Epatite A: Fattori di rischio, Diagnosi, Cura
Fattori di rischio
L'epatite A è più comune tra le persone che:
- lavorano o viaggiano in Paesi dove la malattia è molto diffusa, anche se soggiornano in hotel di lusso;
- hanno rapporti sessuali non protetti di natura proctogenitale od ano-linguale (in particolar modo gli omosessuali maschi);
- si sono iniettate droghe o hanno condiviso la siringa assieme ad altri (in particolar modo i tossicodipendenti);
- utilizzano droghe non iniettabili (il rischio è minore rispetto al punto precedente, ma bisogna considerare che la tossicodipendenza si accompagna spesso a scarse norme igieniche personali e che le droghe possono essere occultate nel tratto intestinale o contaminate in altro modo);
- contraggono rapporti stretti con individui infetti (asili, scuole, familiari ecc.);
- consumano frutti di mare crudi o non sufficientemente cotti.
Comportamenti alimentari a rischio per l'epatite A
- Consumare frutti di mare crudi
- Consumare frutti di bosco surgelati crudi
- Consumare frutta e verdura crude NON lavate
- Bere acqua di pozzo
Nei Paesi industrializzati, come il nostro, i miglioramenti igienico-sanitari hanno notevolmente ridotto l'incidenza dell'epatite A, ma la prevenzione primaria rimane comunque importantissima.
Diagnosi
L'infezione da epatite A può essere facilmente smascherata da un semplice esame del sangue, anche in assenza di sintomi.
Dopo il prelievo, si valuta la concentrazione plasmatica di bilirubina e transaminasi (che salgono in presenza di un danno epatico, indipendentemente che sia stato indotto o meno dall'HVA).
Per ottenere un dato significativo è necessario ricercare nel campione ematico anticorpi specifici contro l'epatite A. Dal momento che questi appaiono nel sangue solamente dopo settimane o addirittura mesi dal contagio, eseguire il monitoraggio delle immunoglobuline anti HAV in epoca precoce comporta un alto numero di falsi negativi (persone che, pur essendo ammalate, appaiano sane alla luce dei risultati forniti dal test). Allo stesso modo, non è da sottovalutare il rischio di falsi positivi, dal momento che gli anticorpi continuano ad essere presenti nel sangue anche quando l'infezione si è risolta.
Per questo motivo, la diagnosi si basa soprattutto sulla ricerca di anticorpi IgM anti-HAV, che compaiono precocemente e scompaiono con altrettanta rapidità dopo pochi mesi; gli anticorpi IgG anti-HAV, invece, compaiono durante la fase di convalescenza e permangono per tutta la vita. Di conseguenza, gli anticorpi IgM rappresentano un marker di infezione acuta, mentre gli IgG testimoniano una pregressa esposizione al virus dell'epatite A e l'immunità nei suoi confronti.
Complicanze
In linea di massima, la gravità della malattia è direttamente proporzionale all'età del soggetto infetto. Fortunatamente, l'infezione è generalmente autolimitante, nel senso che il fegato guarisce completamente, di solito nel giro di uno o due mesi, senza subire danni permanenti.
Gli anziani e le persone che soffrono di malattie debilitanti, come anemia, diabete o problemi cardiaci, sono più esposti a ricadute e necessitano di un tempo superiore per guarire.
La complicanza più grave dell'epatite A, anche se estremamente rara, è l'epatite fulminante. Si tratta di una condizione molto grave, che causa insufficienza epatica e può mettere a serio rischio la sopravvivenza stessa del paziente. Il rischio è maggiore per le persone con un fegato già sofferente a causa di determinate patologie (altre forme di epatite) o dell'abuso di alcol o di determinati farmaci.
Come accennato, non sembra che questo virus abbia un ruolo nell'induzione dell'epatite cronica attiva o della cirrosi.
Cura e trattamento
Per l'epatite A la miglior cura è la prevenzione. Non è infatti disponibile una cura specifica contro l'HAV, se non la precoce somministrazione di gammaglobuline standard (anticorpi) entro 7-14 giorni dal contagio. Di conseguenza, se i sintomi sono già comparsi, questa strada non è più percorribile e ci si limita a monitorare la progressione della malattia, che, nella stragrande maggioranza dei casi, regredisce spontaneamente.
Per non stressare ulteriormente un fegato già provato dall'infezione, il paziente viene spesso invitato a seguire alcune semplici norme dietetiche. Innanzitutto, l'ammontare calorico quotidiano viene suddiviso in tanti piccoli spuntini. Contemporaneamente, andrà ridotto il consumo di alimenti troppo grassi, specie se fritti o bruciacchiati, a favore di pietanze facilmente digeribili, come brodo, zuppe, yogurt, frutta e verdure. Imperativo è l'allontanamento dell'alcol, almeno sino alla completa remissione dei sintomi.
In presenza di epatite A è importante comunicare al medico tutti i medicinali che si stanno assumendo, compresi i prodotti da banco per il mal di testa o i dolori mestruali. Alcuni di questi, infatti, possono produrre metaboliti tossici per il fegato.
Integratori specifici, come gli estratti di carciofo, il cardo mariano e la silimarina, forniscono un aiuto importante, grazie alla loro capacità di depurare il fegato dalle tossine e migliorarne la funzionalità. Il loro utilizzo in presenza di epatite A deve comunque avvenire sotto la supervisione medica, dal momento che, un po' come tutti i prodotti fitoterapici, sono controindicati in presenza di determinate malattie e potrebbero interagire con alcuni farmaci prescritti al paziente.
Se la malattia si complica in epatite fulminante è richiesto il ricovero medico, necessario per fronteggiare tempestivamente eventuali emergenze e fornire al paziente trattamenti dietetici e farmacologici particolari. I casi più complicati possono richiedere il trapianto di fegato, nel tentativo disperato di salvare la vita al paziente.
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