Introduzione
In questo breve articolo parleremo di un dubbio che, al giorno d'oggi, colpisce la maggior parte della popolazione generale; risponderemo quindi alla fatidica domanda: perché ingrassiamo?
Certe argomentazioni potranno sembrare a molti scontate.
In realtà questi celano intrinsecamente dei concetti a dir poco fondamentali, la cui comprensione è ahinoi minata dai molti falsi miti che aleggiano nel mondo della dietetica e della nutrizione umana.
Siamo Quello che Mangiamo
Cosa significa che siamo quello che mangiamo?
"Siamo quello che mangiamo" è un'inflazionatissima frase di Ippocrate che, dopo aver udito o letto innumerevoli volte, molti danno erroneamente per scontata.
Ma cosa significa veramente questa frase? Semplicemente che, se mangiassimo costantemente in maniera inadeguata, non dovremmo meravigliarci di mostrare una composizione corporea e uno stato di salute poco soddisfacenti.
Quindi è possibile rimanere sani e belli mangiando solo cibi sani? No. Contano moltissimo le porzioni e il livello di attività motoria.
Eppure c'è chi si "presenta bene" pur non curandosi (all'apparenza) di ciò che "mette nello stomaco" e di come si allena.
Beh, a questo punto, continuiamo a rispondere per aforismi.
L'abito non fa il monaco
Vedere una persona che mangia due pizze con un litro di birra al seguito il sabato sera, non deve indurre a credere che ciò venga ripetuto negli altri 6 giorni e mezzo della settimana. Anzi! Psicologicamente parlando, è molto più probabile il contrario.
Peraltro, in diversi casi "sembrare" in forma non significa esserlo. Le abbuffate ricorrenti possono comunque creare delle problematiche indipendenti dalla composizione corporea, come disagi allo stomaco, eccessivo reflusso gastroesofageo, scompensi metabolici ecc.
Non dimentichiamo poi che alcuni disturbi del comportamento alimentare propriamente detti (DCA) – o comunque border line – si basano su metodi di compenso purgativo (vomito autoindotto, uso di lassativi, digiuno, pratica di attività motoria smodata e combinazione degli stessi).
L'eccezione conferma la regola
Se anche così fosse, trattasi di un caso molto isolato. Qualsiasi professionista della nutrizione può confermare che la magrezza costituzionale propriamente detta è davvero rara.
Prima o poi arriva il conto
Ciò riguarda soprattutto i pre-adolescenti che, grazie ad uno stile di vita estremamente più attivo di quello degli adulti, e in merito alla totale assenza di alcol etilico, ma anche perché la loro dieta viene spesso gestita da terzi, sono tendenzialmente magri e in salute – purtroppo, con eccezioni sempre più frequenti.
È anche il caso dei giovani atleti agonisti di sport estremamente impegnativi, come ad esempio il canottaggio – ma potremmo citarne altri. Tuttavia, al termine della carriera atletica, il tasso di sovrappeso per questi soggetti schizza alle stelle. Ciò è comprensibile se pensiamo che, da un momento all'altro, il loro consumo calorico crolla di almeno 5000 e talvolta oltre 10000 kcal settimanali.
Nota: per dare la giusta importanza a questi numeri basti pensare che 1 chilogrammo di tessuto adiposo è formato da una quantità di grassi tali da poter generare circa 7000 kcal.
Chiariti questi concetti, passiamo al lato più tecnico dell'argomento.
Meccanismo Ingrassante
Nel contesto di un articolo divulgativo come questo, è davvero molto difficile spiegare a fondo il meccanismo che porta ad ingrassare senza trascurare alcunché.
Ingrassare è un processo anabolico, ovvero di costruzione. Il contrario, ovvero il dimagrimento, è un processo catabolico, ovvero di demolizione.
L'attitudine ad ingrassare ha una ragione prettamente legata alla sopravvivenza. Grazie all'evoluzione, abbiamo sviluppato un efficace meccanismo di riserva energetica chiamato tessuto adiposo chiaro (sottocutaneo e viscerale).
Questo, composto da cellule chiamate adipociti, può immagazzinare grandi quantità gli acidi grassi (sotto forma di trigliceridi) e liberarli al momento del bisogno.
Ma perché proprio acidi grassi?
Perché il loro stoccaggio richiede poca acqua – con un evidente vantaggio in termini di spazio – e perché da essi le cellule generano ben 9,0 kcal/g – rappresentando quindi il substrato più adatto a costruire le "scorte caloriche".
Il riempimento del tessuto adiposo avviene principalmente grazie al trasporto sanguigno, fluido nel quale gli acidi grassi vengono trasportati per mezzo di lipoproteine ed albumine.
E come ci arrivano gli acidi grassi nel sangue? Grazie all'assorbimento dei lipidi presenti nel cibo e alla lipogenesi epatica di carboidrati e proteine alimentari in eccesso.
Ma quello adiposo non è l'unico tessuto a poter ricevere questi acidi grassi; i muscoli infatti, ne captano quantità altrettanto considerevoli, ma con l'obbiettivo di "consumarli", non di immagazzinarli.
Tuttavia, il tessuto muscolare diventa ricettivo – non solo di acidi grassi, ma anche di glucosio e amminoacidi – se attivato grazie al movimento fisico. Ecco perché quando i muscoli "non lavorano" è più facile ingrassare.
Bisogna poi specificare che l'attività motoria a carico allenante considerevole crea un ulteriore vantaggio, che è la maggior sensibilità del tessuto muscolare all'insulina.
Questa, secreta dopo i pasti, serve per attivare i trasportatori del glucosio (GLUT4) nei tessuti insulino-dipendenti – come quello muscolare e anche adiposo. Certe predisposizioni genetiche, condotte alimentari inappropriate, il sovrappeso e la sedentarietà peggiorano la sensibilità insulinica muscolare, mentre l'adipe rimane totalmente ricettivo.
Siccome la glicemia alta per troppo tempo determina la lipogenesi epatica e il conseguente aumento dei grassi nel sangue, una ridotta sensibilità insulinica muscolare può essere considerata un fattore predisponente ad ingrassare – ma comunque secondario all'eccesso di calorie nella dieta.
Meccanismo Dimagrante
Ragionando per logica, in base a quanto detto sopra, per dimagrire è indispensabile agire in maniera inversa rispetto all'ingrassare:
- Instaurare un bilancio calorico negativo, mangiando meno di quanto si consumi;
- Praticare attività motoria a carico allenante considerevole, non solo d'intensità ma anche di volume, che oltre a promuovere il dispendio generale, migliora la sensibilità insulinica muscolare e quindi l'azione compartimentale dell'ormone anabolico;
- Mantenere un certo equilibrio nella ripartizione dei nutrienti. Questo non è fondamentale nel breve termine, ma lo è nel lungo termine, poiché ognuno ha una funzione ben precisa e insostituibile. Inoltre, riducendo o aumentando troppo uno o l'altro, non è raro creare uno scompenso nei pool enzimatici coinvolti nella loro processazione;
- Curare la suddivisione dei pasti in maniera, se non ottimale, quantomeno ragionevole. Mangiare subito dopo l'allenamento ad esempio, permette di compartimentare al massimo i carboidrati e riparare con maggior immediatezza i tessuti danneggiati, poiché la sensibilità insulina è al suo massimo.