Ultima modifica 23.07.2019

Le origini

La storia dell'artemisinina e dei suoi potenziali effetti terapeutici inizia il 23 Maggio del 1967, quando in Cina il Gruppo Nazionale direttivo sulla ricerca dei farmaci antimalarici, arruolando oltre 600 istituti, avviò un imponente screening per identificare nuovi principi attivi dotati di attività antiparassitaria.

Artemisina

Figura: Struttura chimica dell'artemisinina

Solo pochi anni dopo, all'incirca nel 1972, a partire da una pianta tradizionalmente utilizzata in medicina cinese - ossia l'Artemisia annua - fu identificata l'artemisinina. Si scoprì che tale principio attivo, dalla struttura chimica complessa, è in grado di esercitare un'azione antimalarica anche su parassiti farmaco-resistenti.
Nel 1976 i vari studi consentirono di chiarire il principale meccanismo d'azione dell'artemisinina. In particolare, questo sesquiterpene ossigenato, grazie alla sua particolare struttura endoperossidica, sarebbe in grado di interagire con lo ione Ferro, formando radicali liberi e portando alla morte della cellula proprio per shock ossidativo.
L'elevata concentrazione di Ferro all'interno dei plasmodi malarici, giustificherebbe così la particolare suscettibilità di questi parassiti all'azione dell'artemisinina.

NOTA BENE: l'artemisinina è conosciuta anche come qinghaosu.

Le Prospettive Terapeutiche

Anche le cellule tumorali presentano grandi concentrazioni intracellulari di ione Ferro, abbinate ad un alto numero di recettori transmembrana per la Transferrina (necessari per captare il ferro extracellulare e trasportarlo nella cellula).

Lo ione ferro è infatti necessario a sostenere l'esasperato tasso di divisione mitotica che contraddistingue le cellule neoplastiche. Non a caso, le concentrazioni di recettori transmembrana per la transferrina correlano perfettamente con l'aggressività del tumore.

Proprio per le importanti concentrazioni di ferro, le cellule maligne risultano teoricamente più sensibili all'effetto pro-ossidante dell'artemisinina, rendendola di fatto piuttosto selettiva.
Sulla base di queste evidenze e di questi presupposti, da qualche anno si è iniziato a sperimentare l'uso dell'artemisinina e dei suoi derivati più selettivi, come l'Artesunato e la Diidroartemisinina (DHA), in ambito oncologico.
Ad oggi, quindi, le principali promesse terapeutiche di questi principi attivi rimangono proprio quelle relative alle patologie oncologiche ed immunologiche.

Meccanismi d'azione antitumorale

L'enorme impulso che ha avuto la ricerca relativa agli effetti antitumorali dell'artemisinina, sottolineata dal crescente numero di studi pubblicati a riguardo, ha consentito di ipotizzare, ed in alcuni casi di confermare attraverso modelli molecolari, diversi potenziali meccanismi d'azione di questo principio attivio
Attualmente, le proprietà antitumorali dell'artemisinina e dei suoi derivati sembrano sostenuta da:

  • un'attività antiproliferativa: in grado di regolare la sbilanciata attività del ciclo replicativo che contraddistingue le cellule tumorali. In particolare, questi principi attivi sembrerebbero controllare l'espressione delle cicline, e delle relative kinasi, coinvolte nell'avanzamento del processo proliferativo.
    Il tutto, quindi, si tradurrebbe in un arresto della proliferazione cellulare.
  • Un'attività proapoptotica: come osservato in diverse linee cellulari di carcinoma. Più precisamente, l'artemisinina, soprattutto se utilizzata ad alti dosaggi, potrebbe indurre l'attivazione di fattori pro-apoptotici, determinando l'attivazione di meccanismi biologici coinvolti nella frammentazione del DNA e nella conseguente morte cellulare.
  • Un'attività antimetastatica: importante soprattutto per le micro-metastasi originate nelle prime fasi di sviluppo tumorale. Questo tipo di azione sembrerebbe correlato alla capacità dell'artemisinina di inibire l'espressione di metalloproteasi e di altre proteine, appartenenti alla famiglia delle integrine, coinvolte nell'adesione della cellula tumorale alla matrice extracellulare.
  • Un'attività antiangiogenica: da prime evidenze sperimentali, emerge la capacità dell'artemisinina di inibire l'espressione di fattori come il VEGF e il FGF, classicamente coinvolti nel fenomeno di angiogenesi. Più precisamente, questi fattori faciliterebbero la formazione di strutture vascolari intra e peritumorali, necessarie a nutrire la massa tumorale nonché a facilitare la diffusione per via ematica di cloni neoplastici.
  • Un'attività di sostegno chemioterapico: interessanti evidenze hanno dimostrato come l'aggiunta dell'artemisinina e dei suoi derivati alla classica chemioterapia, possa potenziare l'effetto citotossico tumorale del trattamento, soprattutto in caso di patologie non adeguatamente responsive o di tumori purtroppo farmaco-resistenti. I meccanismi d'azione di quest'attività non sono ancora tuttavia stati chiariti.

Gli studi

Nonostante la maggior parte degli studi a riguardo sia ancora sperimentale, quindi condotta per lo più su linee cellulari o modelli animali, ad oggi i dati sono particolarmente promettenti, grazie anche ad un meccanismo d'azione abbastanza riproducibile.


Test in vitro: diversi lavori hanno dimostrato l'attività citotossica dell'artemisinina e dei suoi derivati su linee cellulari di mastocitoma e adenocarcinoma renale murino.
Più precisamente, l'incubazione per 72 h di queste linee cellulari con l'artemisinina ha determinato un'inibizione del 70 - 90% della loro proliferazione, attraverso l'induzione del processo apoptotico e l'arresto del ciclo cellulare, come evidenziato da lavori di medicina molecolare.
Ottimo effetto si è avuto anche associando l'artemisinina ai classici farmaci citototossici e chemioterapici, classicamente utilizzati in ambito terapeutico.
Sulla scia di questi studi, il Programma di Sviluppo Terapeutico del National Cancer Institute ha osservato l'efficacia inibitoria dell'artemisinina e dei suoi derivati semisintetici anche nei confronti di linee cellulari di carcinoma del colon, della mammella, delle ovaie, del sistema nervoso centrale, del pancreas, del polmone, e nei confronti del melanoma e della Leucemia.


Test in vivo - modelli sperimentali: i successi degli studi condotti in vitro hanno spinto i ricercatori, impegnati nella lotta al cancro, a sperimentare l'efficacia dell'artemisinina e dei suoi derivati anche in modelli sperimentali di cancro animale.
In questi studi, per lo più condotti su tumori solidi, si è osservato come l'assunzione di artemisinina potesse rallentare sensibilmente la crescita esponenziale del tumore, portando così non solo ad un miglioramento complessivo del quadro clinico, ma anche ad una sensibile riduzione della mortalità.


Trial clinici: l'artemisinina e i suoi derivati sono stati utilizzati anche in trial clinici umani ed in singolo casi clinici. Successi interessanti si sono osservati per il carcinoma a cellule squamose della laringe, per il macroadenoma pituitario e per alcune forme di tumore del polmone.
In tutti questi studi, i suddetti principi attivi sono stati aggiunti alla classica chemioterapia.
Molte ricerche sono ancora in atto per comprendere le reali potenzialità cliniche di questi derivati.

Tossicità dell'artemisinina

Nonostante non esistano ancora studi a lungo termine, in grado quindi di verificare i potenziali effetti tossici relativi all'utilizzo terapeutico dell'artemisinina, i primi studi sperimentali dimostrano, a dosaggi particolarmente elevati, effetti prevalentemente neurotossici.
Tuttavia, riferendosi agli studi pubblicati in letteratura relativamente all'utilizzo dell'artemisinina come antimalarico, questo principio attivo sembra ben tollerato ai dosaggi standard.

Applicazioni future

L'artemisinina è stata già raccomandata da anni per la sensibile azione antimalarica.
Tuttavia, questo principio attivo si è recentemente rivelato piuttosto efficace soprattutto per le sue forti potenzialità citostatiche e citotossiche.
Studi sperimentali hanno dimostrato l'elevata efficacia antitumorale dell'artemisinina e dei suoi derivati, potendo offrire un'ulteriore alternativa terapeutica ai clinici, soprattutto nei confronti di tumori particolarmente aggressivi o non adeguatamente responsivi alla terapia.
L'intero panorama scientifico, sulla base di questi promettenti studi, si augura che i differenti trial clinici attualmente in atto possano avvalorare le ipotesi terapeutiche effettuate, ampliando così le potenziali scelte terapeutiche a favore del medico per la lotta al cancro.

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