Bambino terribile - Seconda parte

Ultima modifica 01.09.2017

Ruolo dei Genitori

Cosa impedisce ad alcuni genitori di esserlo veramente?

L'affascinante paradosso dell'educazione è che per far sviluppare bisogna limitare. Il bambino ha maggior possibilità di sviluppo rispetto all'adulto ma, per diventarlo, bisogna che qualcuno lo indirizzi e limiti le sue possibilità. Se nessuno sceglie per lui, la crescita diventa anarchica. Educare significa scegliere per conto di chi ancora non può farlo, ed il compito sarà finito quando il bambino potrà farlo per conto suo: solo allora si sarà raggiunto il primo obiettivo dell'educazione, cioè il poter fare a meno dell'educatore. Chi non è in grado di avere un ruolo come genitore-educatore (anche se qui sono implicati tutti gli educatori) è destinato al fallimento perché, anziché favorire l'autonomia del proprio figlio, ne aumenterà la dipendenza da lui stesso, dagli altri, dal gruppo.

Cause

Quali sono le possibili cause della distorsione educativa che conduce al "bambino terribile"?

Il bambino necessita di una guida costante che sappia contenere, indirizzare ed ordinare le sue spinte positive, ma disarmoniche. Purtroppo, a volte interviene la comodità: è molto più facile, per un genitore poco impegnato, il "lasciar fare" al figlio piuttosto che la responsabilità di una scelta od il dispiacere di un no.
Altre volte, invece, subentra il senso di colpa che i genitori, specie le madri, provano nei confronti dei figli a causa degli impegni lavorativi e sociali che sottraggono tempo dedicato a loro. Nei momenti in cui sono insieme tendono a rifondere il loro bambino come se fossero in debito di qualcosa e, naturalmente, sono più disposti a tollerare atteggiamenti sbagliati ed a colmarlo di oggetti più che di una relazione.
Un altro aspetto importante, di tipo sociale, è la crisi generalizzata dei valori che colpisce tutti gli strati. È comprensibile pensare ad un genitore frastornato da "categorie" entro le quali non sa ritrovare più princìpi validi da trasmettere: "cosa insegnare ad un bambino se io stesso genitore non so più in che cosa credere?".
Infine, molto importante è anche la coerenza dell'educatore: anche quando i princìpi da trasmettere ci sono, per farlo e perché rimangano stabili ci vuole l'esempio. I bambini hanno una logica elementare ma ferrea: per esempio, se un genitore passa col rosso, il bambino pensa: "le regole non esistono, oppure esistono solo per gli altri, e se gli altri non le rispettano io mi posso arrabbiare con loro senza riflettere su di me".

Bambino terribile dal punto di vista della psicologia

Il problema del bambino terribile può essere ricondotto, psicologicamente parlando, ai cosiddetti "vissuti implicati nell'itinerario educativo", che in questo caso sono tre: il vissuto della "separazione", quello della "creazione" e quello della "gratitudine".


Vissuto della separazione: si è detto che educare significa fare in modo che l'educando (il figlio), quando è avvenuto il processo educativo, possa fare a meno dell'educatore (genitore). Questo passaggio è molto difficile da gestire internamente alla psiche del genitore, perché ha a che fare con una separazione. Può capitare quindi che lo stesso genitore interferisca sul processo educativo, perché egli corre il rischio di interpretare le conquiste, le curiosità, i tentativi di autonomia del bambino come attentati, allontanamenti affettivi da sé e, più o meno consciamente, cercherà di circoscriverli, limitarli o perfino abolirli. Il risultato è che, senza l'elaborazione individuale di questi conflitti, si arriva all'educazione alla dipendenza invece che all'autonomia, vero obiettivo di ogni tipo di educazione.


Vissuto della creazione: educare significa estrarre dal bambino quello che già c'è, potenziarlo ed insegnargli a gestirselo; la tentazione di "creare un figlio a propria immagine e somiglianza" è fortissima, specie per un genitore insicuro, meno aperto, quindi meno incline a mettersi in discussione per non compromettere le proprie certezze. Il risultato è l'educazione all'intolleranza verso ogni novità, che viene vissuta sempre come pericolosa, invece che come curiosità sia emotiva che intellettuale.


Vissuto della gratitudine: educare significa non avere diritto all'amore per tutto il tempo in cui dura il processo educativo, poiché non si può amare ciò di cui si ha bisogno, ma si ama solo ciò che si sceglie per desiderio e non per bisogno. Il genitore ha il dovere di amare il proprio figlio, perché si presume che lo abbia scelto, mentre il bambino ha il diritto di essere amato ma non il dovere di amare finchè non sarà lui a scegliere i suoi genitori, una volta educato. Una distorsione di questo concetto comporta la possibilità del ricatto affettivo: "se non mi ascolti e non fai quello che dico vuol dire che non mi vuoi bene mentre io non so più cosa fare perché te ne voglio tanto". Il risultato di questo conflitto, se irrisolto o confuso, è l'educazione all'affetto come merce: "se mi ubbidisci ti regalo qualcosa" e, dall'altra parte, "esigo un regalo per fare quello che devo". Tutto questo viene chiamato e scambiato per amore.

 


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