogeno

Il training autogeno può essere eseguito in diverse posizioni:

Esercizi del training autogeno

Secondo Schultz, la tecnica consiste in sei esercizi standard:

  1. Rilassamento muscolare, evidenziando la pesantezza, mediante la ripetizione di una formula verbale, ad esempio: "il mio braccio destro è pesante".

Nota: Durante le fasi iniziali dell'allenamento, la sensazione di pesantezza del braccio si esprime più intensamente e rapidamente. La stessa sensazione può essere sperimentata successivamente in altri distretti corporei, anche nello stesso tempo. In soli 7 giorni di allenamento, la sensazione di pesantezza può essere innescata già molto rapidamente.

  1. Concentrazione passiva, focalizzando l'attenzione sulla sensazione di calore, ripetendo una formula verbale, ad esempio: "il mio braccio destro è caldo"
  2. Iniziazione dell'attività cardiaca, utilizzando ripetendo la formula verbale: "il mio battito cardiaco è calmo e regolare"
  3. Concentrazione passiva sul meccanismo respiratorio la formula verbale: "sto respirando"
  4. Concentrazione passiva sul calore nella regione addominale con la formula "il mio plesso solare è caldo"
  5. Concentrazione passiva sul fresco nella regione cranica con la formula "la mia fronte è fresca".

Quando si aggiunge una nuova fase di esercizio nel training autogeno, il soggetto dovrebbe sempre concentrarsi inizialmente sugli esercizi già appresi, ripercorrendoli, e solo dopo aggiungere un nuovo percorso. Inizialmente è consigliabile limitare i nuovi esercizi a breve durata.

Varianti del protocollo di training autogeno

In base alle esigenze cliniche specifiche, la sequenza di formule può essere modificata in tre modelli:

  • Riduzione delle formule (ad es. solo le formule di pesantezza e calore)
  • Insieme standard di formule con una specifica formula modificata
  • Insieme standard di formule e aggiunta di una formula altamente specifica per il problema in oggetto.

Effetti del Training Autogeno

Effetti del training autogeno

Uno studio di Spencer (LACI., Spencer, 2015 - FLOTATION: a guide for sensory deprivation, relaxation, & isolation tanks) suggerisce che il training autogeno è in grado di ripristinare l'equilibrio tra le attività simpatiche e parasimpatiche del sistema nervoso autonomo.

L'autore ipotizza che questo effetto possa avere importanti benefici per la salute, poiché vengono moderate le attività simpatiche (iperattivate in caso di sintomi ansiosi) mentre si promuovono i meccanismi parasimpatici (che favoriscono la digestione, i movimenti intestinali, l'abbassamento della pressione sanguigna, il rallentamento della frequenza cardiaca e le funzioni immunitarie).

Controindicazioni

Quando evitare il training autogeno?

Il training autogeno è controindicato per:

  • Soggetti con problemi cardiaci (ad esempio individui con recente episodio di infarto miocardico)
  • Persone con disturbi psicotici
  • Bambini di età inferiore ai 5 anni
  • Pazienti i cui sintomi non possono essere controllati.

Approfondimento

Le psicosi sono disturbi psichiatrici causati dall'alterazione dell'equilibrio psichico. Vengono caratterizzati dalla compromissione della percezione di realtà, dall'assenza di insight (visione interna - intuizione) e da disturbi del pensiero come deliri e allucinazioni.

Altre Tecniche di Rilassamento

Il principio della concentrazione passiva nel training autogeno rende questa tecnica fondamentalmente diversa dalle altre tecniche di rilassamento come il rilassamento muscolare progressivo ed il biofeedback, in cui le persone cercano di controllare attivamente le funzioni fisiologiche.

Approfondimento

Il rilassamento muscolare progressivo (PMR) è un metodo non farmacologico di rilassamento muscolare profondo, basato sulla premessa che le tensioni muscolari sono una risposta psicosomatica alle condizioni ansiose, e che il rilassamento muscolare stesso può ridurre l'ansia agendo anche sulla causa scatenante. Questa tecnica richiede anzitutto di imparare a monitorare le tensioni in ampi gruppi muscolari, poi a controllare un distretto specifico. Le tensioni vengono quindi rilasciate, poiché l'attenzione è incentrata sulle differenze avvertite durante la tensione e il rilassamento muscolare.

Tuttavia, come nel biofeedback, anche nel training autogeno è possibile ricercare un cambiamento bidirezionale dell'attività fisiologica.

Il training autogeno è classificato come "tecnica autoipnotica". È pertanto sostanzialmente diverso dall'etero-ipnosi, in cui la progressione è gestita da un individuo esterno (terapeuta). Il training autogeno enfatizza l'indipendenza del soggetto conferendogli il pieno controllo della terapia.

Seguendo il training autogeno, si elimina totalmente la necessità di utilizzare dispositivi di feedback fisiologico e/o la dipendenza dall'ipnoterapeuta.

Autore

Riccardo Borgacci

Riccardo Borgacci

Dietista e Scienziato Motorio
Laureato in Scienze motorie e in Dietistica, esercita in libera professione attività di tipo ambulatoriale come dietista e personal trainer