Si può riconoscere l’Alzheimer dai movimenti inconsapevoli?

Individuare l'Alzheimer alle sue prime manifestazioni non è sempre semplice anzi, molto spesso è complicato perché le modalità con cui questa patologia si manifesta sono diversi e ogni persona le sviluppa a modo proprio.
Tuttavia, esistono alcuni gesti e movimenti che possono rappresentare un campanello d'allarme.
In particolare, secondo una ricerca portata avanti dalla Brigham and Women's Hospital di Boston, ad essere indicative sarebbero le fluttuazioni inconsapevoli dei gesti quotidiani, spesso impossibili però da cogliere ad occhio nudo ma rilevabili solo attraverso strumenti ben precisi.
Cos’è l’Alzheimer
L'Alzheimer è una patologia neurodegenerativa a decorso cronico e progressivo che prende il nome dal neurologo tedesco Alois Alzheimer che all'inizio del 1900 ne descrisse per primo le caratteristiche.
La sua azione si concretizza nel distruggere progressivamente le cellule del cervello, causando un deterioramento irreversibile delle diverse funzioni cognitive come ragionamento, linguaggio e memoria. Con il passare del tempo, nelle persone colpite sono seriamente compromesse l'autonomia e la capacità di compiere le comuni azioni quotidiane.
La causa più ricorrente dell'insorgenza dell'Alzheimer sembrerebbe essere legata all'alterazione del metabolismo di una proteina, la proteina precursore della beta amiloide.
Nel mondo, attualmente questa patologia interessa circa il 5% della popolazione al di sopra dei 65 anni e il 20% degli ultra 85enni e rappresenta la causa più comune di demenza nella popolazione anziana dei Paesi sviluppati.
Come si è svolto lo studio americano
Il recente studio portato avanti dalla Brigham and Women's Hospital di Boston si è avvalso di complesse formule matematiche per capire se esistano e quali siano i movimenti inconsapevoli e ripetuti del corpo che possano far presagire l'insorgere di una malattia degenerativa come l'Alzheimer. In gergo scientifico tali movimenti sono definiti Fmar, acronimo inglese che significa "regolazione dell'attività motoria frattale" e si possono misurare soltanto con un actigrafo, che la persona monitorata indossa esattamente come farebbe con un orologio da polso e che registra ogni minimo spostamento corporeo.
Una volta stabilito il metodo, lo studio ha coinvolto 178 adulti senza problemi già diagnosticati dal punto di vista cognitivo, che hanno accettato di indossare l'actigrafo per un tempo variabile dai 7 ai 14 giorni, durante la loro quotidianità. Una volta raccolti, i dati relativi ai movimenti impercettibili sono stati interpretati e classificati usando i frattali al computer.
Contemporaneamente molti partecipanti si sono anche sottoposti ad un esame di imaging con la Pet e hanno accettato il controllo sul fluido cerebrospinale, al fine di verificare se fossero presenti nel cervello le placche senili formate da aggregati di proteine amiloidi, tipiche della patologia di Alzheimer.
I risultati della ricerca
Dallo studio, pubblicato su Alzheimer's & Dementia, è emersa una forte corrispondenza tra i dati di Fmar e i risultato dei marker individuati attraverso gli esami dei volontari che si erano sottoposti ad accertamenti più specifici.
Questo però ha riguardato solo le donne, mentre negli uomini tali coincidenze non sono state evidenziate. I motivi al momento non sono noti.
Secondo Lei Gao, uno dei ricercatori che ha preso parte al progetto, «i movimenti inconsapevoli che si svolgono ogni giorno possono rivelare cambiamenti nel cervello molti anni prima che compaiano i sintomi palesi della malattia. Se i nostri risultati saranno convalidati da altre ricerche si potrebbe aprire una finestra per possibili trattamenti precoci al fine di modificare, se sono presenti, alcuni fattori di rischio». Si tratterebbe di un cambio di passo significativo, visto che uno degli aspetti in cui il trattamento dell'Alzheimer è più carente è quello della ricerca preventiva, proprio in merito ai biomarcatori di rischio precoci.
Come riconoscere la differenza tra Alzheimer e demenza.
Possibili applicazioni terapeutiche
Tuttavia, vista la parzialità dei risultati e il numero non troppo elevato di partecipanti, parlare di reale e imminente applicazione di questi risultati in ambito diagnostico e terapeutico è piuttosto prematuro. Anche perché esistono alcune precisazioni da fare.
Tra i 178 volontari sottoposti a esami più specifici, circa 33 hanno rivelato la presenza di placche betamiloidi, ma se è vero che tutti i malati di Alzheimer hanno la sostanza beta amiloide, non tutte le persone con sostanza beta amiloide sviluppano la malattia.
Attenzione al passo rallentato
Tra i tanti movimenti involontari analizzati dallo studio statunitense, l'unico su cui esiste una buona dose di certezza sul fatto che possa con grande probabilità annunciare in anticipo il sopraggiungere di Alzheimer e demenza è il passo rallentato.
Iniziare a camminare a una velocità decisamente ridotta rispetto al solito può infatti far presagire un degrado cognitivo. A sostenerlo era già stato un paio di anni fa uno studio italo-svedese pubblicato su Experimental Gerontology, o meglio una revisione tra 39 studi che ha coinvolto quasi 58.000 persone. In 33 di queste ricerche era stata registrata una significativa associazione tra una camminata rallentata e problemi cognitivi, inclusi in certi casi demenza e Alzheimer. Dallo stesso studio era però emersa anche una notizia positiva, ovvero che in un terzo dei casi il deficit cognitivo non si aggraverebbe, anzi con il tempo potrebbe anche sparire.