La panna (emulsione di grasso in acqua) viene sottoposta a burrificazione, cioè ad un insieme di operazioni che la trasformano in burro (emulsione di acqua in grasso). Come accennato, la crema dev'essere innanzitutto pastorizzata a 90-95°C per 15-20 secondi; per creme di qualità scadente si utilizzano temperature superiori (105-110° C). Si tratta in ogni caso di valori nettamente superiori rispetto a quelli utilizzati per pastorizzare il latte (65-85 gradi), necessari innanzitutto per la maggiore densità della crema, che ostacola il raggiungimento dell'equilibrio termico in tutte le sue parti, in secondo luogo per l'abbondante frazione lipidica, che agisce da isolante termico proteggendo i microrganismi dal calore, e infine perché la panna ha una carica microbica superiore rispetto al latte.
Molto importanti risultano anche i preventivi processi di standardizzazione - necessari per adeguare il titolo in lipidi della panna - di neutralizzazione - in cui l'acidità viene corretta per evitare problemi durante la pastorizzazione - e di deodorizzazione.
Dopo aver eseguito tutti questi trattamenti, la panna viene raffreddata rapidamente; in breve tempo si passa dai 90-95°C, raggiunti durante la pastorizzazione, ad una temperatura di 6-7°C, alla quale la panna viene lasciata per circa due ore; questo passaggio è chiamato cristallizzazione, perché la repentina diminuzione della temperatura provoca la solidificazione dei trigliceridi. Questo passaggio deve avvenire il più velocemente possibile, perché solo in questo modo si formano cristalli abbondanti e soprattutto di piccole dimensioni; se invece il processo di raffreddamento è lento si formano pochi cristalli di elevate dimensioni (con diminuzione della spalmabilità del burro).
Terminato il processo di cristallizzazione, la crema si presenta ancora come un'emulsione del tipo olio in acqua, poiché l'inversione di fase non è ancora avvenuta; se di tipo dolce è inoltre priva di aroma, che le viene conferito solo dalla successiva inoculazione di colture batteriche selezionate (batteri acidificanti: Streptococcus lactis e cremoris; batteri aromatizzanti: S. diacetalactis e Betacoccus citrovorus). Questa fase è superflua per i burri prodotti a partire da crema acida, che al contrario di quella ottenuta per centrifugazione (panna dolce) possiede già le caratteristiche organolettiche tipiche del burro (il principale composto che conferisce al prodotto il tipico aroma è il diacetile, a cui si associano sostanze come l'acetilmetilcarbinolo, il 2-3 butandiolo e l'acetoino).
Nella successiva fase di maturazione ai batteri viene lasciato tutto il tempo necessario per operare le suddette trasformazioni; questa fase avviene in serbatoi di acciaio chiusi (tank), contenenti al loro interno una pala, che mantiene la massa in movimento, e rivestiti da una camicia nella quale circola acqua; in questo modo è possibile mantenere la temperatura della crema relativamente costante (16-21° C) per 10 ore o poco meno.
Quando la crema raggiunge valori di acidità prossimi a pH 5, il processo di maturazione viene interrotto facendo passare acqua fredda nella camicia dei tank. E' necessario arrivare a valori di pH leggermente acidi per consentire la denaturazione della membrana lipoproteica (che avvolge i globuli di grasso) e favorire i successivi passaggi.
A maturazione completata si procede con la zangolatura, che consiste nello sbattimento veloce della crema di latte (circa 60 giri/min) in apposite macchine chiamate zangole; ciò determina la collisione tra i globuli di grasso e la coalescenza del materiale lipidico in essi contenuto, la cui fuoriuscita è agevolata dalla denaturazione della membrana che li avvolge (grazie al pH acido acquistato nella precedente fase di maturazione, all'azione meccanica di sbattitura e alla bassa temperatura a cui viene condotta la zangolatura). I trigliceridi fuoriusciti dai globuli si addensano in un ammasso solido che avvolge anche globuli integri (coalescenza) dando luogo a grumi di burro delle dimensioni di un chicco di riso o di mais che si separano dal latticello.
L'intera operazione, condotta a 8-13° C, richiede circa 30 minuti. Durante questa fase si ha l'inversione dell'emulsione, in quanto si formano globuli di grasso (piccoli ammassi lipidici di dimensioni simili a chicchi di riso o di mais, che nel loro insieme prendono il nome di burro grezzo) dai quali viene espulso il latticello. Quest'ultimo è allontanato tramite frequenti lavaggi con acqua fredda; tale operazione è importante - tra l'altro - per aumentare la conservabilità del burro, in quanto il latticello è un ottimo terreno di coltura per i batteri.
Al termine di questa fase il prodotto si presenta come una massa non compatta, formata da tanti piccoli granellini; deve quindi essere impastato, formato in pani ed avviato al confezionamento.
Quello appena illustrato è il processo tradizionale per la preparazione del burro ed è un metodo discontinuo. Oltre ad esso, esiste una tecnica di produzione alternativa, detta NIZO; i passaggi sono i medesimi, ma cambia il momento in cui viene effettuata l'inoculazione delle colture batteriche; mentre nel processo tradizionale viene eseguita prima della zangolatura, in quello NIZO viene fatta dopo la conversione in burro grezzo della crema dolce. I prodotti ottenuti con i due metodi hanno le medesime caratteristiche nutrizionali ed organolettiche; però, mentre nel primo caso otteniamo un latticello acido, nel secondo otteniamo un latticello dolce, quindi privo di aromi; il processo NIZO consente anche un miglior controllo della fermentazione.
La scelta di un processo rispetto all'altro dipende dagli usi a cui destinare il latticello; è chiaro che quando la panna è ottenuta dal siero di latte, quindi da un prodotto "di scarto" proveniente dalla fabbricazione del formaggio, il latticello sarà ormai privo di sostanze nutritizie; se invece si parte dal latte si ottiene un siero più ricco in sostanze nutritizie, come sali minerali e proteine, quindi adatto alla produzione di altri derivati del latte. Si potrà quindi utilizzare la burrificazione tradizionale o il processo NIZO in relazione al tipo di derivato che si vuole ottenere (a seconda del prodotto può essere utile avere un siero più o meno aromatico).

Oltre alla burrificazione discontinua esiste anche una burrificazione di tipo continuo, che viene effettuata per produrre burro su larga scala. I processi e le fasi sono sempre gli stessi, con l'unica differenza che tutti i passaggi avvengono all'interno dello stesso impianto.
I processi più utilizzati nei Paesi UE produttori di burro si basano sul metodo FRITZ, che segue gli stessi princìpi della burrificazione discontinua. Il burro ottenuto con il metodo Fritz, dal punto di vista chimico ed organolettico, è indistinguibile da quello di zangola, ma la resa è leggermente inferiore e minore risulta anche la percentuale di grasso globulare.