Ultima modifica 01.04.2020

Il pemfigo in sintesi

Il pemfigo è una rara malattia a patogenesi autoimmune, che colpisce la pelle e/o le mucose. La malattia è caratterizzata dalla produzione di autoanticorpi (IgG o, in rari casi, IgA) che danneggiano le molecole deputate a mantenere la coesione tra le cellule epiteliali dell'€™organismo (desmogleine). Trattamenti pemfigo volgareQuesta reazione auto-immune induce il fenomeno dell'€™acantolisi (scollamento/separazione delle cellule epidermiche), con la conseguente formazione di bolle intraepiteliali. La compromissione della coesione normalmente esistente fra le cellule che formano l'€™epidermide, può verificarsi a livello dello strato basale o dello strato granuloso, in base alla prevalenza nel siero e in sede lesionale di specifici anticorpi anti-desmogleine: la presenza di questi elementi patogenetici è utile per la diagnosi e per la distinzione delle diverse forme di pemfigo.

Qualsiasi zona del corpo può essere colpita. In alcune forme, il pemfigo si localizza soprattutto a livello della bocca e della gola. Le lesioni elementari della malattia sono bolle intraepidermiche flaccide, contenenti liquido sieroso e di dimensioni variabili. Queste formazioni possono rompersi e passare alla fase di erosione con croste. Le lesioni tendono a cronicizzare per un periodo variabile, prima che compaiano vere e proprie ulcere a carico della pelle. Spesso, queste ultime vanno incontro ad infezioni. Le bolle, che si presentano a livello della cavità orale o nella parte superiore dell'€™esofago, possono aggravare le condizioni generali del paziente, rendendo quasi impossibile la regolare alimentazione e inducendo un graduale decadimento fisico. Le cause che inducono questa dermatosi sono numerose e multifattoriali. Il pemfigo non sembra rispettare una trasmissione ereditaria, ma l'€™espressione di alcuni geni può rendere più suscettibili all'€™insorgenza della dermatosi. Non è possibile attuare una prevenzione per evitare la malattia, ma nella maggior parte dei casi, compare in soggetti di mezza età o anziani, mentre è rara nei bambini. Inoltre, è utile ricordare che questa forma autoimmune di dermatosi bollosa non è contagiosa (non si trasmette da persona a persona). Il pemfigo può essere potenzialmente fatale, a causa di diverse complicanze che possono insorgere durante il decorso, come infezioni secondarie della pelle o sepsi. Per ottenere la conferma diagnostica di pemfigo, è necessario sottoporre il paziente alla biopsia di una lesione recente e della pelle limitrofa (analisi istologica per caratterizzare l'€™acantolisi), eseguire un esame citodiagnostico (test di Tzanck) e ricercare il segno di Nikolsky, che deve risultare positivo. Anche la ricerca di autoanticorpi circolanti o tissutali, mediante immunofluorescenza, è utile per la diagnosi e permette la distinzione rispetto ad altre patologie, mentre il loro monitoraggio nel tempo può essere d'aiuto per seguire il decorso del pemfigo.


Il pemfigo è una malattia spesso associata ad una prognosi abbastanza grave, e che risponde in maniera imprevedibile alle cure. A volte questa condizione, se trattata in modo razionale, consente la sopravvivenza per un tempo prolungato e, in qualche caso, la guarigione. La terapia mira a ridurre i segni clinici ed i sintomi del pemfigo, e a prevenire le complicanze; essa può comprendere misure locali, farmaci generali e, talvolta, il ricovero ospedaliero.

Il trattamento terapeutico del pemfigo è generalmente più efficace se inizia precocemente. In seguito alla terapia, l'€™evoluzione della malattia è variabile: alcuni pazienti presentano una prognosi positiva, mentre altri devono continuare ad assumere per un tempo indeterminato farmaci a basse dosi, allo scopo di evitare ricadute o recidive.

Complicanze Secondarie

Senza trattamento, il pemfigo è di solito letale: l'€™infezione generalizzata è la più frequente causa di morte. Con il trattamento, il disturbo tende a cronicizzare nella maggior parte dei casi.
Le possibili complicanze del pemfigo includono:

  • Infezioni secondarie della pelle;
  • Sepsi, se l'infezione diffonde attraverso la circolazione sanguigna;
  • Grave disidratazione;
  • Effetti collaterali dei farmaci, che possono essere gravi o invalidanti;
  • Morte, in rari casi, se occorrono gravi infezioni.

Il paziente dovrebbe consultare il proprio medico se compaiono lesioni persistenti (oltre i 7 giorni), che non possono essere associate a condizioni spiegabili; sono segnali di allarme: bolle sulla pelle apparentemente sana, croste inspiegabili e ulcerazioni croniche delle mucose.
Se il pemfigo è già stato diagnosticato ed è in corso un regime terapeutico, è consigliabile consultare il proprio medico qualora si sviluppasse uno dei seguenti segni clinici:

Trattamento

Trattamento farmacologico

L'obiettivo principale del trattamento è quello di diminuire la formazione di bolle, prevenire le infezioni e promuovere la guarigione delle lesioni e delle erosioni. A volte, i casi lievi di pemfigo rispondono all'€™effetto di steroidi topici. Il trattamento sistemico più comune comprende principalmente la somministrazione di derivati steroidei del cortisone per via orale (in particolare il prednisone), spesso in dosi elevate.

L'€™interpretazione dell'€™eziologia autoimmunitaria del pemfigo ha indotto l'€™efficace associazione dei corticosteroidi ai farmaci immunosoppressori. L'™immunosoppressione, mediata da azatioprina o ciclofosfamide, consente una migliore gestione della condizione, in quanto permette di ottenere i medesimi risultati terapeutici con dosaggi più bassi di corticosteroidi. Tuttavia, è necessario ricordare che gli effetti collaterali di un trattamento sistemico sono una complicazione importante, e che per questo il paziente dev'essere attentamente monitorato dai medici.

Una volta che i focolai del pemfigo sono sotto controllo, il dosaggio dei farmaci viene spesso ridotto. Se il paziente, dopo un anno di regime terapeutico, non incorre nel peggioramento delle proprie condizioni, è possibile fare un tentativo nel sospendere il trattamento e mantenere il paziente sotto stretta sorveglianza medica.

Trattamento sistemica

Corticosteroidi orali (esempio: prednisone): questi farmaci rappresentano il trattamento medico di elezione, per il controllo della malattia. A seguito della loro introduzione nel protocollo terapeutico, la prognosi del pemfigo è stata rivoluzionata ed il tasso di mortalità ha registrato una significativa diminuzione (dal 99% a circa il 5-15% dei casi). I corticosteroidi non costituiscono una cura per la malattia, ma migliorano la qualità della vita del paziente, riducendo l'infiammazione (arrossamento e dolore) e l'attività della malattia. I sintomi del pemfigo possono iniziare a migliorare entro pochi giorni: la formazione delle nuove lesioni bollose può fermarsi entro 2-3 settimane, mentre quelle vecchie guariscono in 6-8 settimane. Il protocollo terapeutico può prevedere, in un primo momento, la somministrazione per via endovenosa di una dose elevata di corticosteroidei e la successiva stabilizzazione con €™assunzione orale e progressiva riduzione della dose. La dose minima giornaliera dev'essere individuata soggettivamente e dovrebbe essere sufficiente per impedire l'€™attività del pemfigo (la formazione di nuove bolle) e controllarne i sintomi. La terapia ha una durata di 6-12 mesi. Tuttavia, l'uso di corticosteroidi per un tempo prolungato o in dosi elevate può causare gravi effetti collaterali (sindrome di Cushing), tra cui: aumento dei livelli di glicemia, osteoporosi, aumento del rischio di incorrere in infezioni, ritenzione idrica, cataratta, glaucoma ecc.

Altri farmaci per la terapia del pemfigo possono essere utilizzati da soli o in combinazione e consentono di ridurre al minimo l'uso di steroidi. Questi farmaci, comunemente prescritti, includono:

  • Immunosoppressori. I farmaci, come metotrexate, ciclofosfamide, azatioprina, ciclosporina o micofenolato mofetile, aiutano a sopprimere la reazione del sistema immunitario verso i tessuti sani (agiscono come agenti citostatici). Gli immunosoppressori possono ridurre il dosaggio di corticosteroidi da somministrare, quindi sono in grado di ridurre gli effetti collaterali gravi dovuti a questa terapia nel lungo periodo; tuttavia possono rendere il paziente più suscettibile alle infezioni.
  • Antibiotici, antivirali e farmaci antifungini. Questi possono essere prescritti per controllare o prevenire le infezioni secondarie associate alla malattia, in particolare quelle provocate da batteri (esempio: stafilococchi) o Herpes virus. Un esempio è fornito dal trattamento con tetraciclina, doxiciclina o minociclina. Questi farmaci sistemici hanno anche un effetto leggermente benefico sulla malattia, e risultano essere, talvolta, sufficienti per la gestione del pemfigo foliaceo.

Trattamenti topici per la pelle e la bocca

La terapia esterna assume una scarsa importanza e deve limitarsi alla:

  • Detersione e disinfezione con soluzioni antisettiche delle aree che presentano erosione, per favorire la guarigione localizzata.
  • Applicazione di cortisonici per uso topico veicolati da speciali formulazioni (spray, creme, paste adesive...).

Il trattamento localizzato di ulcere e bolle può includere:

  • Idrocolloidi o sulfadiazina d'€™argento, per la medicazione delle ferite, con lo scopo di prevenire la comparsa di nuove lesioni e infezioni secondarie;
  • Collutori contenenti un anestetico, che possono aiutare a ridurre il dolore lieve o moderato associato alle ulcere alla mucosa orale;
  • Lozioni o creme in grado di lenire i sintomi a livello cutaneo o per favorire l'€™essiccazione delle lesioni;
  • Medicazioni bagnate o misure analoghe per ampie zone di pelle (esempio: impacchi con soluzione salina, bendaggi antisettici con ipoclorito di sodio al 3% ecc.).

Terapie alternative

Nei casi di pemfigo refrattari alle terapie convenzionali o qualora siano già insorti gravi effetti avversi, il medico può proporre le seguenti alternative:

  • Plasmaferesi periodica: consiste nel rimuovere dal plasma del paziente le IgG caratteristiche della malattia, mediante opportune tecniche di separazione. Il plasma viene quindi reinfuso nel paziente, dopo essere stato integrato con soluzioni di albumina umana e gamma globuline. Ne consegue una riduzione del titolo di auto-anticorpi, con miglioramento delle lesioni muco-cutanee. La plasmaferesi può essere combinata con un farmaco immunosoppressivo. La soppressione degli autoanticorpi espone però il paziente a maggior rischio di infezione.
  • Terapia biologica con Rituximab: prevede la somministrazione di un anticorpo monoclonale anti-CD20 recentemente introdotto nel trattamento del pemfigo, chiamato appunto Rituximab. Questo si lega selettivamente ai linfociti B che potenzialmente producono gli autoanticorpi anti-desmogleina innescando una serie di reazioni che portano alla lisi delle suddette cellule.
  • IVIg (immunoglobuline per via endovenosa): induce una duratura riduzione dei titoli degli autoanticorpi anti-desmogleina, con un parallelo controllo dell'€™attività della malattia stessa.

Ricovero ospedaliero

Se il pemfigo non interessa un'€™area estesa dell'€™organismo e non è troppo diffuso, il paziente può ricorrere al trattamento domiciliare. Alcune condizioni più gravi possono richiedere, invece, l'€™ospedalizzazione e procedimenti di isolamento protettivo: le ferite aperte rendono il paziente vulnerabile alle infezioni, che se si diffondono al flusso sanguigno possono risultare fatali. I casi più gravi di pemfigo sono curati in modo simile alle gravi ustioni.

Norme igienico-dietetiche

I pazienti devono limitare attività che possono traumatizzare la pelle e le membrane mucose, durante le fasi attive della malattia. Ecco gli accorgimenti da attuare per adiuvare la gestione del pemfigo e per migliorare le condizioni di salute generale:

  • Ridurre al minimo il trauma per la pelle. Evitare situazioni in cui la pelle può essere toccata od urtata, come negli sport di contatto.
  • Chiedere al proprio medico le istruzioni per la corretta gestione delle lesioni. Prendersi cura delle ferite può aiutare a prevenire l'infezione e le cicatrici.
  • Utilizzare il talco. La polvere di talco è utile per prevenire le piaghe che trasudano e che possono aderire a lenzuola e vestiti.
  • Evitare cibi piccanti o acidi. Questi alimenti possono irritare o danneggiare ulteriormente la mucosa orale.
  • Ridurre al minimo l'esposizione al sole. La luce ultravioletta può provocare l'€™insorgenza di nuove bolle.
  • Assumere integratori di calcio e vitamina D. I farmaci corticosteroidi utilizzati nella cura del pemfigo possono influenzare l'€™apporto di calcio e di vitamina D, quindi è possibile rivolgersi al proprio medico per ottenere consigli sull'€™integrazione di alcuni nutrienti supplementari.

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Autore

Giulia Bertelli

Giulia Bertelli

Biotecnologa Medico-Farmaceutica
Laureata in Biotecnologie Medico-Farmaceutiche, ha prestato attività lavorativa in qualità di Addetto alla Ricerca e Sviluppo in aziende di Integratori Alimentari e Alimenti Dietetici