Sindrome di Edwards: Cos'è, Cause, Sintomi e Prognosi

Ultima modifica 06.11.2019
INDICE
  1. Generalità
  2. Cos'è la Sindrome di Edwards?
  3. Cause
  4. Sintomi e Complicazioni
  5. Diagnosi
  6. Terapia
  7. Prevenzione

Generalità

La sindrome di Edwards, o trisomia 18, è una rara malattia genetica, caratterizzata dalla presenza, nelle cellule dell'individuo affetto, di un terzo cromosoma 18.

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La sindrome di Edwards, o trisomia 18, è una rara malattia genetica, caratterizzata dalla presenza, nelle cellule dell'individuo affetto, di un terzo cromosoma 18.
La sindrome di Edwards è una condizione molto grave e incompatibile con la vita: la maggior parte di chi ne è affetto, infatti, muore prima della nascita o nasce morto.
Secondo le ricerche più attendibili, pare che la sindrome di Edwards sia dovuta a un'aberrazione genetica che ha luogo prima del concepimento e che riguarda una cellula sessuale di uno dei genitori oppure poco dopo il concepimento.
In genere, per la diagnosi prenatale di sindrome di Edwards, servono: ecografie prenatali, bi-test, tri-test, radiografia scheletrica, ecocardiografia e amniocentesi o villocentesi.
Purtroppo, essendo frutto di un errore genetico non rimediabile, la sindrome di Edwards è una condizione incurabile, anche quando individuata in una fase precoce dello sviluppo fetale.

Cos'è la Sindrome di Edwards?

La sindrome di Edwards, o trisomia 18, è una grave malattia genetica, contraddistinta dalla presenza anomala, nelle cellule dell'individuo affetto, di un terzo cromosoma 18.
La sindrome di Edwards, quindi, è un malattia genetica che altera il numero totale di cromosomi presenti nelle cellule di un individuo: per la presenza di una terza copia del cromosoma 18, infatti, le cellule di un malato di trisomia 18 contengono 47 cromosomi, anziché i normali 46.
La sindrome di Edwards è sempre incompatibile con una vita normale: la maggior parte dei soggetti portatori muore in età prenatale o entro il primo anno di età.

In genetica, i cromosomi anomali che si aggiungono i due canonici prendono il nome di cromosomi soprannumerari.

Ripasso di alcuni concetti di Genetica

Per comprendere appieno questo articolo sulla sindrome di Edwards, è doveroso rivedere a grandi linee alcuni concetti di genetica relativamente ai cromosomi, al DNA e alle alterazioni a carico di quest'ultimo.

  • Ogni cellula di un essere umano sano possiede 23 paia di cromosomi omologhi, quindi 46 cromosomi in tutto (23 sono materni e 23 sono paterni); di queste 23 coppie di cromosomi omologhi, 22 sono autosomiche (sono autosomici i cromosomi che non influiscono sul sesso di un individuo) e una è sessuale (sono sessuali i cromosomi che determinano il sesso di un individuo).
  • Nella loro totalità, i 46 cromosomi umani contengono l'intero materiale genetico, più noto come DNA; il DNA di un individuo è ciò che ne sancisce i tratti somatici, le predisposizioni, le doti fisiche ecc.
  • Il DNA può subire mutazioni, ossia alterazioni; queste mutazioni possono riguardare una sequenza di DNA interna a uno o più cromosomi (queste sequenze si chiamano geni) oppure possono coinvolgere il numero di cromosomi (si parla di trisomia, quando sono presenti 3 copie di uno stesso cromosoma, e di monosomia, quando è presente una sola copia di un dato cromosoma).

Epidemiologia

La sindrome di Edwards è la seconda più comune trisomia di tipo autosomico, dopo la trisomia 21 la quale corrisponde alla nota sindrome di Down.

La frequenza della sindrome di Edwards calcolata sulla popolazione di bambini nati vivi (quindi sono esclusi dal conteggio tutti i bambini morti in età prenatale) è pari a 1 caso ogni 5.000-6.000 nascite.

I bambini nati vivi sono più frequentemente di sesso femminile, questo perché pare che la morte in età prenatale sia più comune tra i feti maschi.

Studi statistici hanno evidenziato che hanno maggiori probabilità di concepire un individuo affetto da sindrome di Edwards le donne di età superiore ai 40 anni.

Cause

Qual è la Causa della Sindrome di Edwards?

A causare la Sindrome di Edwards è la presenza anomala di un terzo cromosoma 18 in tutte o in una parte delle cellule appartenenti all'organismo affetto dalla malattia.

Negli individui portatori di sindrome di Edwards, il terzo cromosoma 18 può essere intero, cioè uguale ai due sani, oppure parziale; in entrambi i casi, tuttavia, gli effetti drammatici a lui associati sono gli stessi.

Il cromosoma 18 è un cromosoma autosomico e, come accade per tutti gli altri cromosomi del genoma umano, è presente in due copie, quella materna e quella paterna (condizione di diploidia).

Fisiopatologia

Sebbene restino da chiarire alcuni aspetti relativi a quanto segue, pare che l'aberrazione cromosomica caratterizzante la sindrome di Edwards (ossia la formazione di un terzo cromosoma 18) abbia origine durante la fase di formazione di una delle cellule sessuali da cui trarrà origine l'individuo malato (in tale circostanza si è in un momento precedente al concepimento) o durante la fase di divisione dell'uovo fecondato (in questo caso, invece, si è in un momento successivo al concepimento).

Nella sindrome di Edwards, l'errore genetico che porta alla formazione di un terzo cromosoma 18 potrebbe avere luogo prima del concepimento, durante la meiosi delle cellule germinali di uno dei genitori, o dopo il concepimento, durante la mitosi dell'uovo fecondato.

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Approfondimento per i più esperti

Secondo le ipotesi più accreditate, l'alterazione cromosomica che caratterizza la sindrome di Edwards consisterebbe in un fenomeno di non-separazione (o non-disgiunzione) dei cromosomi in forma duplicata (cromatidi) destinati, durante le fasi di meiosi e mitosi, a dividersi nella forma non duplicata all'interno delle cellule figlie.

Mosaicismo

Come ribadito in più di un'occasione, la sindrome di Edwards si caratterizza per la presenza di un terzo cromosoma 18 nelle cellule costituenti l'individuo affetto.

Studi di genetica, tuttavia, hanno evidenziato che il corredo cromosomico di alcuni individui affetti da sindrome di Edwards è di 47 cromosomi solo per una parte delle cellule dell'organismo, mentre per la parte restante è di 46 cromosomi (quindi c'è anche un corredo cromosomico normale).
Osservabile anche in altre malattie genetiche, questo curioso fenomeno – ossia la presenza in un organismo di cellule con assetti cromosomi distinti (di cui uno normale e uno patologico) – è detto mosaicismo.

Il mosaicismo è un fenomeno non ancora del tutto chiaro; gli studi scientifici a riguardo suggeriscono che sia osservabile soltanto nei soggetti malati per cui l'aberrazione cromosomica ha luogo dopo il concepimento, durante le prime fasi dello sviluppo embrionale.

È da segnalare che, pur rimanendo una condizione incompatibile con la vita, la sindrome di Edwards caratterizzata da mosaicismo è associata a un quadro sintomatologico relativamente meno grave di quello osservato quando tutte le cellule dell'organismo possiedono 47 cromosomi.

Approfondimento per i più esperti

I genetisti ritengono che il mosaicismo sia una possibile conseguenza delle aberrazioni cromosomiche che si verificano in fase di mitosi embrionali.
Inoltre, sono abbastanza sicuri anche del fatto che, se l'alterazione cromosomica avviene durante la meiosi, allora l'organismo presenterà un corredo cromosomico totalmente di 47 cromosomi.

Traslocazione

Studi di genetica sui malati di sindrome di Edwards hanno evidenziato che, in alcuni individui, il terzo cromosoma 18, anziché essere "libero" come le altre due copie, era attaccato a un altro cromosoma autosomico. Questo particolare fenomeno, in cui un cromosoma o parte di esso è attaccato a un altro, prende il nome di traslocazione.

Nella sindrome di Edwards, l'evento di traslocazione è molto raro; tuttavia, desta comunque un certo interesse presso gli esperti, in quanto la stessa anomalia si riscontra anche in uno dei genitori del bambino malato e sembrerebbe, considerato tale riscontro, una caratteristica ereditaria (N.B: il genitore è sano, perché ha un corredo cromosomico a 46 cromosomi e la traslocazione è ininfluente).

Fattori di Rischio

Dalle statistiche risulta che la sindrome di Edwards ricorre più spesso tra le madri di età superiore ai 40 anni; l'età avanzata di una donna fertile quindi sembrerebbe rappresentare un fattore di rischio di trisomia 18. 

Sintomi e Complicazioni

Il 92-95% degli individui affetti da sindrome di Edwards muore per aborto spontaneo o nasce morto alla nascita (In entrambi i casi si parla di morte prenatale).
La percentuale restante dei pazienti (5-8%), invece, comprende soggetti che sono riusciti a nascere vivi, ma che, allo stesso tempo, presentano gravi disturbi e hanno aspettative di vita decisamente ridotte: 

  • Più della metà muore nella prima settimana;
  • Il 40% circa sopravvive per un mese;
  • Il 5-8% arriva a un anno di età;
  • L'1% raggiunge i 10 anni di vita.

Sintomi e Cause di Morte Età Prenatale

In età prenatale, i sintomi che caratterizzano un feto portatore di sindrome di Edwards sono:

Durante la vita fetale, la maggior parte degli individui con sindrome di Edwards muore di apnea o per un'anomalia cardiaca.

Approfondimento: oligoidramnios, polidramnios e distress fetale

Oligoidramnios: è il termine che identifica una scarsa presenza di liquido amniotico nel sacco amniotico. Solitamente, tale condizione non compromette la gravidanza; in alcuni sfortunati casi, però, può comportare una riduzione dello spazio destinato alla crescita fetale, determinando malformazioni fisiche evidenziabili alla nascita.

Polidramnios: è la condizione opposta all'oligoidramnios, quindi corrisponde a un'eccessiva produzione di liquido amniotico. Come l'oligoidramnios, in genere è privo di conseguenze, ma talvolta può capitare che sia la causa di malformazione fisiche riscontrabili alla nascita.

Distress fetale: è un termine vago, che identifica una serie di vari disturbi fetali, tra cui anomalie cardiache, ridotto accrescimento intrauterino, acidosi metabolica fetale, acidosi lattica e liquido amniotico tinto di meconio.

Sintomi e Cause di Morte nei Neonati e nei Bambini

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I soggetti con sindrome di Edwards che sopravvivono alla gravidanza mostrano un'ampia varietà di sintomi e segni, diversi dei quali dagli affetti drammatici.
A risentire della malattia genetica in questione sono tutti gli apparati più importanti del corpo umano: il paziente con trisomia 18 nato vivo, infatti, presenta anomalie a livello scheletrico, cardiaco, gastrointestinale, urogenitale, neurologico e polmonare.
A ciò è doveroso aggiungere, poi, che la sindrome di Edwards si associa anche ad anomalie cranio-facciali e a un basso peso corporeo al momento della nascita. 

Nel dettaglio:  

  • Anomalie scheletriche: nella mano, le dita indice e mignolo sono sovrapposte, rispettivamente, al dito medio e all'anulare; inoltre, possono mancare il pollice (aplasia) e le unghie.
    Il radio, una delle due ossa dell'avambraccio, è assente o ridotto (aplasia o ipoaplasia); il petto è carenato; l'alluce è rivolto verso l'alto; il calcagno è prominente.
  • Anomalie cardiache: comprendono malformazioni congenite del cuore, che nella maggior parte dei casi consistono in: difetti del setto atriale e ventricolare, dotto arterioso pervio e coartazione aortica
  • Anomalie gastrointestinali: includono la protrusione degli organi addominali dall'addome (onfalocele), la mancata pervietà del canale esofageo (atresia esofagea), l'ernia inguinale od ombelicale, la stenosi pilorica e l'ano imperforato.
  • Anomalie urogenitali: possono consistere in malformazioni o agenesie renali, cisti renali, criptorchidismo, disgenesia gonadica, clitoride sporgente, idronefrosi.
  • Anomalie neurologiche: comprendono manifestazioni, quali assenza dell'encefalo o parte di esso (anencefalia), ridotta circonferenza cranica (microenfalia), idrocefalo, malformazioni cerebrali, gravi difficoltà d'apprendimento, epilessia, agitazione, ipotonia neotale seguita da ipertonia.
  • Anomalie polmonari: consistono nella mancanza o nella parziale presenza di uno o di entrambi i polmoni (ipoplasia polmonare).
  • Anomalie cranio-facciali: orecchie malformate e male posizionate; regione occipitale del cranio sporgente; mandibola ridotta e male sviluppata (micrognatia); occhi più piccoli del normale (microftalmia); bocca piccola (microstomia); palato ristretto; collo corto; malformazioni di alcune strutture oculari, come l'iride (coloboma). 

La maggior parte delle suddette anomalie è incompatibile con la vita: l'individuo con sindrome di Edwards che sopravvive alla gravidanza, infatti, muore nel giro di brevissimo tempo.

Complicazioni per chi Vive più a Lungo

I malati di sindrome di Edwards che riescono a sopravvivere più a lungo presentano una spiccata predisposizione a sviluppare l'epatoblastoma – un tumore del fegato – il tumore di Wilms – un particolare tipo di tumore del rene.

Diagnosi

In genere la diagnosi prenatale di sindrome di Edwards si basa su: ecografie prenatali, bi-test, tri-test, radiografia scheletrica, ecocardiografia e amniocentesi o, in alternativa, villocentesi. 
È importante ricordare che parte di questi esami diagnostici,  nello specifico le ecografie prenatali, il bi-test e il tri-test, sono esami eseguiti di routine durante una gravidanza.

Ecografie Prenatali

Esami del tutto privi di invasività, le ecografie prenatali forniscono immagini relative all'utero e alle sue condizioni; tramite esse, un ginecologo può accorgersi di alcune malformazioni fetali ed anomalie, come il polidramnios, l'oligoidramnios, la placenta piccola ecc.
È doveroso puntualizzare, tuttavia, che questi esami ecografici non sono sufficienti a stilare una diagnosi definitiva.

Alle ecografie prenatali, le conseguenze della sindrome di Edwards sono potenzialmente visibili tra il secondo e il terzo trimestre.

Bi-Test

Da eseguire tra l'11esima e la 14esima settimana di gravidanza, è un esame di screening prenatale che associa alla misurazione, tramite ecografia, della translucenza nucale la quantificazione, nel sangue materno, delle proteine PAPP-A (proteina plasmatica A associata alla gravidanza) e hCG (gonadotropina corionica).

Il bi-test è un'indagine diagnostica utile a rilevare la possibilità che il feto presenti una qualche anomalia cromosomica.
Esso presenta un piccolo margine di errore, pertanto, nel caso in cui fornisca risultati sospetti, è doveroso ricorrere a esami più approfonditi, quali la radiografia scheletrica, l'ecocardiografia e l'amniocentesi.

Per approfondire: Cos'è il Bi-Test

Tri-Test

Eseguito tra la 16esima e la17esima settimana di gravidanza, il tri-test è un semplice esame del sangue materno (quindi non è invasivo), che permette di valutare con un certo margine di errore la possibilità che il feto presenti una qualche anomalia cromosomica.

Nello specifico, il tri-test si basa sulla quantificazione combinata dei livelli ematici di tre markers biochimici – che sono l'alfafetoproteina, l'estriolo non coniugato e la gonadotropina corionica – i quali, quando presenti in concentrazioni alterate (rispetto ai parametri considerati normali), rappresentano dei potenziali indicatori di anomalie genetiche come, per esempio, la sindrome di Down, la sindrome di Edwards o la trisomia 13.

Se dal tri-test emerge la possibilità che il feto presenti una qualche anomalia cromosomica, è necessario ricorrere ad approfondimenti diagnostici (N.B: il tri-test non è un esame definitivo), quali la radiografia scheletrica, l'ecocardiografia e l'amniocentesi.

Molto spesso, il tri-test rappresenta un alternativa al bi-test.

Ecocardiografia e radiografia scheletrica

Eseguite quando dalle indagini precedenti è emersa la possibilità di una qualche anomalia cromosomica, l'ecocardiografia e la radiografia scheletrica permettono al ginecologo di approfondire le condizioni del feto (es: presenza di distress respiratorio).

Amniocentesi

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L'amniocentesi è un esame definitivo, molto approfondito e attendibile; essa prevede il prelievo di cellule fetali dal liquido amniotico e il controllo diretto del patrimonio cromosomico di quest'ultime.

Se è presente un'anomalia genetica, l'amniocentesi la rileva.

Poiché l'amniocentesi è associata a un rischio minimo di morte fetale, i ginecologi ricorrono a questo esame diagnostico solo quando ecografie prenatali, bi-test, tri-test ecc. danno risultati sospetti o quando sussistono particolari condizioni di rischio (es: età avanzata della madre, storie precedenti di morte intrauterina ecc.).  

Villocentesi

Eseguibile tra la 10ª è la 12ª settimana di gravidanza, la villocentesi è una tecnica diagnostica simile all'amniocentesi, con l'unica differenza che il materiale fetale da prelevare e successivamente analizzare il laboratorio sono i villi coriali (anziché il liquido amniotico).

Come l'amniocentesi, la villocentesi può causare la morte indesiderata del feto, pertanto è indicata solo quando è strettamente necessario.

Terapia

Esiste una Cura per la Sindrome di Edwards?

Purtroppo, non esiste alcuna terapia per la sindrome di Edwards; questa condizione, infatti, è frutto di un errore genetico non rimediabile, nemmeno se individuato in una fase precoce dello sviluppo fetale.

È da segnalare che, talvolta, dopo il consenso dei genitori, i medici potrebbero attuare – ovviamente su pazienti nati vivi – interventi chirurgici di correzione di anomalie quali l'onfalocele; quando hanno luogo, questi interventi chirurgici sono puramente palliativi.

Prevenzione

La prognosi in caso sindrome di Edwards è sempre infausta; come affermato in precedenza, infatti, il 92-95% dei feti colpiti dalla malattia muore prima del parto o nasce morta; il restante 5-8%, invece, muore entro il primo anno di vita, salvo rarissime eccezioni.

Cosa accade ai malati di Sindrome di Edwards che sopravvivono al Parto?

  • Più del 50% muore nella prima settimana di vita;
  • Il 40% sopravvive un mese;
  • Il 5% raggiunge un anno di vita;
  • L'1% arriva a compiere 10 anni.

Cause di Morte

Tra i pazienti con sindrome di Edwards, la maggior parte dei decessi si deve alle malformazioni cardiache, renali e/o del sistema nervoso centrale oppure allo sviluppo di tumori epatici e renali.

Autore

Antonio Griguolo
Laureato in Scienze Biomolecolari e Cellulari, ha conseguito un Master specialistico in Giornalismo e Comunicazione istituzionale della scienza