Ultima modifica 01.04.2020

Quali sono i pesci più ricchi di grassi?

Quella dei pesci grassi è forse l'unica categoria di alimenti per cui l'aggettivo "grasso" viene percepito come un valore aggiunto da parte di molti consumatori. E' infatti ormai diffusa la consapevolezza del valore nutrizionale dei grassi di origine ittica, che rappresentano le uniche fonti comuni di acidi grassi essenziali della serie omega-tre EPA e DHA.

In generale, vengono considerati grassi tutti gli esemplari che presentano percentuali lipidiche superiori al 10%; tuttavia, come sempre, quando si parla di valori nutrizionali la parola d'ordine è variabilità. Pensiamo ad esempio all'influenza dell'ambiente in cui vivono (pesci selvatici o di allevamento), ma soprattutto al periodo di cattura dell'esemplare; in autunno, ad esempio, la percentuale lipidica tende ad essere molto alta perché i pesci hanno accumulato scorte lipidiche per l'inverno; viceversa, al termine del periodo riproduttivo primaverile, si registrano percentuali lipidiche assai inferiori.

Pesci grassiTra i pesci grassi più noti, ricordiamo - inserendo tra parentesi la percentuale indicativa di grasso - l'aringa (9-13%), il salmone (6-12%), lo sgombro (4-12%), l' ippoglosso o halibut (3-13%), la sarda (4-12%), la triglia (6-10%) e l'anguilla o capitone (12-24%).

Valore nutrizionale: non solo omega-3

I pesci grassi, rispetto a quelli magri, rappresentano una fonte migliore di vitamine liposolubili, come la A, la E e la D (il pesce grasso ed il suo olio rappresentano la più generosa sorgente alimentare di vitamina D, importante per la prevenzione delle fratture ossee nell'anziano). Degno di nota è anche il contenuto di vitamina B1, B2 e B12, oltre che dei classici minerali di cui questo alimento è ricco (iodio nel pesce fresco di mare, fosforo, sodio, calcio e selenio). Dall'altra parte, la maggiore percentuale lipidica rende questi pesci più difficili da digerire, meno conservabili e più calorici rispetto agli altri; non a caso, spesso le offerte dei supermercati riguardano proprio le specie più grasse come il salmone.

La digeribilità diminuisce insieme ad altre qualità nutrizionali nel caso in cui il pesce grasso sia poco fresco o conservato sott'olio. Nel caso in cui abbia vissuto in acque contaminate, maggiore è anche il rischio che l'animale abbia accumulato sostanze tossiche liposolubili, come la diossina. Per quanto riguarda i periodi di conservazione, l'animale squamato, eviscerato, lavato, fatto asciugare con cura e sottoposto a congelamento rapido (surgelazione domestica) si può conservare al massimo per 40-60 giorni

Per quanto riguarda il contenuto di omega-tre, questo è generalmente superiore:

  • nel pesce grasso rispetto a quello magro;
  • nel pesce di mare rispetto a quello di acqua dolce;
  • nel pesce selvatico rispetto a quello di allevamento (che spesso viene alimentato con farine vegetali, ricche di acidi grassi della serie omega-sei);
  • nel pesce che vive in acque fredde rispetto a quello che soggiorna in acque calde.
ALIMENTO (100 g) Omega-3 ω-6 ω-6:ω-3
  DHA (g) EPA (g) LNA (g)* totali (g) totali (g) -
Olio di salmone 18,232 13,023 1,061 35,311 1,543 0,04 : 1
Olio di fegato di merluzzo 10,968 6,898 0,935 19,736 0,935 0,05 : 1
Olio di sardine 10,656 10,137 1,327 24,093 2,014 0,08 : 1
Caviale 3,801 2,741 0,017 6,789 0,081 0,01 : 1
Sgombro 1,401 0,898 0 2,670 0,219 0,08 : 1
Salmone coho
(selvatico)
0,656 0,429 0,157 1,474 0,206 0,14 : 1
Salmone coho (allevamento) 0,821 0,385 0,075 1,281 0,349 0,27 : 1
Acciuga o alice 0,911 0,538 0 1,478 0,097 0,07 : 1
Tonno 0,890 0,283 0 1,298 0,053 0,04 : 1
Aringa 0,862 0,709 0,103 1,729 0,130 0,08 : 1

* LNA = acido alfa-linolenico indifferenziato

 

FONTE: "acidi grassi essenziali nei pesci grassi" è stato redatto sulla base dei dati forniti dal ministero dell'agricoltura statunitense