Divieto di allevamento e uccisione di animali da pelliccia

Divieto di allevamento e uccisione di animali da pelliccia
Ultima modifica 15.02.2022
INDICE
  1. Introduzione
  2. Un po' di storia
  3. Cosa prevede la normativa
  4. Allevamenti inquinanti

Introduzione

Dal 1 gennaio 2022 in Italia è vietato l'allevamento e l'uccisione degli animali per produrre pellicce, un tipo di attività che entrava palesemente in conflitto con le norme contro lo sfruttamento non necessario degli animali. Le nuove norme vengono stabilite da un emendamento, a prima firma della Presidente del Gruppo Misto, Loredana De Petris, approvato martedì 21 dicembre, dalla Commissione Bilancio al Senato

Dal quest'anno è dunque "vietato allevare, far riprodurre in cattività, catturare e uccidere visoni, volpi, procioni, cincillà e tutti gli animali di qualsiasi specie per ricavarne pelliccia" Tutti gli allevamenti ancora esistenti in Italia, entro il 30 giugno 2022 dovranno essere smantellati. Il governo, intanto, ha stanziato 3 milioni di euro per indennizzare gli allevamenti e la riconversione di attività e posti di lavoro. Ancora cinque gli allevamenti e insediamenti produttivi attivi in Italia.

Un po' di storia

Il divieto è il risultato di lunghi anni di battaglie animaliste e prese di posizione anche delle grandi case di moda. Sebbene il mercato delle pellicce non abbia subito crisi, neppure durante la pandemia, il governo italiano ha ascoltato le istanze sempre più nazionalpopolari. Già negli anni 70 si tenevano presidi e manifestazioni contro l'uccisione di animali per produrre pellicce, in ogni parte del mondo. Nel 1993, in Parlamento, vennero discusse le nuove norme contro il maltrattamento degli animali firmate dagli allora deputati dei Verdi Stefano Apuzzo e Alfonso Pecoraro Scanio. Nel 2020, in piena pandemia, gli avvenimenti hanno spinto sull'acceleratore: le aggregazioni di animali in cattività e nei mercati, infatti, si erano dimostrate fonti di trasmissione e mutazione dei virus. In Italia, come ricorda la cronaca, erano stati chiusi gli allevamenti di visoni dopo che ben 440 di questi insediamenti, in Europa e Nordamerica, si erano trasformati in veri e propri focolai del virus.

La moda ha fatto tutto il resto. Prima di tutto la consapevolezza che, nonostante il mercato del lusso si ritagli una fetta di mercato ben presente, la pelliccia non è necessaria per scaldarsi e ripararsi dal freddo. Alcuni tessuti tecnici, infatti, proteggono e mantengono la temperatura corporea maggiormente rispetto alle pellicce. Negli anni 80, poi, ha avuto inizio la svolta: la comparsa sul mercato delle collezioni fur free, ossia delle pellicce sintetiche, ecologiche, realizzate dalle più grandi case di moda italiane, ma anche straniere, e del considetto fast fashion.

Cosa prevede la normativa

La nuova manovra approvata dal Governo ha imposto a partire dal primo gennaio 2022 il divieto di allevamento, riproduzione in cattività e e uccisione di volpi, visoni, cincillà, procioni e qualsiasi altra specie dalla quale si ricavi pelliccia. Nessun nuovo allevamento potrà quindi essere avviato. E chi ha già allevamenti di animali da pelliccia potrà mantenerlo in attività sino al 30 giugno 2022, per poi cessare definitivamente. In tal proposito, sono inoltre stati stanziati 3 milioni di euro per il 2022 per indennizzare questi allevamenti. 

Con questa norma l'Italia si aggiunge ai tanti Paesi in Europa dove questo tipo di attività è già vietato: Austria, Belgio, Bosnia ed Erzegovina, Croazia, Lussemburgo, Macedonia del Nord, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Repubblica Ceca, Slovacchia e Slovenia.

Lo sapevi che gli allevamenti di visoni...

In Italia, mediamente, durante la fase degli accoppiamenti dei visoni, prevista nel mese di marzo, tra aprile e maggio porta alla nascita di circa 35mila cuccioli. I piccoli di visone, dopo essere rimasti chiusi in gabbie minuscole (35X70 cm e 45 cm di altezza) per 8-9 mesi, venivano uccisi per poter sfruttare le loro pelli nella produzione delle pellicce. In natura i visoni sono animali solitari, quindi la pratica e le modalità di allevamento sono state considerate ancora più crudeli. Secondo i dati 2020 forniti dalla LAV, tra Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Abruzzo, regioni in cui sono attivi gli allevamenti, vengono allevati ogni anno più di 60mila visoni, la cui breve esistenza termina in modo lento e crudele. Una scelta etica quella del Governo italiano che ora dovrà far fronte ai mancati guadagni di una industria più che mai redditizia come quella delle pellicce. 

Allevamenti inquinanti

C'è anche un aspetto ambientale legato alla produzione di pellicce. Se si parla di visoni, ad esempio, è necedssario considerare anche quanto sia impattante allevarli: ricavare 1 kg di pelliccia di visone pesa sull'ambiente molto di più rispetto alla stessa quantità di cotone, acrilico, e poliestere, sino a 14 volte superiore. Per realizzare una pelliccia di visone, sono necessarie le pelli di oltre  11 visoni. Tenendo in considerazione anche che ogni visone necessita di circa 50 kg di cibo durante la sua breve vita, per la produzione di 1 solo kg di pelliccia servono ben 563 kg di cibo: una proporzione in costante disequilibrio che spiega anche i prezzi di mercato di certi materiali ed oggetti. Senza contare che, come si è scoperto, molte pellicce sono risultate anche tossiche.

Il business delle pellicce?

Ma quanto vale il business delle pellicce?  Uno studio condotto dall'Università di Copenaghen del 2021, dal titolo "Global Fur Retail Value" ha evidenziato come a livello mondiale la vendita al dettaglio di pellicce vale oggi 20,1 miliardi di dollari, cioè più di 17 miliardi di euro. In Europa il mercato delle pellicce vale circa 4 miliardi di euro.