Ultima modifica 23.12.2019

Il glicogeno è una macromolecola (massa molecolare di circa 400 milioni di dalton) di α-glucosio in cui si hanno principalmente legami α-1,4 glicosidici e ramificazioni in rapporto 1:10, dovute a legami α-1,6 glicosidici.
Il glicogeno costituisce materiale di riserva e viene continuamente degradato e ricostituito; in tutta la massa cellulare corporea, si hanno circa 100 g di glicogeno: la maggior parte di esso è nel fegato dove è mobile e può, quindi, essere usato come riserva per gli altri organi (il glicogeno nei muscoli non è mobile).
Gli enzimi che catalizzano la degradazione e la sintesi del glicogeno, sono tutti nel citoplasma, perciò serve un sistema di regolazione che renda inattiva una via quando l'altra è attiva: se c'è disponibilità di glucosio, quest'ultimo viene convertito in glicogeno (anabolismo) che è una riserva, viceversa, se c'è richiesta di glucosio, allora il glicogeno viene degradato (catabolismo).
glicogenoAndando a vedere la struttura del glicogeno, si può notare che è presente una sola estremità (unità glicosidica laterale) con l'ossidrile del quarto carbonio impegnato e l'ossidrile sul primo carbonio libero: questa unità è detta estremità riducente; esistono, invece, molte estremità con l'ossidrile legato al primo carbonio del glucosio, impegnato in un legame e l'ossidrile  del quarto carbonio non impegnato in alcun legame: estremità non riducenti. Sulle estremità non riducenti, è in grado di legarsi l'enzima deputato alla degradazione o alla sintesi del glicogeno;  dato l'elevato numero di estremità non riducenti, molte unità enzimatiche possono agire contemporaneamente e ciò rende molto veloce la sintesi o la degradazione del glicogeno. Il metabolismo del glicogeno è a risposta rapida.
L'enzima principalmente impegnato nella degradazione del glicogeno è la glicogeno fosforilasi; tale enzima è in grado di scindere un legame α-1,4 glicosidico utilizzando, come agente litico, un ortofosfato inorganico: la scissione avviene per via fosforolitica e si ottiene glucosio 1-fosfato.
A cinque o sei unità  da un punto di ramificazione, l'enzima glicogeno fosforilasi non è più in grado di agire perciò si stacca dal glicogeno e viene sostituito da un enzima deramificante che è una transferasi: nel sito catalitico di tale enzima c'è un'istidina che permette il trasferimento di tre unità saccaridiche  alla catena glicosidica più vicina (l'istidina attacca il primo carbonio di una molecola di glucosio). L'enzima appena citato è la glicosiltransferasi; al termine dell'azione di questo enzima, rimane, sulla catena laterale, una sola unità di glucosio con il primo carbonio legato al sesto carbonio di un glucosio della catena principale. L'ultima unità di glucosio della catena laterale, viene liberata per azione dell'enzima α-1,6 glicosidasi  (questo enzima costituisce la seconda parte dell'enzima deramificante); dato che le ramificazioni, nel glicogeno, sono in rapporto 1:10, dalla completa degradazione della macromolecola  si ottiene circa il 90% di glucosio 1-fosfato e circa il 10% di glucosio.
L'azione degli enzimi sopraccitati, permette di eliminare una catena laterale dalla molecola di glicogeno; l'attività di tali enzimi può essere ripetuta finchè non si ha la completa degradazione della catena.
Prendiamo in considerazione un epatocita; il glucosio (assimilato attraverso la dieta), quando entra nella cellula viene convertito a glucosio 6-fosfato e così viene attivato. Il glucosio 6-fosfato, per azione della fosfoglucomutasi, viene trasformato in glucosio 1-fosfato: quest'ultimo è un precursore non immediato, delle biosintesi; nelle biosintesi si utilizza una forma attivata degli zuccheri che è rappresentata dallo zucchero legato ad un difosfato: solitamente uridildifosfato (UDP).  Il glucosio 1-fosfato viene, allora, convertito in UDP-glucosio; questo metabolita va sotto l'azione della glicogeno sintasi che è in grado di legare l'UDP-glucosio ad una estremità non  riducente del glicogeno in crescita: si ottengono il glicogeno allungato di una unità glucosidica e UDP. L'UDP viene convertito dall'enzima nucleosidedifosfochinasi in UTP che ritorna in circolo.


La degradazione del glicogeno avviene per azione della glicogeno fosforilasi che libera una molecola di glucosio e la trasforma in glucosio 1-fosfato. Successivamente, la fosfoglucomutasi, converte il glucosio 1-fosfato in glucosio 6-fosfato.
Il glicogeno viene sintetizzato, soprattutto, nel fegato e nei muscoli: nell'organismo si ha 1-1,2 etti di glicogeno distribuito in tutta la massa muscolare.
Il glicogeno di un miocita rappresenta una riserva di energia solo per tale cellula mentre il glicogeno contenuto nel fegato è una riserva anche per gli altri tessuti cioè può essere inviato, come glucosio, ad altre cellule.
Il glucosio 6-fosfato ottenuto nei muscoli dalla degradazione del glicogeno viene, allora, inviato, in caso di fabbisogno energetico, alla glicolisi; nel fegato, il glucosio 6-fosfato viene convertito in glucosio per azione della glucosio 6-fosfato fosfatasi (enzima caratteristico degli epatociti) e viene convogliato nel torrente circolatorio.
La glicogeno sintasi e la glicogeno fosforilasi, lavorano entrambe sulle unità non riduenti del glicogeno perciò ci deve essere un segnale ormonale che comanda l'attivazione di una via e il blocco dell'altra (o viceversa).
In laboratorio è stato possibile allungare la catena di glicogeno, sfruttando la glicogeno fosforilasi ed usando il glucosio 1-fosfato in concentrazione molto elevata.
Nelle cellule, la glicogeno fosforilasi, catalizza solamente la reazione di degradazione perché le concentrazioni dei metaboliti sono tali da spostare l'equilibrio della reazione seguente, verso destra (cioè verso la degradazione del glicogeno):

 

Il glicogeno

 

Vediamo il meccanismo d'azione della glicogeno fosforilasi: l'ossigeno acetalico (che fa da ponte tra le unità di glucosio) si lega all'idrogeno del fosforile: si forma un intermedio di reazione dato da un carbocatione (sul glucosio che è all'estremità) a cui si lega, molto velocemente, il fosforile (Pi).
La glicogeno fosforilasi necessita di un cofattore che è il piridossal fosfato (questa molecola è anche cofattore per le transaminasi): presenta un fosforile protonato solo in parte (il piridossal fosfato è circondato da un ambiente idrofobico che giustifica la presenza di protoni ad esso legati). Il fosforile (Pi) è in grado di cedere un protone al glicogeno perché tale fosforile riacquista poi, il protone dal fosforile parzialmente protonato del piridossal fosfato. La probabilità che, a pH fisiologico, il fosforile perda il protone e rimanga completamente deprotonato è molto bassa.
Vediamo ora come agisce la fosfoglucomutasi. Tale enzima presenta, nel sito catalitico, un residuo di serina fosforilata; la serina cede il fosforile al glucosio 1-fosfato (in posizione sei): si forma, per un tempo breve, glucosio 1,6-bisfosfato, poi la serina viene rifosforilata prendendo il fosforile in posizione uno. La fosfogluco mutasi può lavorare in entrambe le direzioni cioè convertire il glucosio 1-fosfato in glucosio 6-fosfato o viceversa; se viene prodotto glucosio 6-fosfato, questo può essere direttamente inviato alla glicolisi, nei muscoli, oppure trasformato in glucosio nel fegato.
L'enzima uridil fosfogluco transferasi (o UDP glucosio pirofosforilasi) catalizza la reazione di trasferimento del glucosio 1-fosfato all'UTP per attacco al fosforile a.
L'enzima appena descritto è una pirofosforilasi: tale nome è dovuto al fatto che la reazione opposta a quella appena descritta è una pirofosforilazione.
L'UDP glucosio, ottenuto come descritto, è in grado di allungare la catena di glicogeno, di una unità monosaccaridica.
È possibile far evolvere la reazione verso la formazione di UDP glucosio per eliminazione di un prodotto che è il pirofosfato; l'enzima pirofosfatasi converte il pirofosfato in due molecole di ortofosfato (idrolisi di una anidride) e così facendo, mantiene talmente bassa la concentrazione di pirofosfato da rendere termodinamicamente favorito il processo di formazione dell'UDP glucosio.
Come detto, l'UDP glucosio, grazie all'azione della glicogeno sintasi, è in grado di allungare la catena di glicogeno.
Le ramificazioni (in rapporto 1:10) sono dovute al fatto che, quando una catena di glicogeno è costituita da 20-25 unità, interviene un enzima ramificante (avente un'istidina sul suo sito catalitico) in grado di trasferire una serie di 7-8 unità glicosidiche più a valle di 5-6 unità: si genera così una nuova ramificazione.
Per questioni di origine nervosa o se occorre energia a causa di uno sforzo fisico, dalle ghiandole surrenali viene secreta l'adrenalina.
Le cellule bersaglio dell'adrenalina (e della noradrenalina) sono quelle di fegato, muscoli e tessuto adiposo (in quest'ultimo si ha la degradazione dei trigliceridi e la messa in circolo degli acidi grassi: nei mitocondri viene, di conseguenza, prodotto glucosio 6-fosfato, per essere inviato alla glicolisi, mentre negli adipociti, il glucosio 6-fosfato viene trasformato in glucosio per azione dell'enzima glucosio 6-fosfato fosfatasi ed esportato nei tessuti).
Vediamo, ora le modalità d'azione dell'adrenalina. L'adrenalina va a legarsi ad un recettore posto sulla membrana cellulare (di miociti ed epatociti) e ciò determina la traduzione del segnale da fuori a dentro la cellula. Viene attivata la protein chinasi che agisce simultaneamente  sui sistemi che regolano la sintesi e la degradazione del glicogeno:

La glicogeno sintasi, esiste in due forme: una forma defosforilata (attiva) e una forma fosforilata (inattiva); la protein chinasi fosforila la glicogeno sintasi e ne blocca l'azione.

La glicogeno fosforilasi può esistere in due forme: una forma attiva in cui è presente una serina fosforilata ed una forma inattiva in cui la serina è defosforilata. La glicogeno fosforilasi può essere attivata dall'enzima glicogeno fosforilasi chinasi. La glicogeno fosforilasi chinasi è attiva se è fosforilata e inattiva se è defosforilata; la protein chinasi ha come substrato la glicogeno fosforilasi chinasi cioè è in grado di fosforilare  (e, quindi, attivare) quest'ultima che, a sua volta, attiva la glicogeno fosforilasi.

Terminato il segnale dell'adrenalina, deve terminare anche l'effetto che ha nella cellula: enzimi fosfatasi intervengono, allora, sulle specie proteiche.