Linfoadenomegalia: cos'è e cosa fare in caso di linfonodi ingrossati

Linfoadenomegalia: cos'è e cosa fare in caso di linfonodi ingrossati
Ultima modifica 28.02.2022
INDICE
  1. Introduzione
  2. Linfoadenomegalia: cos'è?
  3. Linfoadenomegalia: cause e sintomi
  4. Come viene diagnosticata la Linfoadenomegalia

Introduzione

Il sistema linfatico è composto dai vasi linfatici, dai capillari e dai linfonodi. I linfonodi in modo particolare si rivelano spesso fondamentali a livello diagnostico, sia per l'individuazione di tumori, di cui sono sentinella, sia per valutare la presenza di infezioni virali o batteriche. Va specificato che i linfonodi ingrossati generalmente indicano la presenza di un'infezione batterica o virale, che viene trattata con terapia antinfiammatoria o antibiotica, e solo raramente possono essere correlati alla presenza di una patologia autoimmune o a una forma tumorale, da accertare mediante esecuzione di biopsia. In ogni caso, se l'ingrossamento del linfonodo persiste oltre le tre settimane, è fondamentale rivolgersi al proprio medico. 

Linfoadenomegalia: cos'è?

I linfonodi possono aumentare di volume (ingrossamento dei linfonodi), diventare dolenti o cambiare per forma, consistenza o rapporto con le strutture circostanti. In questo caso si parla di linfoadenomegalia linfoadenopatia. I linfonodi, o ghiandole linfatiche, sono circa 600 in tutto il corpo. Sono collocati nelle "giunture" del sistema linfatico, in superficie o in profondità, e raggruppati in zone specifiche come le ascelle, l'inguine, o in sede laterocervicale. In ogni piccola ghiandola viene racchiusa la linfa proveniente dai tessuti, in grado di trasportare anche agenti patogeni che vengono così identificati ed eliminati dai globuli bianchi. Da qui, la fondamentale importanza per il sistema immunitario dei linfonodi. In condizioni normali i linfonodi superficiali non sono palpabili o comunque sono appena apprezzabili. In caso di infiammazione o infezione, invece, sono sia visibili ad occhio nudo che palpabili; a volte anche dolenti con o senza tatto. 

Sistema Linfatico

Il sistema linfatico fa parte del nostro sistema immunitario, ed è composto da vasi e capillari che trasportano all'interno del corpo i globuli bianchi, contenuti a loro volta nella linfa che viene drenata dai tessuti.

Linfoadenomegalia: cause e sintomi

I linfonodi in determinati casi possono ingrossarsi: in questo caso parliamo di linfoadenomegalia, una condizione che è conseguenza di diverse patologie, tra cui infezioni e stati infiammatori acuti o cronici (come la tonsillite batterica, che provoca l'ingrossamento dei linfonodi del collo, o infezioni da citomegalovirus o da virus di Epstein Barr). I linfonodi, al tatto, in questi casi sono solitamente morbidi, e possono essere dolenti. La cute sovrastante può essere arrossata, specie nelle linfoadeniti e nelle forme suppurative (infezioni purulente) può esserci secrezione di pus. Possono manifestarsi anche vari sintomi correlati quali febbre, anemia e manifestazioni emorragiche.

La linfoadenomegalia o linfoadenopatia può essere di natura benigna maligna. Se benigna, è detta anche linfoadenite, ed è un infiammazione o infezione acuta o cronica. Le linfoadenopatie maligne rappresentano, invece, la localizzazione linfonodale di un tumore ematologico come i linfomi oppure la metastasi di un tumore solido primitivo (tumore del polmone, della mammella, dello stomaco, melanoma, etc.). 

 

Come viene diagnosticata la Linfoadenomegalia

Autoanalisi e consulto medico possono essere determinanti in caso di linfoadenomegalia. In base alla sede in cui si trovano i linfonodi è più facile accorgersi in autonomia di un probabile ingrossamento degli stessi. Il classico esempio è quello di una linfoadenomegalia ai linfonodi del collo: basta guardarsi allo specchio o passare le mani lavandosi, per rilevare l'aumento di dimensioni del linfonodo. Anche nella zona ascellare o inguinale, i linfonodi sono abbastanza palpabili. Ma in questo caso molto dipende anche dallo strato adiposo di ogni singolo soggetto. Quando uno o più linfonodi aumentano di volume, e tale condizione persiste, è consigliabile rivolgersi al proprio medico di base che saprà effettuare valutazioni cliniche, ed eventualmente richiedere esami diagnostici.

Per la diagnosi risultano fondamentali la sede e modalità di comparsa, nonchè l'evoluzione del linfonodo, come la velocità di aumento di volume, e se si è in presenza di altri sintomi come febbre o fattori di rischio come patologie correlate. Nella maggior parte dei casi il percorso diagnostico prosegue con accertamenti strumentali. L'ecografia è il principale esame diagnostico: è in grado di confermare la natura linfondodale della tumefazione e di riconoscere eventuali alterazioni del tessuto linfatico sospette per malignità. Gli esami ematochimici e sierologici, invece, possono evidenziare infezioni e stati infiammatori e infiammazione, nonchè cause di origine virale o batterica. La biopsia linfonodale, tuttavia, risulta l'esame più preciso per identificare la natura linfonodale.

Il trattamento delle linfoadenopatie è generalmente basato sull'assunzione di antinfiammatoriantidolorifici. Le linfoadeniti batteriche richiedono una terapia antibiotica, a volte chirurgica, in caso di drenaggio dell'ascesso.

La malignità della tumefazione linfonodale dipende dalla localizzazione del linfonodo? In linea di massimo la risposta è negativa, ma spesso la sede della linfoadenomegalia viene correlata al rischio di malignità.

  • Basso rischio di malignità: linfoadenopatie occipitali (infezioni cutanee, punture di insetti, toxoplasmosi e mononucleosi); retroauricolari, sottomandibolare e laterocervicale.
  • Rischio di malignità: localizzazione sovraclaveare e ascellare, soprattutto se di dimensioni maggiori di 1 cm possono risultare sospetti. La linfoademegalia, in questi casi, non deve superare i 20 giorni.