Osteoporosi: individuato il meccanismo cellulare possibile responsabile dell'indebolimento osseo

Introduzione
Importante novità nel campo della ricerca per quanto riguarda l'osteoporosi.
All'Università della Pennsylvania, infatti, un gruppo di ricercatori, a seguito di uno studio effettuato sui topi, ha individuato un gruppo di cellule che sarebbe responsabile della disgregazione dell'osso tipica della patologia.
Questa scoperta, se confermata anche da successivi studi effettuati sugli uomini, potrebbe segnare un punto di svolta nella cura dell'osteoporosi. L'ipotesi è che agendo sulle cellule individuate attraverso questo studio sui topi,in futuro possano essere messe in campo nuove terapie per bloccare o rallentare la loro azione e, di conseguenza, il fenomeno di perdita di massa ossea.
Cos'è l'osteoporosi
L'osteoporosi è una malattia cronica che si manifesta soprattutto con l'avanzare dell'età.
Caratterizzata dalla fragilità e dal deterioramento della micro architettura del tessuto osseo, aumenta il rischio di traumi e fratture, soprattutto di femore, polso, omero, vertebre e caviglia.
Più colpite le donne
Esistono due tipi principali di osteoporosi: una detta primitiva, che è la più diffusa e interessa le donne in post-menopausa o gli anziani in generale, ed una secondaria, che invece può colpire soggetti di qualsiasi età affetti da malattie croniche o in terapia con farmaci che direttamente o indirettamente influenzano negativamente la salute scheletrica.
Per quanto riguarda la prima tipologia, si stima che in Italia colpisca una donna su 3 che abbia superato i 50 anni (circa 5.000.000 di persone) e un uomo su 8 oltre i 60 anni (circa 1.000.000 di persone).
Come si sviluppa
Normalmente e in qualunque fase della vita, l'osso va incontro ad un processo fisiologico di rimodellamento, durante il quale il tessuto vecchio e danneggiato viene rimosso ad opera degli osteoclasti e quello nuovo riformato per merito degli osteoblasti.
Man mano che passano gli anni, l'attività degli osteoclasti aumenta rispetto a quella degli osteoblasti e questo genera una naturale perdita di massa ossea.
Quando questa perdita si acutizza ulteriormente e il riassorbimento osseo diventa nettamente maggiore della sua formazione, compare l'osteoporosi.
Il nuovo studio
La ricerca condotta sui topi dai ricercatori statunitensi si è concentrata soprattutto su alcune cellule chiamate Malp che, nel processo che porta le ossa a mutare nel tempo, giocano un ruolo fondamentale.
I risultati hanno evidenziato che sarebbero proprio alcuni meccanismi difettosi interni a questo processo a determinare la disgregazione ossea che poi, a loro volta, causano l'insorgere dell'osteoporosi.
Le conoscenze prima della nuova scoperta
Antecedentemente a questa scoperta dalle prospettive rivoluzionarie, gli scienziati erano a già conoscenza del fatto che l'equilibrio tra osteoclasti e osteoblasti rappresentasse l'aspetto attorno al quale ruota l'intero processo di mantenimento di un un osso sano.
A fronte di queste conoscenze di base, l'aspetto che fino a poco tempo fa era rimasto oscuro ai ricercatori era cosa determinasse la variazione degli osteoclasti e il loro diventare iperattivi e disgregare l'osso prima ancora che potesse riformarsi, e quale fosse il ruolo ricoperto delle cellule malp in questo processo.
Cercando di capirlo, il gruppo di lavoro, a marzo 2020 aveva compiuto il primo passo, dimostrando come questi precursori fossero in grado di produrre la proteina Rankl, considerata essenziale per la formazione degli osteoclasti.
Le fasi della ricerca
Partendo da quei risultati, è poi partito uno studio più approfondito su roditori che presentassero carenze di Rankl nelle proprie cellule Malp.
Al termine è emerso che i roditori, raggiunto il mese di vita, avessero densità superiore nei componenti spugnosi delle ossa lunghe come il femore, in una quantità variabile dal 60 al 100%. Una scoperta significativa visto che si tratta di un aumento molto importante rispetto a quella che normalmente è la massa ossea di un topo.
Nello step successivo i ricercatori hanno quindi identificato nelle malp e nella loro secrezione della proteina Rankl, i fattori scatenanti che regolano la funzione di assorbimento dell'osso svolta dagli osteoclasti.
I futuri sviluppi
«Aver messo in luce questi nuovi meccanismi cellulari e molecolari che controllano il ricambio dell'osso potrà permettere in futuro di affinare le terapie già esistenti o svilupparne di nuove», spiega Link Qin, professore di chirurgia ortopedica a capo del team dello studio, pubblicato anche sulla rivista Journal of Clinic Investigation.
«Se la secrezione di Rankl potesse essere disattivata, questo potrebbe aiutare a riequilibrare il processo di rimodellamento osseo in chi soffre di osteoporosi, permettendo agli osteoblasti di rimettersi al passo con gli osteoclasti», continua Link Qin, spianando di fatto il terreno a possibili avanzamenti in campo terapeutico.
La strada è ancora lunga perché dai topi la sperimentazione deve trasferirsi agli esseri umani e lì esserne confermata la validità, ma se così fosse lo scenario terapeutico nel campo dell'osteoporosi potrebbe davvero cambiare.
Qualora i risultati venissero acclarati, infatti, la speranza dei ricercatori è che sia possibile sfruttare alcune tecniche avanzate come l'editing genetico per regolare e controllare il comportamento delle cellule, in modo da bloccare il processo di perdita di massa ossea.