Come Prevenire l’Ictus dopo un TIA: cosa fare e quali terapie sono utili

Introduzione

Aver sofferto di un episodio di TIA è, senza dubbio, un importante fattore di rischio per l'ictus.
Del resto, il TIA (sigla che sta per attacco ischemico transitorio) è una forma temporanea e reversibile di ictus ischemico, che condivide con quest'ultimo cause e fattori di rischio.
Lo scopo di questo articolo è analizzare comportamenti e terapie utili a prevenire l'ictus dopo un TIA (o quanto meno ridurne il rischio), proprio alla luce del rapporto e delle similitudini tra le due condizioni.
Prima, però, occorre ripassare a grandi linee l'ictus ischemico e le sue cause; ciò, infatti, permetterà di rendere più agevole la comprensione delle informazioni riportate nel testo.
Per approfondire: TIA o Attacco Ischemico Transitorio: cos'è, cause e sintomiIctus e sue Cause
Cos’è l’Ictus?
L'ictus è una grave condizione medica, potenzialmente mortale, che si verifica quando l'apporto di sangue ossigenato a un'area più o meno estesa di cervello si interrompe o è fortemente ridotto.
L'ossigeno è il nutriente che mantiene in vita i tessuti e gli organi del corpo umano.
Durante un ictus, la privazione di sangue ossigenato provoca un danno all'area cerebrale interessata, danno che può sfociare nella morte (necrosi) della stessa.
L'ictus è una patologia cerebrovascolare: tutto nasce da una sofferenza dei vasi sanguigni che si ripercuote sulla salute del cervello.
Per approfondire: Ictus: cos'è, cause e tipologieCos’è l’Ictus Ischemico?
L'ictus ischemico è una delle due tipologie di ictus che possono verificarsi ai danni del cervello (l'altra è l'ictus emorragico).
Come suggerisce il termine "ischemia", si tratta di una condizione caratterizzata da una riduzione dell'apporto sanguigno dovuta a un restringimento/occlusione vascolare.
Oggetto del restringimento/occlusione può essere un'arteria cerebrale o, come più spesso accade, un'arteria che alimenta i vasi cerebrali (es: le carotidi).
A ostacolare il flusso di sangue e di conseguenza la perfusione può essere un trombo (ictus ischemico trombotico) oppure un embolo (ictus ischemico embolico).
L'ictus ischemico è molto più comune di quello emorragico: oltre l'80% dei casi di ictus sono di tipo ischemico.
Quali sono le Cause di Ictus Ischemico?
Chiunque può sviluppare un ictus ischemico; tuttavia, è risaputo che la presenza di determinati fattori influenza in modo importante il livello di rischio.
Gli esperti sono soliti distinguere due categorie di fattori di rischio: quelli modificabili e quelli non modificabili.
Tra i principali fattori di rischio modificabili, figurano:
- Ipertensione;
- Aterosclerosi;
- Fumo;
- Ipercolesterolemia;
- Diabete di tipo 2;
- Sovrappeso e obesità;
- Sedentarietà;
- Malattie cardiovascolari e aritmie cardiache;
- Abuso di alcol e/o droghe.
Tra i principali fattori di rischio non modificabili, invece, rientrano:
- Età avanzata;
- Familiarità e predisposizione genetica;
- Sesso maschile;
- Popolazione (Africani, Caraibici e Asiatici sono maggiormente predisposti).
Come si può notare, il rischio di ictus ischemico è fortemente connesso a uno stile di vita sregolato, in cui manca un'attenzione per la dieta, per l'attività fisica e, in generale, verso la propria salute.
Come Prevenire l’Ictus dopo un TIA
Prevenzione Secondaria dell'Ictus
Le raccomandazioni che seguono interessano specificatamente quelle persone a rischio di ictus ischemico a causa di una storia passata di TIA.
Si tratta di misure terapeutiche e di gestione dei fattori di rischio, che i medici definiscono con il termine di prevenzione secondaria dell'ictus ischemico.
Come si vedrà, la prevenzione secondaria dell'ictus ischemico è multidisciplinare, ossia coinvolge figure professionali di diversi settori della medicina e non solo (diabetologo, dietologo, nutrizionista, fisioterapista, personal trainer con specifica preparazione ecc.).
Per prevenzione secondaria dell'ictus cerebrale si intende l'adozione di misure profilattiche in pazienti che hanno avuto un attacco ischemico transitorio (TIA) al fine di evitare l'insorgenza di un ictus cerebrale vero e proprio.
Trattamento e gestione dei fattori di rischio vascolare
Il controllo dei fattori di rischio vascolare modificabili ha un'importanza fondamentale nella prevenzione dell'ictus ischemico nel soggetto reduce da un TIA.
Nel concreto, significa:
- Controllo della glicemia, in particolar modo nel paziente affetto da diabete mellito;
- Controllo della pressione arteriosa, soprattutto in caso di ipertensione (pressione alta);
- Controllo dei livelli ematici di lipidi, in particolar modo nel soggetto con storia di ipertrigliceridemia (trigliceridi alti) e ipercolesterolemia (colesterolo alto);
- Non fumare;
- Non bere alcolici e non far uso di droghe.
Dieta sana e attività fisica
La gestione di parametri come la glicemia, la pressione arteriosa e la lipidemia richiede un intervento sulla dieta e sull'attività fisica quotidiana.
Per quanto concerne la dieta, questa deve essere sana ed equilibrata, il che vuol dire per esempio:
- Basso contenuto di sale;
- Ridotto apporto di grassi saturi;
- Intake calorico su misura del paziente.
Per quanto riguarda invece l'attività fisica quotidiana, è importante scongiurare la sedentarietà, iniziando in modo graduale un programma motorio regolare e appropriato alle condizioni di salute del paziente.
Terapia antitrombotica
La terapia antitrombotica è un trattamento farmacologico che include la somministrazione di agenti antiaggreganti e/o anticoagulanti.
L'uso di una delle due categorie medicinali è sempre indicata nel paziente reduce da TIA, salvo non ci siano controindicazioni particolari.
La combinazione delle due classi farmacologiche, invece, trova impiego solo in casi specifici.
Discorso analogo al precedente va fatto per la cosiddetta terapia antiaggregante combinata (es: cardioaspirina + clopidogrel): servono candidati ideali al trattamento; inoltre, la somministrazione deve iniziare entro 24 ore dall'inizio dei sintomi e deve protrarsi per un arco temporale compreso tra 10 e 21 giorni (dopodiché aumenta il rischio emorragico).
A ogni modo, a eccezione di casi particolari, chi è stato colpito da TIA deve sempre intraprendere una terapia farmacologica (antiaggregante o anticoagulante, o in forma combinata); questo vuol dire tener conto di eventuali effetti collaterali correlati alle somministrazioni e alle possibili interazioni con altri medicinali assunti per altri motivi.
Monitoraggio cardiaco periodico
Se compromessa, la salute del cuore può aumentare il rischio di ictus, sia primario che secondario.
Ecco, quindi, che il paziente cardiopatico, reduce da un episodio di TIA, deve sottoporsi a controlli cardiaci periodici.
In particolare, dovrebbero adottare questa precauzione gli individui con una storia clinica di fibrillazione atriale: la presenza di tale aritmia, infatti, costituisce un importante fattore di rischio per eventi ischemici cerebrali.
Per approfondire: Fibrillazione Atriale: cause, sintomi e curaTrattamento della stenosi carotidea extracranica
I pazienti colpiti da un episodio di TIA imputabile a una stenosi della carotide extracranica dovrebbero sottoporsi a una terapia appropriata per questa condizione vascolare.
I trattamenti possibili sono l'endoarterectomia carotidea e lo stenting della carotide: sono due procedure d'intervento delicate che hanno come obiettivo il ripristino del flusso sanguigno lungo i vasi carotidei.
La scelta del tipo di procedura spetta al medico curante, che decide in base a fattori come l'anatomia vascolare del paziente e le sue condizioni di salute generale.
Trattamento del forame ovale pervio
Linee guida risalenti al 2014 sottolineavano come la prevenzione secondaria dell'ictus dipendesse anche dalla chiusura del forame ovale pervio (FOP), ovviamente nei pazienti portatori di questa anomalia anatomica del cuore.
Oggi, le indicazioni a riguarda sono leggermente cambiate (complici nuovi evidenze); l'intervento, infatti è raccomandato in pazienti con determinate caratteristiche:
- Età tra i 18 e i 60 anni;
- Ictus non lacunare;
- Nessun'altra causa identificata per l'episodio di TIA;
- FOP considerato ad alto rischio.
Sintomi Iniziali dell’Ictus
Si ritiene opportuno concludere questo articolo relativo alla prevenzione riportando i sintomi iniziali più comuni dell'ictus; il motivo è semplice: il riconoscimento tempestivo di un episodio di ictus può salvare la vita del paziente.
Quali sono i Primi Sintomi di Ictus?
I tipici sintomi iniziali dell'ictus sono descritti dall'acronimo inglese FAST; ecco cosa significa:
F, Face, Faccia
"F" sta per face, cioè "faccia", e si riferisce alla faccia cadente da un lato.
Un test utile a constatare questo segno è chiedere al soggetto di sorridere: se un lato del viso non si solleva bisogna preoccuparsi.
A, Arm, Braccio
"A" sta per arm, cioè "braccio", e fa riferimento alla debolezza di un braccio.
Un test utile a valutare questo segno è chiedere al soggetto di alzare le braccia: se una delle due si abbassa (o se manca la capacità di alzarne una) bisogna preoccuparsi.
S, Speech, Discorso
"S" sta per speech, ossia "parola", "discorso", e si riferisce alla difficoltà di parola.
Un test utile a constatare questo sintomo è chiedere al soggetto di ripetere una frase semplice: se il discorso è confuso, poco comprensibile, bisogna preoccuparsi.
T, Time, Tempo
"T" sta per time, cioè "tempo", e fa riferimento al fatto che bisogna chiamare immediatamente i soccorsi in presenza di anche solo uno dei segni precedenti.
Per approfondire: Sintomi Iniziali dell'Ictus: quali sono e come riconoscerli?