
Aifa autorizza gli anticorpi monoclonali
In Italia è arrivato il via libera all'utilizzo degli anticorpi monoclonali, considerati dalla comunità scientifica un vero e proprio salvavita in grado di dare una efficace risposta contro la pandemia di Covid-19. I pazienti che potrebbero avere la priorità di trattamento sono anziani, con patologie pregresse, nelle prime fasi dell'infezione. A comunicarlo è stata la Commissione tecnico scientifica dell'Aifa, che ha espresso parere favorevole in merito all'uso di due anticorpi monoclonali, seppur con alcune precise limitazioni in linea con quelle del Canada e dell'Fda negli Stati Uniti. Stando alle linee di indirizzo, gli anticorpi monoclonali potranno essere somministrati, in fase precoce, a una categoria circoscritta di pazienti ad alto rischio di evoluzione della malattia Covid-19. I farmaci approvati sono quelli prodotti da Regeneron e da Eli Lilly. Il protocollo prevede che la sperimentazione sia rappresentata da anticorpi monoclonali in fase avanzata di sviluppo clinico e dovrà includere almeno due prodotti: bamlanivimab (Eli Lilly) e casirivimab/imdevimab (Regeneron). Con l'applicazione dei monoclonali nelle terapie si riducono le ospedalizzazioni e si migliorano i risultati clinici, dando la possibilità di portare avanti la campagna vaccinale con maggior serenità in merito a tempi e flessibilità.
Anticorpi monoclonali: cosa sono
Sono anticorpi generati da un unico clone - da qui il nome monoclonali- per avere a disposizione quantità di cellule tutte uguali. Vengono prodotti in laboratorio, ma sono derivati dal plasma donato dai guariti dal Covid-19. Possono essere replicati in quantità considerevoli grazie a tecniche di purificazione ed espansione.
- Anticorpi monoclonali nudi (ossia non coniugati ad altre molecole);
- Anticorpi monoclonali coniugati a farmaci o a isotopi radioattivi.
A quali malati sono destinati
Il loro campo di applicazione, nei malati di Covid-19, ha dato risultati altamente soddisfacenti soprattutto nei pazienti in cui l'infezione è in corso da pochi giorni, e non ospedalizzati. Il farmaco, infatti, dovrebbe essere somministrato nella fase precoce dell'infezione, dopo circa 72 ore, in una fase in cui la carica virale è ai livelli più alti, e deve essere combattuta e neutralizzata. L'obiettivo è quello di prevenire un andamento virulento della malattia, anticipando i sintomi più gravi. Il trattamento con questi antivirali potrebbe essere indicato per malati più a rischio di progressione negativa dell'infezione, quindi pazienti in età avanzata, valutando i casi in funzione delle condizioni del sistema immunitario o delle altre patologie presenti.
Come verranno somministrati
In fase di studio, gli anticorpi monoclonali sono stati pensati per il trattamento di pazienti con un'infezione lieve o moderata che si trovino in isolamento domiciliare, non ricoverati in ospedale. La somministrazione del farmaco, che avviene in un'unica infusione venosa, dovrà comunque essere praticata da personale medico sanitario specializzato. Alcuni di questi farmaci hanno dimostrato di poter ridurre il rischio ospedaliero anche del 70% se il trattamento viene eseguito nella fase iniziale della malattia.
Il costo del farmaco è molto elevato: un'infusione di anticorpi monoclonali costa dai 1.000 ai 2.000 euro. Una spesa che parebbe giustificata se si considera che questi farmaci possono essere una risposta efficace contro la carica virale e rendono chi li riceve immune e non più contagioso. La sperimentazione ha altresì mostrato come gli effetti collaterali gravi siano sovrapponibili a quelli del placebo, proprio per l'elevato profilo di sicurezza.
Sperimentazioni in UE e in Italia
Circa 600mila dosi sono state distribuite negli Stati Uniti. Anche in Germania, Israele e Ungheria si sta seguendo la medesima direzione. L'agenzia europea Ema non ha ancora rilasciato la certificazione ma è in fase di esamina dei risultati preliminari. Prima del via libera, deciso mercoledì a due anticorpi monoclonali, con alcune condizioni e per una categoria limitata di pazienti, Aifa, l'agenzia italiana del farmaco, aveva fatto un bando per la presentazione dei progetti (la scadenza è al 15 febbraio) per valutare se effettivamente questi farmaci possano essere una reale opzione terapeutica nelle fasi precoci della malattia.