Ultima modifica 20.09.2019

Generalità

Le calcificazioni sono delle alterazioni del seno correlabili alla presenza di una patologia che, a seconda dei casi, può essere benigna o maligna. Queste lesioni sono il risultato del deposito di sali di calcio nel tessuto mammario e - per il loro marcato contrasto ai raggi X - sono visualizzabili mediante la mammografia.
Calcificazioni senoLe calcificazioni al seno possono essere benigne, sospette o maligne; questa distinzione viene effettuata in funzione delle loro caratteristiche all'esame mammografico, tenendo in considerazione alcuni parametri clinici (morfologia, grandezza, numero e distribuzione).
Di solito, le calcificazioni mammarie di aspetto benigno sono isolate e rotonde, mentre quelle di conformazione maligna sono eterogenee per forma e densità, raggruppate e pleomorfe.
I depositi di sali di calcio sono spesso correlati ad alterazioni benigne del tessuto mammario e, nella maggior parte dei casi, non sono pericolosi. Talvolta, però, le microcalcificazioni (cioè le opacità di piccole dimensioni) possono diventare dei segnali di allarme pre-tumorali: il 30% circa delle neoplasie maligne del seno viene diagnosticato solamente grazie alla presenza di queste alterazioni.
Quando le calcificazioni al seno hanno caratteristiche di benignità certa si prosegue con i normali controlli mammografici annuali; se sono presenti elementi di dubbio diagnostico, invece, occorre procedere alla biopsia per la definizione istologica.

Cosa sono?

Le calcificazioni mammarie sono depositi di sali di calcio. Queste lesioni sono indolori e, generalmente, non palpabili.

La tecnica più appropriata per la loro visualizzazione è la mammografia: le calcificazioni del seno sono facilmente riscontrabili per il loro contrasto radiografico rispetto ai tessuti mammari.
Questi piccoli depositi minerali si possono osservare sia nella mammella normale, che in quella patologica. Per tale motivo, le loro caratteristiche devono essere accuratamente analizzate.

Esami

Come si possono identificare?

Le alterazioni della densità della ghiandola mammaria possono essere identificate alla palpazione dal clinico esperto (se la lesione è localizzata superficialmente e presenta un diametro di almeno 1 cm) o mediante la diagnostica per immagini.
Il loro riscontro è possibile soprattutto nel corso dell'esame mammografico, indagine di routine utile per la diagnosi precoce del tumore del seno. La mammografia, infatti, può identificare le piccole anomalie della densità ghiandolare (inferiori al 1 cm di diametro), anche se localizzate in sedi più profonde.
Al momento della diagnosi, le calcificazioni al seno devono essere descritte con precisi criteri:

  • Morfologia: forma, margini, contorni e dimensioni;
  • Localizzazione all'interno della ghiandola mammaria;
  • Rapporti con i tessuti circostanti.

Dal punto di vista mammografico, le calcificazioni mammarie possono essere un reperto isolato o associarsi alla presenza di noduli o distorsioni parenchimali. Oltre a tali anomalie, è possibile riscontrare anche dilatazione dei dotti, linfonodi aumentati di volume, ispessimento o retrazione del profilo cutaneo e modificazioni dell'areola.
Per quanto riguarda la diagnosi, è importante valutare la loro evoluzione nel tempo, confrontando le mammografie con quelle degli anni precedenti.

Significato patologico

Le calcificazioni al seno possono indicare situazioni benigne, riscontrabili, ad esempio, nell'infiammazione dei dotti galattofori (galattoforiti) oppure in un normale processo di invecchiamento della ghiandola mammaria. Queste lesioni non sono, quindi, necessariamente, l'espressione di un processo tumorale.
In alcuni casi, però, le calcificazioni al seno possono diventare l'indice di un'area della ghiandola mammaria in corso di alterazione; in tal senso, rappresentano la spia di allarme per una neoplasia, su cui intervenire al più presto dal punto di vista terapeutico.
Calcificazioni benigne maligneLe calcificazioni hanno caratteristiche morfologiche diverse a seconda della loro origine, per cui devono essere valutati con particolare attenzione tutti i parametri (forma, densità, numero e distribuzione nella ghiandola mammaria) che permettono di trarre indicazioni sulla loro natura benigna o meno.
In linea generale, le formazioni grandi, tondeggianti e sparse sono più comuni nelle patologie della mammella di natura benigna, mentre le opacità di piccole dimensioni “a limatura di ferro” sono maggiormente associate ai processi neoplastici.
Per quanto riguarda il carcinoma mammario, il quadro patologico più significativo è rappresentato da noduli tondeggianti dai contorni irregolari e margini sfumati, spesso associati a microcalcificazioni.

Calcificazioni benigne

Come abbiamo visto, il principale criterio utilizzato per differenziare le calcificazioni di tipo benigno da quelle di tipo maligno è rappresentato dalle dimensioni. Le opacità da depositi di sali di calcio tendono, inoltre, a presentare margini regolari e densità omogenea.
Nei fibroadenomi, si riscontrano tipicamente e comunemente calcificazioni grossolane e del diametro di alcuni millimetri, definite “a carta geografica” o “a pop corn”. Altri depositi minerali di discrete dimensioni si possono riscontrare sulle pareti di cisti o nelle sedi di processi di necrosi cellulare (assolutamente innocui) conseguenti a traumi al tessuto mammario, interventi chirurgici o pregresse infiammazioni. Le calcificazioni al seno possono essere, inoltre, un risultato dell'invecchiamento: queste lesioni dipendono al deposito di grasso e di sali di calcio nel tessuto mammario.
Microcalcificazioni benigneCalcificazioni mammarie benigne sono anche quelle vascolari (depositi di calcio nelle arterie o nelle vene all'interno del seno), allungate su due linee parallele o ad anello rispetto al lume del vaso.
Di comune riscontro è la comparsa di calcificazioni del seno dopo la terapia radiante. Inoltre, occorre segnalare che i pigmenti dei tatuaggi, i residui di deodorante e certi cosmetici sono spesso radioopachi e, talvolta, possono simulare la presenza di una calcificazioni di natura benigna.

Microcalcificazioni maligne

Tra le cause delle calcificazioni al seno rientrano i processi patologici associati alla proliferazione di cellule all'interno dei dotti galattofori, nei suoi diversi gradi di evoluzione (dall'iperplasia più o meno atipica, alle neoplasie intraduttali, fino ai carcinomi duttali infiltranti veri e propri).
La forma e la distribuzione delle microcalcificazioni consentono di trarre indicazioni sulla possibile presenza di una precancerosi o di un carcinoma mammario. Nella patologia neoplastica, i depositi minerali rilevati con la mammografia sono apprezzabili in circa il 30% dei carcinomi.
Tali formazioni si possono riscontrare nell'ambito di un nodulo o in prossimità di questo. In qualche caso, inoltre, le microcalcificazioni sono le uniche anomalie che possono indicare la presenza di un tumore.
Tali lesioni hanno, in genere, una grandezza che oscilla tra 0,1 mm e 0,5 mm: le dimensioni sono, tuttavia, estremamente variabili e influenzabili dalla patologia mammaria in corso. In alcuni carcinomi, come quello duttale, infatti, i depositi minerali possono essere lineari e più grandi.
Le microcalcificazioni al seno dubbie o sospette per una patologia maligna (granulari, lineari o ramificate) devono essere studiate con ingrandimento radiografico diretto.


Importanza della diagnosi precoce

Il riscontro delle calcificazioni al seno con la mammografia, prima che la patologia oncologica si manifesti clinicamente, è molto importante. L'asportazione di questi tessuti neoplastici in fase iniziale, molto spesso ancora non invasiva, impedisce lo sviluppo di un tumore più serio e pericoloso.
La mammografia può essere poi completata, a seconda dei casi, anche dall'ecografia che non è, tuttavia, in grado di identificare le microcalcificazioni, visibili unicamente con la mammografia. D'altra parte, l'ecografia mammaria, è capace di rilevare piccole formazioni nodulari che possono risultare invisibili all'esame mammografico. Per questo motivo, i due esami sono considerati complementari.

Caratteristiche e diagnosi differenziale

Quando viene eseguita una mammografia, si valuta con particolare attenzione una serie di aspetti relativi alle calcificazioni, come la forma, la densità, il numero e la distribuzione: questi parametri permettono al radiologo e al senologo di trarre delle informazioni utili sui piccoli depositi minerali e di definire la benignità o meno della situazione.

Forma

Le calcificazioni al seno possono risultare:

  • Irregolari (sospette);
  • Rotonde (più comuni in patologia benigna);
  • Granulari o pulverulente (sospette);
  • Di aspetto puntiforme;
  • Lineari, a bastoncello e ramificate (sospette);

La forma irregolare risulta essere quella più significativa, in quanto ha un valore predittivo elevato (pari a circa l'80% dei casi) dei carcinomi con microcalcificazioni. Destano meno preoccupazione, invece, i depositi minerali tondeggianti e sparsi nel tessuto mammario, che spesso sono il residuo di passate mastitipuerperali .

Distribuzione

La distribuzione delle calcificazioni ha un ruolo importante nella diagnosi clinica. Le lesioni più sospette sono le microcalcificazioni ammassate o “a limatura di ferro”, che hanno una forma irregolare e si concentrano nei dotti galattofori.
Lesioni anche molto piccole, ma distribuite su tutto l'ambito ghiandolare o in settori estesi della ghiandola, non raggruppate tra loro, soprattutto se bilaterali, sono generalmente benigne.

Numero

Calcificazioni del seno numerose e localizzate in un'area ristretta del parenchima mammario possono avere un significato prognostico di tipo neoplastico.

Densità

La densità delle calcificazioni del seno è generalmente elevata, ma può variare da una lesione ad un'altra.

Approfondimenti diagnostici

Se nel corso della mammografia sono riscontrate delle calcificazioni, il medico (radiologo) può indicare l'esecuzione di accertamenti più approfonditi, al fine di escludere gli eventuali dubbi diagnostici e avere il responso più preciso possibile.
In presenza di alterazioni sospette, diviene quindi necessario il prelievo con biopsia mammaria, per definire la natura e le caratteristiche istopatologiche della lesione.

  • Le calcificazioni al seno che risultano di natura benigna, non richiedono generalmente alcun tipo di approfondimento, ma è consigliabile eseguire, una volta all'anno, una mammografia di controllo.
  • Se vengono trovate delle microcalcificazioni mammarie lievemente anomale, queste possono essere classificate come “probabilmente benigne”. Per la corretta definizione della condizione patologica, una lieve atipia può rendere necessari ulteriori esami. Le calcificazioni al seno “probabilmente benigne” in circa il 98% dei casi sono innocue. Tipicamente, per queste lesioni viene indicato un follow-up con mammografia ogni sei mesi, per almeno un anno, allo scopo di monitorare che non stiano avvenendo modifiche a carico del tessuto.
  • Se questi depositi sono irregolari in forma o dimensione o risultano strettamente attaccati al tessuto mammario, possono suggerire il sospetto che si tratti di manifestazioni iniziali di un tumore, spesso “in situ” (non invasivo); in questi casi, è necessario eseguire indagini più approfondite. Di solito, viene indicato un prelievo istologico mediante una biopsia stereotassica o chirurgica, con localizzazione preoperatoria radiologica. I campioni di tessuto contenenti le microcalcificazioni così raccolti sono, quindi, analizzati al microscopio dallo specialista in anatomia patologica, che provvederà alla valutazione completa dell'istotipo, del grado di differenziazione della lesione e, qualora si renda necessario, delle caratteristiche funzionali mediante reazioni antigene-anticorpo con metodiche di immunoistochimica. In alcuni casi, i tessuti possono essere oggetto di studi molecolari.

Se nella quantità di tessuto mammario contenente la calcificazione viene confermata la presenza di cellule tumorali, il medico può predisporre l'intervento chirurgico più appropriato al caso per eliminare i tessuti neoplastici residui.


Autore

Giulia Bertelli

Giulia Bertelli

Biotecnologa Medico-Farmaceutica
Laureata in Biotecnologie Medico-Farmaceutiche, ha prestato attività lavorativa in qualità di Addetto alla Ricerca e Sviluppo in aziende di Integratori Alimentari e Alimenti Dietetici