Sintomi Comportamentali
Chi è il Bambino Terribile?
Si tratta di un bambino che fa "quello che vuole lui": non ubbidisce ai genitori, li tiranneggia e li ricatta continuamente, li provoca opponendo sempre un rifiuto ai loro inviti od ai loro ordini, con modalità che vanno dal semplice fermissimo diniego (dice di no), alle scenate isteriche se si trova tra la gente: nei negozi, per esempio, piange, pesta i piedi, si rotola per terra, tanto che i genitori si sentono costretti ad accontentarlo per non fare brutte figure.
Lo stesso bambino terribile, a volte, in assenza dei genitori, si comporta rispettando le regole ed i limiti che gli vengono imposti ed attirandosi le simpatie di tutti; altre volte, invece, si comporta male anche in assenza dei genitori, tanto che nessuno lo vuole più tenere e tutti cercano di evitarlo. Con i compagni, specie se più piccoli di lui, vuole sempre fare il leader e se gli altri non lo seguono li aggredisce oppure si isola e non partecipa al gioco ed all'interazione sociale.
Questo tipo di comportamento si evidenzia soprattutto dopo i due anni, ma in alcuni casi può essere talmente grave da manifestarsi anche prima di un anno.
A scuola il bambino terribile si comporta come una presenza negativa, disturbando i compagni e disinteressandosi a ciò che viene insegnato. Il tutto si complica ulteriormente in preadolescenza ed oltre, perché diventa più asociale.
I genitori dicono di aver provato di tutto: dalle buone alle cattive, ma che nulla è servito. Si sentono delegittimati e spesso arrivano a consultare lo psichiatra infantile su pressione della scuola, che ripetutamente ha insistito sulla necessità di fare qualcosa.
Esistono anche delle realtà meno gravi, però tutte hanno come denominatore comune l'impotenza dei genitori di fronte a un bambino o ad un ragazzo che è sempre insensibile ai loro richiami e che mostra una sorta di indifferenza alle regole, anche le più banali, accompagnata da una certa propensione a provocare continuamente genitori e talvolta insegnanti.
Il fenomeno è largamente diffuso, poiché alla conoscenza dello psichiatra vengono soltanto i casi limite, che raggiungono la soglia dell'intollerabilità, ma restano sconosciuti tutti quelli che, in un modo o nell'altro, vengono tollerati o ritenuti normali.
Tra questi si devono includere quelle situazioni che vengono ritenute anormali da qualsiasi osservatore esterno ma che invece vengono tollerate dai genitori, che trovano più comodo "chiudere un occhio" oppure giustificare continuamente il proprio figlio attribuendo sempre agli altri, all'ambiente, la responsabilità di ciò che avviene, senza voler vedere la verità.
Cause
Cos'è che fa diventare il bambino "terribile"?
Per tentare di spiegare le cause di questo quadro bisogna tornare ai primi periodi di sviluppo del bambino (ontogenesi): egli, appena nato, viene da un mondo, quello dell'utero, in cui non esisteva il bisogno, in cui tutto veniva regolato automaticamente e, proprio per questo, non esiste nemmeno il pensiero.
Al termine della gravidanza il bambino viene espulso da questa situazione ed entra in un'altra in cui invece è il bisogno a prevalere. Questo evento traumatico è tuttavia indispensabile per avviare i processi che porteranno alla cosiddetta "nascita psicologica", momento in cui egli saprà di esistere ed avrà coscienza della propria individualità. Questo tragitto viene definito "gravidanza al di fuori dell'utero", perché dura all'incirca lo stesso tempo della gravidanza (8-9 mesi). La madre gratifica i bisogni del figlio ed in questo modo gli permette di sviluppare la sua identità.
Il processo avviene in maniera naturale, ed è connesso alla sintonia che si realizza tra i due: il bambino prova un disagio, una mancanza, anche se non sa di cosa abbia bisogno esattamente, la madre lo interpreta e fornisce la gratificazione adeguata. A questo punto il bambino ha vissuto un'esperienza positiva e può cominciare a riutilizzarla quando ne abbia ancora bisogno, ma ha anche trovato un nome a quel disagio (per esempio, se quel disagio si placa con il cibo, allora il suo nome è fame).
Attraverso questo processo fondamentale nasce il pensiero e, siccome viene ripetuto continuamente, si forma poco per volta la sensazione del sé attraverso la conoscenza dei propri bisogni, purchè essi siano gratificanti. Da questo momento in poi inizia la vera e propria vita psichica basata sul desiderio e non più sul bisogno. Il bisogno fa nascere il pensiero, ma per farlo sviluppare ci vuole il passaggio al desiderio, che è un atto creativo.
Quindi, per far nascere la psiche, bisogna che il bambino venga soddisfatto nelle sue esigenze primarie; le frustrazioni sono perciò inutili e dannose perché ritardano questo processo. Naturalmente è inevitabile che ce ne siano, perché nessuna madre può essere sempre così vigile ed attenta da evitarle tutte, però è della massima importanza che, nell'arco dei primi 6-9 mesi, il bilancio sia spostato a favore della gratificazione. A questo punto, l'avvenuta presa di coscienza di sé rappresenta la soluzione di continuità tra il mondo della gratificazione, dove prevale la soddisfazione del piacere, ed il mondo dell'equilibrio tra frustrazione e gratificazione, dove prevale la realtà.
È proprio qui il momento in cui il no acquista un valore strutturante perché obbliga il bambino a studiare ed applicare nuove tattiche e strategie per ottenere ciò che desidera, ed è anche in questa fase che spesso, per errore, il no non arriva dai genitori ed il bambino continua ad essere accontentato senza subire mai un divieto che lo faccia incontrare con la realtà della frustrazione. Il risultato è la non evoluzione del desiderio, perché non ha più nulla da desiderare. Manca lo spazio dell'attesa, e il bambino terribile diventa sempre più onnipotente, chiuso all'interno di un guscio protettivo.