Varianti SARS-CoV-2: le Mutazioni di Delta e Omicron

Le fonti consultate per la stesura di questo contenuto editoriale sono i siti ufficiali dell'OMS e del CDC, e articoli scientifici pubblicati su autervoli siti dedicati alla ricerca scientifica, quali Nature.com e il National Center for Biotechnology Information (NCBI).
Introduzione

Nel contesto dell'attuale pandemia di COVID-19, la comparsa e la diffusione nel Mondo di varianti del Nuovo Coronavirus SARS-CoV-2 hanno destato ulteriori preoccupazioni tra le persone dell'intero globo.
Tutti i virus, specialmente quelli a RNA come SARS-CoV-2, tendono continuamente a mutare il proprio materiale genetico per formare nuove varianti di sé stessi; questo comportamento trova giustificazione nel fatto che variare potrebbe conferire loro caratteristiche tali da migliorarne la sopravvivenza, la patogenicità, la trasmissibilità o la capacità di aggirare l'immunità acquisita (ottenuta da un'infezione precedente o tramite un vaccino).
Chiaramente, le varianti che scaturiscono dalla tendenza a mutare non sono sempre funzionali; molto spesso, anzi, il prodotto della mutazione non apporta particolari benefici.
Questo articolo si propone, fondamentalmente, di analizzare quali siano le mutazioni che caratterizzano le attuali varianti di SARS-CoV-2; per una migliore comprensione del contenuto, ovviamente, al suo interno, comprende anche un breve ripasso della struttura di riferimento del Nuovo Coronavirus.
Lo sapevi che…
Più un virus continua a circolare e maggiore è la probabilità che esso muti.
Struttura di SARS-CoV-2
Com’è Fatto SARS-CoV-2: Struttura, Genoma e Proteine

SARS-CoV-2 è un virus a RNA a singolo filamento positivo, dotato di pericapside (o envelope).
Il pericapside è una sorta di involucro posto attorno al capside di alcuni virus; esso è formato da fosfolipidi e glicoproteine.
SARS-CoV-2 possiede un genoma di 29.881 basi azotate, che codifica per 9.860 aminoacidi.
Questo genoma si suddivide in geni per proteine strutturali e geni per proteine non-strutturali.
I geni per le proteine strutturali codificano per la proteina spike (abbreviata in S), la proteina del pericapside (abbreviata in E, da envelope), la proteina di membrana (abbreviata in M) e la proteina del nucleocapside (abbreviata in N).
Come suggerisce il nome, le proteine strutturali concorrono a formare la struttura di SARS-CoV-2.
I geni per le proteine non-strutturali, invece, codificano per proteine, quali per esempio la proteasi simile alla 3-chimotripsina, la proteasi simile alla papaina o la RNA polimerasi RNA-dipendente, le cui funzioni sono regolare e dirigere i processi di replicazione e assemblaggio del virus.
Sebbene tutti gli elementi sopra elencati siano importanti, questo articolo si limita a rivedere le caratteristiche e il funzionamento della proteina spike, in quanto è la vera protagonista del tema in oggetto, ossia le varianti di SARS-CoV-2.
Lo sapevi che…
SARS-CoV-2 condivide circa l'82% del suo genoma con i coronavirus SARS-CoV (responsabile di SARS) e MERS-CoV (responsabile della sindrome respiratoria Medio-Orientale).
Proteina Spike
Struttura della Proteina Spike di SARS-CoV-2
La proteina spike (o proteina S) di SARS-CoV-2 (e di tutti i Coronavirus conosciuti) tappezza la superficie esterna del virus, formando quelle caratteristiche protuberanze che donano al Nuovo Coronavirus l'aspetto di una corona (da cui deriva, appunto, il termine "Coronavirus").
La proteina spike pesa 180-200 kDa (si legge kiloDalton) e si compone di 1.273 aminoacidi.
Spike è formata da due componenti aminoacidiche maggiori, chiamate subunità S1 (14-685) e subunità S2 (686-1.273):
- La subunità S1 ospita una sequenza di aminoacidi nota come RBD (acronimo inglese che sta per "Receptor Binding Domain", ossia dominio di legame al recettore), la quale è fondamentale per legare il virus alle cellule dell'ospite (ossia l'essere umano).
- La subunità S2, invece, è la sede di sequenze aminoacidiche (peptide di fusione, HR1, HR2, dominio transmembrana e dominio citoplasmatico), la cui funzione finale è favorire la fusione e l'ingresso del virus nelle cellule dell'ospite.
Allo stato nativo (cioè quando il virus non sta infettando nessuno), la proteina spike è in forma di precursore inattivo. Nel momento in cui il virus incontra un potenziale organismo da infettare, però, passa immediatamente a una forma attiva: a innescare il processo di attivazione sono le proteasi delle cellule bersaglio (quindi è l'ospite stesso ad attivarla!), le quali "spezzano" la spike e formano le subunità S1 e S2.
Come Funziona la Proteina Spike di SARS-CoV-2

Il funzionamento della proteina spike di SARS-CoV-2 è complesso; l'articolo in questione si propone di semplificarlo il più possibile, così che possa essere comprensibile ai lettori.
La proteina spike è fondamentale per avviare il processo di infezione dell'ospite; in altre parole, è l'arma che il Nuovo Coronavirus utilizza per provocare l'infezione nota come COVID-19.
Il processo d'infezione condotto da spike può suddividersi in due momenti:
- Il legame alla cellula ospite. È la fase in cui il virus aggredisce e si lega alle cellule dell'organismo che poi infetterà.
- La fusione della membrana virale (in sostanza del virus) con la membrana della cellula ospite. È la fase che permette al virus di introdursi nelle cellule dell'organismo infettato e diffondervi il suo genoma.
Legame alle cellule dell'ospite
La proteina spike effettua il legame alle cellule dell'ospite attraverso la sequenza RBD della subunità S1.
Gli studi scientifici hanno osservato che la sequenza RBD si lega alle cellule ospiti per mezzo di un'interazione con il recettore ACE2 posto sulla superficie della membrana plasmatica delle cellule stesse.
ACE2 è un enzima ed è omologo di ACE, la proteina deputata a convertire l'angiotensina 1-9.
Nell'essere umano, ACE2 è rinvenibile, principalmente, sulla superficie della membrana plasmatiche delle cellule di organi quali polmoni, intestino, cuore e reni.
Una volta che la subunità S1 si è legata ad ACE2, la proteina S comincia a cambiare conformazione; questo evento serve a favorire la fase di fusione e l'ingresso del virus nella cellula ospite.
Il legame ad ACE2 e il cambio conformazionale che ne deriva sono due aspetti fondamentali per la realizzazione del vaccino contro SARS-CoV-2 e per capire i meccanismi di antigenicità e di risposta immunitaria attuata dall'ospite.
C'è tuttavia un problema che bisogna considerare: mutazioni a carico della subunità S1 e, in particolare alla sequenza di RBD, potrebbero cambiare il modo con cui si sviluppa il cambio conformazionale; di conseguenza, questo potrebbe ripercuotersi sulle caratteristiche antigeniche e sull'efficacia dei vaccini.
Fusione alle Cellule dell'Ospite
La proteina spike attua la fusione del virus alla cellula ospite attraverso le sequenze aminoacidiche della subunità S2.
Il processo di fusione del virus avviene sull'onda del cambio conformazionale della proteina S indotto dal legame tra RBD e il recettore ACE2 dell'ospite: il cambio di conformazione di spike, infatti, avvicina la membrana virale alla membrana plasmatica della cellule ospite, fino all'interazione, alla fusione tra membrane e, infine, all'inglobamento del virus infettante.
Una volta che il genoma virale è all'interno della cellula ospite, il virus inizia la sua replicazione e il processo d'infezione può considerarsi completato.
Varianti SARS-CoV-2
Quali sono le Varianti di SARS-CoV-2?
A oggi, le varianti di SARS-CoV-2 che suscitano maggiori preoccupazioni sono tre: la variante inglese, la variante brasiliana e la variante sudafricana.
Tra gennaio e febbraio 2021, l'Italia (così come altri Paesi d'Europa) ha registrato casi di ciascuna delle variante suddette.
Variante Inglese di SARS-CoV-2
Verso la metà del mese di Dicembre 2020, le autorità del Regno Unito hanno segnalato all'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) l'isolamento di una variante di SARS-Co-V-2: si trattava di quella che oggi prende il nome di variante inglese (di SARS-CoV-2), ma che tra gli esperti è conosciuta con le sigle: B.1.1.7, VOC 202012/01 e 20I/501.V1.
Secondo le prime evidenze, la variante inglese di SARS-CoV-2 presenterebbe una maggiore trasmissibilità (trasmissione più rapida ed efficiente), ma non provocherebbe un'infezione più severa e non avrebbe un impatto sull'efficacia del vaccino (cioè i vaccini disponibili oggi proteggerebbero da questa variante).
Una ricerca molto recente (febbraio 2021), però, potrebbe smentire quanto appena affermato: sembra, infatti, che B.1.1.7 sia mutata ancora.
A conclusione, è da segnalare che da alcuni studi sulla variante inglese sono emersi dati a sostegno di una sua maggiore patogenicità; a riguardo, tuttavia, gli esperti concordano nel ritenere che servano ulteriori approfondimenti.
Per approfondire: Variante Inglese SARS-CoV-2Variante Brasiliana di SARS-CoV-2
La variante brasiliana di SARS-CoV-2 è conosciuta anche come P.1 o 20J/501Y.V3.
Il suo primo riconoscimento risale al mese di Dicembre 2020, dopo controlli di routine effettuati in Giappone, all'aeroporto di Haneda di Tokio, su quattro viaggiatori provenienti dal Brasile (da qui, l'espressione "variante brasiliana").
A dare la notizia del suo ritrovamento è stato l'Istituto Nazionale di Malattie Infettive (NIID) giapponese.
Gli studi condotti finora suggeriscono che la variante brasiliana possieda una maggiore trasmissibilità; inoltre, pare che presenti anche un diverso profilo antigenico, il che è causa di grandi timori: significa infatti che gli anticorpi prodotti in seguito alle infezioni precedenti alla comparsa di P.1 o quelli generati dopo le vaccinazioni anti COVID-19 attualmente disponibili non sono in grado di riconoscere e neutralizzare la variante brasiliana.
Una recente ricerca epidemiologica ha osservato che, in una regione del Brasile in cui un'alta percentuale di persone aveva già contratto SARS-CoV-2 nei mesi precedenti a Dicembre 2020, c'è stato un aumento alquanto anomalo del numero di casi verso la fine dell'anno 2020.
Questo evento ha indotto gli esperti a sospettare che la variante brasiliana possa reinfettare gli individui che si erano ammalati di COVID-19 prima della comparsa di P.1.
Variante Sudafricana di SARS-CoV-2
La variante sudafricana di SARS-CoV-2 è anche nota come B.1.351 o 20H/501Y.V2.
La sua prima identificazione risale agli inizi del mese di Ottobre 2020, in Sud Africa (da cui il nome di "variante sudafricana"), nella Nelson Mandela Bay; la segnalazione all'OMS, però, è datata poco tempo dopo: a Dicembre 2020.
Nel frattempo, altri Paesi dell'Africa e del Mondo hanno dichiarato di aver isolato varianti analoghe di SARS-CoV-2.
Studi preliminari sembrano indicare che la variante sudafricana possieda una più alta carica virale e una maggiore trasmissibilità; inoltre, pare che abbia un impatto negativo sull'efficacia del vaccino: una delle mutazioni che la caratterizzano, infatti, le permetterebbe di eludere le difese anticorpali generate con il vaccino (o in seguito a una precedente infezione).
I dati raccolti finora sono insufficienti a stabilire se la variante sudafricana causi una malattia più grave.
A partire da fine 2020, hanno cominciato a diffondersi in varie parti del Mondo, Italia compresa, le prime varianti di SARS-CoV-2.
Con il tempo, l'OMS e i Centri di Controllo e Prevenzione delle Malattie (CDC) hanno creato una suddivisione delle diverse varianti comparse sulla scena mondiale, che riconosce l'esistenza di: varianti di preoccupazione (VOC), varianti di interesse (VOI), varianti sotto monitoraggio (VUM) e varianti declassificate.
Da qui in poi, l'articolo si occuperà di analizzare le varianti di preoccupazione, poiché sono quelle che destano maggiore apprensione per le caratteristiche di cui sono dotate.
Per approfondire: Tutte le Varianti Coronavirus SARS-CoV-2: Quali sono e Cosa sappiamo?Varianti di Preoccupazione di SARS-CoV-2: Quali sono?
A oggi, Aprile 2022, le varianti di preoccupazione riconosciute dai Centri di Controllo e Prevenzione delle Malattie sono quattro:
- Variante Beta (ex variante sudafricana);
- Variante Gamma (ex variante brasiliana);
- Variante Delta (ex variante indiana);
- Variante Omicron.
All'inizio, queste varianti prendevano il nome della zona in cui erano state identificate per la prima volta (ecco perché variante sudafricana, indiana ecc.); successivamente, l'OMS ha deciso di ribattezzarle con i nomi delle lettere dell'alfabeto greco, per evitare fenomeni di discriminazione nei confronti dei Paesi del primo rinvenimento e dei loro abitanti (ecco perché, oggi, si chiamano variante Beta, Gamma ecc.).
Variante Inglese o Variante Alfa
Nei primi mesi del 2021, circolava un'altra variante di preoccupazione: la cosiddetta variante alfa, anche nota come variante inglese.
Da qualche mese, ormai, questa variante rientra tra le variante declassificate.

Variante Beta (ex variante sudafricana)
La variante Beta di SARS-CoV-2 è anche nota come B.1.351 o 20H/501Y.V2.
La sua prima identificazione risale agli inizi di Settembre 2020, in Sudafrica (da cui il nome di "variante sudafricana"), nella Nelson Mandela Bay; la segnalazione all'OMS, però, è datata poco tempo dopo: a Dicembre 2020.
Nel frattempo, altri Paesi dell'Africa e del Mondo hanno dichiarato di aver isolato varianti analoghe di SARS-CoV-2.
La ricerca ha confermato che la variante Beta:
- È dotata di una maggiore trasmissibilità rispetto alla versione ancestrale di SARS-CoV-2;
- Possiede mutazioni che le permettono di eludere più facilmente le difese anticorpali generate con il vaccino o in seguito a una precedente infezione (è il concetto di fuga immunitaria);
- Causa una forma di COVID-19 più severa rispetto alla versione ancestrale.
Variante Gamma (ex variante brasiliana)
La variante Gamma di SARS-CoV-2 è conosciuta anche come P.1 o 20J/501Y.V3.
Il suo primo riconoscimento risale a Dicembre 2020, dopo controlli di routine effettuati in Giappone, all'aeroporto di Haneda di Tokio, su quattro viaggiatori provenienti dal Brasile (da qui, l'espressione "variante brasiliana").
A dare la notizia del suo ritrovamento è stato l'Istituto Nazionale di Malattie Infettive (NIID) giapponese.
Gli studi in merito hanno concluso che la variante Gamma:
- È dotata di una maggiore trasmissibilità rispetto alla variante ancestrale;
- Possiede mutazioni di fuga che le consentono di eludere più facilmente le difese immunitarie prodotte col vaccino o in seguito a una precedente infezione (fuga immunitaria);
- Causa una forma di COVID-19 più severa rispetto alla versione ancestrale.
Variante Delta (ex variante indiana)
La variante Delta di SARS-CoV-2 è nota anche come B.1.617.
Il suo primo ritrovamento risale a Dicembre 2020, in India, ma il suo inserimento da parte dell'OMS nell'elenco delle varianti di preoccupazione è datato Maggio 2021.
In poco tempo dalla sua comparsa, questa variante si diffusa in gran parte del Mondo, diventando di fatto preponderante su tutte le altre presenti fin a quel momento (a Novembre 2021 era presente in 179 Paesi del Mondo).
Gli studi e i report clinici sulla variante Delta hanno permesso di concludere che:
- Possiede una trasmissibilità maggiore rispetto alla variante ancestrale;
- Possiede mutazioni di fuga che le permettono di eludere più facilmente le difese immunitarie generate con la vaccinazione o in seguito a una precedente infezione;
- Causa una malattia da coronavirus più severa rispetto alla forma ancestrale.
Variante Omicron
La variante Omicron di SARS-CoV-2 è conosciuta anche come B.1.1.529 o semplicemente BA.1.
Il suo primo riconoscimento risale a Novembre 2021, in Botswana prima e Sudafrica poco dopo.
In breve tempo da dopo la comparsa, Omicron si è diffusa in gran parte del Mondo, soppiantando a tutti gli effetti la variante Delta.
Studi e report clinici sulla variante Omicron hanno concluso che:
- Possiede una trasmissibilità maggiore rispetto alla forma ancestrale;
- Possiede mutazioni di fuga, che le permettono di eludere le difese immunitarie generate col vaccino o in seguito a una precedente infezione;
- Causa una forma di COVID-19 meno severa rispetto alla forma ancestrale e alle altre varianti di preoccupazione.
Si coglie l'occasione per menzionare l'esistenza di una variante di Omicron, la cosiddetta Omicron 2 (sigla BA.2), che sembra al momento più contagiosa, ma non più grave.
Per approfondire: Variante Omicron di SARS-CoV-2: Cos'è, Sintomi e VacciniCosa Cambia nelle Varianti
Quali sono le Mutazioni delle Varianti del Nuovo Coronavirus?
Tutte e quattro le varianti di preoccupazione si caratterizzano per mutazioni a carico della proteina spike; ecco spiegato il precedente ripasso di questa importante proteina virale.
Per mutazione di una proteina, si può intendere: la sostituzione di uno o più aminoacidi, la delezione di uno o più aminoacidi oppure l'aggiunta di uno o più aminoacidi.
La maggior parte di queste mutazioni riguarda la subunità S1, in particolare RBD, cioè il tratto di aminoacidi fondamentale per il legame del virus alle cellule dell'ospite.
Tuttavia, si segnalano anche mutazioni a carico della subunità S2, sempre di spike.
Un breve riepilogo può aiutare il lettore a comprendere meglio la struttura di spike e la sede delle mutazioni:
- Spike: 1.273 aminoacidi;
- Subunità S1 di spike: da aminoacido 14 ad aminoacido 685;
- Subunità S2 di spike: da aminoacido 686 ad aminoacido 1.273.
Per il dogma centrale della biologia, le alterazioni nella sequenza di aminoacidi di una proteina dipendono da mutazioni del materiale genetico (sia esso DNA o RNA).
Mutazioni della Variante Beta di SARS-CoV-2
Nota bene: per quanto riguarda le mutazioni, il confronto per questa variante e le successive è con la forma ancestrale di SARS-CoV-2, cioè la prima comparsa nel Dicembre 2019.
La variante Beta (ex sudafricana) di SARS-CoV-2 presenta quattro mutazioni all'interno della sequenza RBD della subunità S1 di spike:
- In posizione 417, dove un acido aspartico ha sostituito una lisina. Questa mutazione è descritta dalla sigla K417T;
- In posizione 484, dove una lisina ha sostituito un acido glutammico (nome di questa mutazione in sigla: E484K);
- In posizione 501, dove una tirosina ha sostituito un'asparagina (N501Y);
- In posizione 614, dove una glicina ha sostituto un acido aspartico (D614G).
Possiede poi una mutazione nella subunità S2: in posizione 701, dove una valina ha preso il posto di un'alanina (A701V).
Per capire…
Nelle abbreviazioni che descrivono la mutazione di un aminoacido, la lettera precedente al numero indica l'aminoacido originale (quello sostituito), il numero segnala la posizione della mutazione e la lettera successiva al numero puntualizza il nuovo aminoacido.
Mutazioni della Variante Gamma di SARS-CoV-2
La variante Gamma (ex brasiliana) di SARS-CoV-2 presenta cinque mutazioni, tutte entro la sequenza RBD della subunità S1 di spike:
- In posizione 417, dove una treonina ha sostituto una lisina (K417T);
- In posizione 484, dove una lisina ha sostituito un acido glutammico (E484K);
- In posizione 501, dove una tirosina ha sostituito un'asparagina (N501Y);
- In posizione 614, dove una glicina ha sostituto un acido aspartico (D614G);
- In posizione 655, dove una tirosina ha preso il posto di un'istidina (H655Y).
Mutazioni della Variante Delta di SARS-CoV-2
La variante Delta (ex indiana) di SARS-CoV-2 presenta quattro mutazioni, tutte entro la sequenza RBD della subunità S1 di spike:
- In posizione 417, dove una treonina ha sostituto una lisina (K417T);
- In posizione 484, dove una lisina ha sostituito un acido glutammico (E484K);
- In posizione 501, dove una tirosina ha sostituito un'asparagina (N501Y);
- In posizione 614, dove una glicina ha sostituto un acido aspartico (D614G);
- In posizione 655, dove una tirosina ha preso il posto di un'istidina (H655Y).
Mutazioni della Variante Omicron di SARS-CoV-2
La variante Omicron possiede più di 50 mutazioni rispetto alla versione ancestrale di SARS-CoV-2, 30 e più delle quali concentrate esclusivamente nella sequenza aminoacidica di spike.
Per via di questo gran numero di mutazioni, gli esperti definiscono Omicron anche con l'espressione "variante Frankenstein".
Di seguito, ecco l'elenco delle mutazioni di Omicron relative soltanto alla sequenza di spike: A67V, H69-, V70-, T95I, G142-, V143-, Y144-, Y145D, N211-, L212I, G339D, S371L, S373P, S375F, K417N, N440K, G446S, S477N, T478K, E484A, Q493R, G496S, Q498R, N501Y, Y505H, T547K, D614G, H655Y, N679K, P681H, N764K, D796Y, N856K, Q954H, N969K, L981F.
Ricerca e Contromisure
Varianti SARS-CoV-2: gli Obiettivi della Ricerca Scientifica
Attualmente, in collaborazione con l'OMS, i gruppi di ricerca nazionali stanno studiano le diverse varianti di SARS-CoV-2, al fine di comprendere meglio:
- La trasmissibilità;
- Il potenziale di reinfezione;
- Gli effetti sulla vaccinazione;
- La gravità della malattia causata;
- L'efficacia dei test diagnostici.
Sempre in collaborazione con l'OMS, inoltre, le varie autorità nazionali stanno cercando di capire la circolazione delle diverse varianti di SARS-CoV-2 e la loro evoluzione.
Varianti SARS-CoV-2: Quali Contromisure adottare?
Le contromisure per la prevenzione la diffusione delle diverse varianti di SARS-CoV-2 sono le stesse adottate per la versione precedente del virus, ossia:
- Distanziamento sociale;
- Igiene delle mani;
- Uso della mascherina;
- Buona ventilazione dei luoghi chiusi;
- Evitare assembramenti.
Apprtofondimenti
Ulteriori Informazioni e Aggiornamenti su SARS-CoV-2 e COVID-19
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