Ultima modifica 25.02.2020
INDICE
  1. Generalità
  2. Cos'è uno Stent Coronarico?
  3. Quando Serve
  4. Preparazione
  5. Procedura
  6. Dopo la Procedura
  7. Rischi e Complicazioni
  8. Controindicazioni
  9. Risultati

Generalità

Lo stent coronarico è un dispositivo medico, impiegato durante le procedure di angioplastica coronarica, allo scopo di contrastare il fenomeno delle coronarie ostruite (cioè la coronaropatia).

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Lo stent coronarico si presenta come un piccolo tubicino metallico a maglie espandile, capace di aderire alle pareti delle arterie coronarie, in modo da mantenerne la pervietà (laddove, ovviamente, c'è una tendenza all'occlusione).
Dai risultati molto efficaci, l'intervento di collocamento di uno stent coronarico (stenting coronarico) non è affatto banale; richiede, infatti, una certa preparazione (esami di controllo, coronarografia, presentazione a digiuno ecc.), è delicato, dura più ore e presenta diversi rischi, alcuni anche con conseguenze molto gravi.

Breve ripasso di cosa sono le coronarie

Le coronarie sono le arterie che riforniscono di sangue ossigenato il miocardio, ossia il muscolo del cuore. In altri termini, le coronarie sono i vasi sanguigni arteriosi che mantengono in vita il cuore, in quanto per i tessuti di quest'ultimo le fornitrici di ossigeno e nutrienti essenziali alla sopravvivenza.
Le coronarie hanno origine nei primissimi tratti dell'aorta ascendente; di fatto, rappresentano le prime diramazioni dell'aorta.

Cos'è uno Stent Coronarico?

Uno stent coronarico, o stent cardiaco, è un piccolo tubicino metallico a maglie espandibile, realizzato per il suo inserimento nelle arterie coronarie, allo scopo di mantenere pervie quest'ultime in presenza di una loro tendenza all'ostruzione.
Gli stent coronarici, quindi, sono piccoli cilindri metallici a rete, in grado di espandersi, che permettono, dopo il loro collocamento nelle arterie coronarie, di far fronte a una condizione medica molto diffusa nella popolazione generale: la coronaropatia o malattia coronarica.

Stent coronarico e angioplastica coronarica: il rapporto

L'inserimento di uno stent coronarico rappresenta una pratica terapeutica complementare (nel senso di addizionale) alla cosiddetta angioplastica coronarica percutanea (o angioplastica coronarica), ossia la procedura medica non chirurgica che permette di eliminare i restringimenti coronarici, mediante l'impiego di un catetere dotato di un palloncino gonfiabile (catetere-a-palloncino).

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Con il collocamento di uno stent cardiaco immediatamente dopo l'opera di angioplastica coronarica, i medici impiantano una sorta di sostegno per le pareti delle coronarie in precedenza occluse, di modo che sia più improbabile una loro ri-occlusione.

Qual è il nome dell'operazione di inserimento di uno stent coronarico?

L'operazione di inserimento di uno stent coronarico prende il nome di stenting coronarico o stenting cardiaco.

Lo sapevi che…

L'angioplastica coronarica combinata all'inserimento di un stent coronarico prende il nome di angioplastica con stenting coronarico.

Qual è il metallo di realizzazione degli stent coronarici?

Attualmente, la maggior parte degli stent coronarici in uso sono in cromo o cobalto.

Quando Serve

L'uso di uno stent coronarico (ovviamente, a completamento di un'angioplastica coronarica) trova impiego, solitamente, quando la coronaropatia è tale da richiedere una terapia più energica del trattamento farmacologico, ma al tempo stesso non è così grave da rendere necessario un intervento chirurgico di bypass coronarico (per quest'ultimo occorre la presenza di un grave restringimento coronarico o la presenza di più di una coronaria ostruita).

Coronaropatia: cos'è?

Conosciuta anche con l'espressione gergale di "coronarie ostruite", la coronaropatia è una grave affezione delle arterie coronarie, correlata principalmente all'aterosclerosi, che predispone a una condizione medica potenzialmente mortale: la cosiddetta ischemia del miocardio o cardiopatia ischemica.

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Effetto dell'aterosclerosi in una coronaria del cuore

Nell'ischemia del miocardio si assiste a una riduzione dell'apporto di sangue al miocardio, il quale, in conseguenza di ciò, manca dell'ossigeno necessario a mantenersi sano e a funzionare al meglio, garantendo un'adeguata circolazione sanguigna in ogni parte del corpo umano.
L'ischemia del miocardio può avere carattere transitorio (quindi, dopo un certo lasso di tempo, il sangue diretto al muscolo del cuore riprende il normale circolo) oppure carattere permanente (cioè non c'è possibilità di un ripristino della circolazione sanguigna in sede di occlusione).
La prima circostanza (cardiopatia ischemica transitoria) è un esempio di angina pectoris, mentre la seconda situazione (cardiopatia ischemica permanente) è un esempio di infarto del miocardio (o attacco di cuore).  
Com'è intuibile, tra angina pectoris e attacco di cuore, la forma di ischemia del miocardio più grave è l'attacco di cuore.

Quanto comune è il problema della coronaropatia?

Le coronarie ostruite costituiscono un problema molto diffuso, tanto che la cardiopatia ischemica a loro strettamente connessa rappresenta la principale causa di decesso nei Paesi del cosiddetto Mondo Occidentale.
Tanto per dare un'idea ai lettori di quanto comuni siano le conseguenze della coronaropatia, nel 2015, l'ischemia del miocardio ha causato la morte di 8,8 milioni di persone in tutto il Mondo (ben il 15,5% delle morti mondiali!).

Preparazione

L'inserimento di uno stent coronarico in occasione di un'angioplastica coronarica richiede una specifica preparazione, finalizzata a prevenire complicanze durante la procedura e a ottimizzare la terapia cardiaca in questione.
Entrando nei dettagli, per il paziente, tale preparazione prevede:

  • Qualche giorno prima dell'intervento,
    • Lo svolgimento di una serie di esami medici ambulatoriali, come l'esame obiettivo e l'analisi della storia clinica (anamnesi);
    • Lo realizzazione di un elettrocardiogramma, in maniera tale da stabilire la salute generale del cuore;
    • L'esecuzione di una coronarografia, allo scopo di individuare con precisione la sede dell'ostruzione coronarica e studiarne nei dettagli la gravità.
  • Nel giorno dell'intervento,
    • La presentazione a digiuno completo da almeno 6-8 ore. Questo vuol dire, per esempio, che se lo stenting coronarico è previsto al mattino, l'ultimo pasto consentito è quello della sera precedente;
    • L'osservanza di tutte le istruzioni mediche relative alla prosecuzione o meno di eventuali terapie farmacologiche abituali e necessarie per la presenza di un particolare stato di salute. Un paziente con diabete, per esempio, potrebbe ricevere l'istruzione di sospendere, per il giorno dell'intervento, la terapia farmacologica che segue quotidianamente;
    • La dotazione di tutto ciò che serve per passare la notte in ospedale. Le operazioni di inserimento di uno stent coronarico impongono il ricovero ospedaliero.

Inoltre, rientrano tra le norme preparatorie all'angioplastica con stenting coronarico anche:

  • Portare in ospedale qualsiasi eventuale farmaco in uso abitualmente, ma la cui assunzione, in vista dell'intervento, è stata interrotta in via del tutto temporanea;
  • Chiedere a un parente o a un amico stretto la sua disponibilità all'assistenza, al momento del rientro a casa. Gli interventi di angioplastica con inserimento di uno stent coronarico sono procedure complesse, da cui il paziente potrebbe "uscire" stanco o comunque non in grado di provvedere a sé stesso durante attività come guidare ecc.

Procedura

Gli interventi di angioplastica coronarica combinati all'inserimento di uno stent coronarico hanno luogo in una speciale sala ospedaliera del reparto di cardiologia, chiamata laboratorio di cateterismo cardiaco.
Eseguibili sia dopo un'attenta valutazione clinica del paziente sia in caso di emergenza, tali interventi possono durare diverse ore e la loro esecuzione spetta a un cardiologo interventista, coadiuvato da uno staff di infermieri altamente qualificati.

Angioplastica coronarica percutanea: i punti salienti

Per poter comprendere appieno in cosa consiste l'inserimento di uno stent cardiaco, è doveroso ripassare le tappe principali di qualsiasi intervento di angioplastica coronarica percutanea.
Ecco, in breve, una descrizione delle suddette tappe:

  • Dopo l'accoglienza e l'accomodamento su un apposito lettino, il paziente riceve una piccola dose di sedativo e l'iniezione di un anestetico locale a livello dell'area inguinale;
  • L'anestesia dell'area inguinale serve perché è a partire dal tratto di arteria femorale passante per l'inguine, che ha inizio l'inserimento del catetere-a-palloncino;
  • Il catetere-a-palloncino è abbinato a una sorta di filo-guida e munito di un liquido speciale, visibile ai raggi X. Il filo-guida serve a condurre il catetere-a-palloncino nell'arteria coronaria desiderata (cioè quella occlusa); il liquido visibile ai raggi X, invece, serve, una volta innescato il suo rilascio in prossimità del cuore, per osservare sul monitor di uno strumento radiologico l'esatto punto di occlusione;
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Un catetere-a-palloncino
  • Quando il cardiologo interventista ha posizionato il catetere-a-palloncino nel punto corretto, pratica il gonfiaggio del palloncino (di cui il catetere è dotato); una volta dato l'input per il gonfiaggio, il palloncino in questione spinge sulle pareti della coronaria occlusa, liberandola dall'occlusione;
  • Per ottenere risultati migliori, potrebbe essere necessario gonfiare e sgonfiare il palloncino più volte;
  • Per constatare il successo dell'operazione di disostruzione coronarica, è indispensabile, ancora una volta, lo strumento radiologico impiegato all'individuazione del punto di occlusione;
  • Appurato il buon esito dell'opera di liberazione della coronaria ostruita, il cardiologo interventista provvede a estrarre il catetere-a-palloncino e, se necessario, ad applicare una sutura nel punto di accesso, sull'area inguinale.

Lo sapevi che…

In alternativa all'arteria femorale, i medici sfruttare, come punto d'accesso per il catetere-a-palloncino, l'arteria radiale passante per l'avambraccio.

Inserimento dello stent coronarico

Per impiantare uno stent coronarico, i cardiologi interventisti sfruttano lo stesso catetere-a-palloncino con cui eseguono l'operazione di disostruzione coronarica; ecco in quale modo:

  • Infilano il catetere-a-palloncino all'interno dello stent cardiaco, avendo cura di creare una sorta di legame tra i due dispositivi;
  • Conducono il catetere-a-palloncino nella coronaria ostruita, esattamente come riportato nella descrizione precedente (quindi servendosi del filo-guida e del liquido visibile ai raggi X);
  • Gonfiano il palloncino. Quest'azione produce l'espansione dello stent coronarico e la sua adesione alle pareti della coronaria ostruita. Favorita dalla struttura a maglie dello stent coronarico, l'adesione alle pareti vascolari è più forte del legame tra stent coronarico e catetere-a-palloncino e ciò permette la dissoluzione del legame tra i due dispositivi;
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  • Dopo aver gonfiato e sgonfiato più volte il palloncino ed essersi così assicurati un'adesione efficace dello stent coronarico alle pareti della coronaria malata, estraggono il catetere-a-palloncino con le modalità canoniche.

Il collocamento di uno stent cardiaco favorisce la formazione di coaguli sanguigni anomali all'interno della coronaria sottoposta a trattamento. Per far fronte a tale situazione – da cui potrebbero scaturire serie complicanze – il paziente riceve l'indicazione di seguire una terapia a base di anticoagulanti (farmaci per la fluidificazione del sangue), come l'aspirina o il clopidogrel.

TIPI DI STENT CORONARICO

Attualmente, esistono due tipi di stent coronarico: il cosiddetto stent coronarico tradizionale e il cosiddetto stent coronarico a rilascio di farmaco (o stent coronarico a eluizione).
Questi due tipi di stent coronarico sono pressoché identici nella forma e nel materiale di realizzazione; a differenziarli è che il secondo, lo stent cardiaco a rilascio di farmaco, è "armato" di un medicinale particolare, capace di bloccare quel processo di crescita cellulare a livello della parete vascolare, indotto dalla presenza di un corpo estraneo come lo stent coronarico e responsabile del fenomeno di restenosi (si veda il capitolo dedicato a "Rischi e Complicazioni").

Lo sapevi che…

Lo stent coronarico a rilascio di farmaco è un dispositivo per così dire moderno, realizzato allo scopo di migliorare gli effetti delle procedure di stenting cardiaco.

Dopo la Procedura

Di norma, dopo gli interventi di angioplastica coronarica con inserimento di uno stent coronarico, è previsto il ricovero ospedaliero di un giorno.
Durante tale ricovero, il medico operante e i suoi assistenti vigilano sul paziente, monitorando periodicamente il suo stato di salute e la risposta alla procedura.

Dopo le dimissioni

Dopo le dimissioni, i reduci dall'inserimento di uno stent cardiaco devono osservare un periodo di riposo di una settimana; quindi, trascorso tale periodo, possono tornare alle loro attività quotidiane (es: lavoro), ma in maniera graduale e senza affanno.

Quando chiamare immediatamente il medico curante, dopo l'inserimento di uno stent coronarico?

  • La sede d'inserimento del catetere-a-palloncino è gonfia, è dolente anche dopo giorni dall'intervento o comincia a sanguinare improvvisamente;
  • La sede d'inserimento del catetere-a-palloncino s'infetta (possibili segni d'infezione sono la febbre, l'arrossamento del punto d'accesso ecc.);
  • L'arto in cui è stato inserito il catetere-a-palloncino cambia colore o presenta una temperatura diversa dal resto del corpo;
  • Compaiono dolore al petto, dispnea, debolezza e senso di svenimento.

Rischi e Complicazioni

L'angioplastica coronarica abbinata all'inserimento di uno stent coronarico è una procedura delicata, che presenta più di un rischio.
Tra i rischi più comuni, figurano:

  • L'eccessiva perdita di sangue dal punto d'inserimento del catetere-a-palloncino.
  • La formazione di coaguli sanguigni anomali in corrispondenza della sede dello stent. Per contrastare tale complicanza (e, come affermato in precedenza, per prevenirla), il medico curante pianifica per il paziente una terapia farmacologica a base di anticoagulanti.
  • La restenosi. Con il termine di "restenosi", gli esperti intendono quel processo di ri-occlusione del tratto di coronaria liberato mediante angioplastica con stenting coronarico, caratterizzato da intensa crescita cellulare e dovuto alla risposta anomala dell'organismo alla presenza di un corpo estraneo come lo stent.
    Come anticipato, oggi, per far fronte al rischio della restenosi esistono gli stent coronarici a rilascio di farmaco.
    In caso di restenosi, è necessario ripetere l'angioplastica con stenting coronarico oppure ricorrere a una terapia alternativa.

Tra i rischi meno comuni, invece, rientrano:

  • Lo sviluppo di un'aritmia cardiaca. Nel caso accada, le soluzioni possibili sono una terapia farmacologica ad hoc oppure l'impianto di un pacemaker;
  • La lesione, complice il passaggio del catetere-a-palloncino e l'impianto dello stent coronarico, della coronaria ostruita;
  • Lo sviluppo di problematiche cardiovascolari, come ictus o attacco di cuore;
  • Lo sviluppo di problematiche renali o reazioni allergiche. Tali complicanze sono possibili entrambe a causa dell'impiego del liquido visibile ai raggi X, il quale, in individui predisposti, può risultare dannoso per i reni.

Controindicazioni

L'inserimento di uno stent coronarico non è adatto a tutti i soggetti con coronaropatia.
Tale procedura, infatti, è controindicata quando: c'è un grave restringimento coronarico; la salute del miocardio è già in buona parte compromessa; l'occlusione riguarda più coronarie o diversi punti della stessa coronaria; infine, c'è un restringimento della vena polmonare.
In tutti i suddetti casi, è indicato l'intervento cardiochirurgico di bypass coronarico.

Risultati

Lo stent coronarico è un dispositivo efficace nel "fortificare" i già buoni risultati garantiti dalla semplice angioplastica coronarica. A dimostrare quanto appena affermato sono i numeri: secondo le statistiche, lo spiacevole fenomeno della restenosi riguarderebbe il 10% dei soggetti sottoposti ad angioplastica con l'inserimento di uno stent coronarico a eluizione, contro il 30% dei soggetti sottoposti alla sola angioplastica coronarica.

Autore

Antonio Griguolo
Laureato in Scienze Biomolecolari e Cellulari, ha conseguito un Master specialistico in Giornalismo e Comunicazione istituzionale della scienza