Ultima modifica 29.01.2020

Analisi del Sangue

Molto importanti per la diagnosi sono le manifestazioni cliniche che questo tumore può dare, associate ad una storia di epatite o di alcolismo.

Indici di Funzionalità epatica

Il passo successivo consiste nelle cosiddette "prove di funzionalità epatica", cioè nell'andare a ricercare nel sangue la quantità delle sostanze normalmente prodotte dal fegato (colesterolo, vitamina k, proteine della coagulazione come il fibrinogeno ed altre) - che saranno ridotte nel caso di tumore - e degli enzimi epatici, le transaminasi, che si liberano nel sangue ogni qualvolta vi sia una rottura degli epatociti e che quindi aumentano in caso di tumore, anche se non in maniera eclatante come durante un'epatite acuta.

Spesso aumentano anche la bilirubina (una sostanza di colore giallo-verde, che deriva dalla degradazione dell'emoglobina contenuta nei globuli rossi morenti e che viene eliminata con la bile), ed alcuni indici che rivelano una malattia in fase sempre attiva (chiamati proteina C reattiva o PCR e velocità di eritrosedimentazione o VES).

Alfafetoproteina

La diagnosi può trovare un dato di supporto nel dosaggio di un'altra proteina, chiamata α-feto-proteina (AFP). Questa è sintetizzata dal fegato del feto in via di sviluppo nell'utero della madre, ma non più dal fegato adulto. Ricompare nel sangue dei pazienti con epatocarcinoma, perché l'epatocita è trasformato dal tumore e tende a "differenziarsi", riacquistando le capacità tipiche delle cellule fetali. In realtà, anche nell'adulto normale esistono tracce di questa sostanza (fino a 10-15 nanogrammi su millilitro), ma valori oltre i 200 devono essere considerati altamente sospetti per la presenza di un tumore del fegato. Questo aumento si verifica in un elevato numero di neoplasie epatiche, specialmente se estese, e tende a regredire completamente dopo asportazione della massa. Però, l'AFP può aumentare nel sangue anche in corso di altre malattie del fegato non tumorali e, in particolare, in corso di cirrosi epatica. Infine, è stato visto che il 25% degli epatocarcinomi non produce AFP, quindi questo marcatore ha comunque dei limiti.

Esami strumentali

Tra gli esami strumentali, il più importante è senza dubbio l'ecografia dell'addome con il mezzo di contrasto radioattivo, che permette di individuare noduli di diametro inferiore ai 2 centimetri.

Essa, inoltre, può essere utilizzata come guida per aspirare, con un ago molto sottile, il contenuto della massa tumorale, che verrà poi analizzato al microscopio (esame citologico).

Meno sensibile, ma comunque utile, è la tomografia computerizzata (TC). La risonanza magnetica nucleare (RMN) viene invece utilizzata solo dopo la TC nel caso quest'ultima non sia stata soddisfacente dal punto di vista diagnostico. Utile - soprattutto prima di un intervento chirurgico - è un altro esame chiamato angiografia, cioè una radiografia dei vasi del fegato, nei quali viene precedentemente iniettato un mezzo di contrasto radioattivo per poterli vedere bene ai raggi X. Questa tecnica permette di evidenziare la vascolarizzazione della neoplasia.

In ogni caso, la diagnosi di certezza può essere posta solo con un piccolo interveto chirurgico, durante il quale si preleva un pezzettino di tumore (biopsia epatica) per poterlo analizzare al microscopio (esame istologico).

Diagnosi precoce

Non è provato che programmi di screening per l'epatocarcinoma migliorino la sopravvivenza.

Nella pratica clinica è diffuso lo screening di pazienti ad alto rischio (infezione cronica da HBV o HCV, epatopatia alcoolica) con ecografia e/o dosaggio dell'alfa-fetoproteina.

Al momento la riduzione della mortalità è correlata alle misure di controllo dell'infezione virale, attraverso l'impiego del vaccino per l'HBV e le misure preventive per l'HCV, che comprendono lo screening del sangue e degli emoderivati, degli organi e tessuti donati, e le misure di controllo durante tutte le procedure mediche, chirurgiche e odontoiatriche.

 


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