Ultima modifica 27.09.2019

Pericoli di tossicità

Le aflatossine sono metaboliti secondari prodotti da alcuni funghi (miceti), tristemente noti per il loro potere tossico, cancerogeno e mutageno, e per l'essere frequenti contaminanti alimentari. AflatossineLe aflatossine vengono sintetizzate prevalentemente da due specie di Aspergillus, l'A. flavus (da cui il nome) e l'A. parasiticus. Mentre il primo sintetizza aflatossine di tipo B (B1 e B2), il secondo produce aflatossine sia di tipo B che di tipo G (G1 e G2); oltre a queste, sono state individuate altre tipologie di aflatossine (all'incirca una ventina in tutto, classificate in base alla fluorescenza), ma vengono considerate rilevanti - per diffusione e tossicità - solamente le quattro elencate e l'aflatossina M1, sostanza derivante dal metabolismo della B1 in animali alimentati con mangimi contaminati.

La tossicità di queste molecole interessa soprattutto il fegato, al punto tale che la loro capacità di indurre epatocarcinoma - quando vengono ingerite in elevate quantità e per lunghi periodi - è stata ampiamente dimostrata. L'azione lesiva di queste tossine è accellerata dalla contemporanea presenza di epatopatie croniche; ciò spiegherebbe la maggiore incidenza di cancro al fegato nei Paesi in via di sviluppo, dove la conservazione dei cereali non rispetta standard igienici soddisfacenti e le malattie epatiche (come le epatiti virali) sono più comuni.

Aflatossine negli alimenti

Le derrate alimentari più frequentemente contaminate da aflatossine, sia durante la coltivazione che durante il raccolto e l'immagazzinamento, sono i cereali, la soia, i legumi, il cotone, alcuni tipi di mandorle e le arachidi; spesso queste sostanze non danno traccia visiva della loro presenza, comunque probabile quando le derrate alimentari appaiono palesemente ammuffite. La presenza in un alimento di Aspergillus flavus (il più comune alle nostre latitudini), comunque, non è necessariamente sinonimo di contaminazione da aflatossine; queste vengono infatti prodotte solo se le condizioni di umidità e temperatura sono favorevoli. Simili presupposti si registrano, per esempio, nei campi della Pianura Padana, dove l'umidità e la calura del periodo estivo facilitano la contaminazione del mais, e soprattutto nelle aree tropicali e subtropicali, dov'è invece il clima siccitoso a favorire la contaminazione delle colture. In linea generale, la produzione di aflatossine sul campo è favorita dalle condizioni di stress a cui è sottoposta la pianta, come alte temperature e umidità, scarsità d'acqua, insufficiente difesa fitosanitaria (specie nel caso della piralide del mais) e concimazione inadeguata, mentre viene ostacolata dal "benessere vegetale". D'altra parte, in un alimento immune dalla presenza di Aspergillus flavus, possono comunque esservi micotossine, poiché tali sostanze sono particolarmente resistenti ai trattamenti, compresi quelli di pastorizzazione e sterilizzazione, che riescono ad inattivarle solo in parte.

Tra le molteplici caratteristiche delle aflatossine vi è la capacità di trasmettersi attraverso la catena alimentare; in pratica, se un animale viene nutrito con mangimi a base di cereali contaminati, le aflatossine si accumulano nelle sue carni e da queste passano all'uomo attraverso il consumo di bistecche o altre parti di animale (soprattutto il fegato); fortunatamente si tratta comunque di quantità limitate, praticamente trascurabili. Più preoccupante il fatto che le aflatossine vengano secrete, in misura proporzionalmente ridotta ma comunque potenzialmente pericolosa (come aflatossine M1 e M2, derivanti da B1 e B2), nel latte di vacche alimentate con mangimi contaminati; queste aflatossine possono quindi trasmettersi all'uomo sia attraverso il consumo di latte, sia attraverso il consumo dei suoi derivati (yogurt e formaggi). Ovviamente i controlli sono rigorosi, soprattutto per i latti destinanti ai neonati, nei quali i limiti di tolleranza sono estremamente ridotti.

Ripercussioni sulla salute e prevenzione

La tossicità delle aflatossine scaturisce molto probabilmente dalla loro capacità di legarsi agli acidi nucleici e di interferire con la sintesi proteica; oltre che a livello epatico queste sostanze agiscono negativamente sul sistema immunitario e favoriscono la comparsa di tumori anche in sedi extraepatiche (cistifellea, colon, ghiandole salivari, polmoni, rene, retto, stomaco, tessuto sottocutaneo e osseo). Infine, ricordiamo come le aflatossine possiedano un'elevata attività fetotossica e teratogena (sono lesive e mutageniche per il feto).

Attualmente l'uomo ha a disposizione armi importanti nella lotta alle aflatossine, che vanno dall'ottimizzazione dei controlli e delle fasi di coltivazione, raccolta e stoccaggio (compresa la scelta di ibridi resistenti), al ricorso a semi transgenici, quindi manipolati geneticamente per essere meno suscettibili all'infestazione da Aspergillus.