Ultima modifica 26.02.2020

Depressione: sindrome eterogenea che altera gli stadi umorali degli individui a diversi livelli, senza cause reali. I sintomi coinvolgono soprattutto la sfera emotivo-affettiva, ma possono presentarsi anche fenomeni neurodegenerativi, come difficoltà mnemoniche e loquiali.
Si distinguono diverse tipologie di depressione:

  1. Depressione reattiva o secondaria: dovuta a gravi cause contingenti, come disgrazie reali.
  2. Depressione endogena: vera e propria patologia generalmente determinata geneticamente, trattata dapprima con terapia psichiatrica e successivamente con terapia farmacologica.
  3. Sindrome maniaco-depressiva: disturbo affettivo bipolare, che alterna stadi di depressione profonda a stadi di eccessiva ed irrazionale euforia; necessita di una specifica terapia farmacologica.

La causa più probabile dell'insorgenza di depressione è una disfunzione della trasmissione a livello centrale e periferico dei neurotrasmettitori: noradrenalina, serotonina e dopamina; i quali sono tutti coinvolti  nel controllo dell'umore, del ciclo sonno-veglia, dell'appetito, dell'attività sessuale e delle reazioni aggressive. L'alterazione di questi fattori dà luogo ad i sintomi tipici della depressione.

Esiste un'ipotesi eziologica per l'insorgenza della depressione come patologia, secondo cui il deficit di queste neuro ammine causerebbe l'alterazione delle funzioni da loro regolate. Da questa ipotesi sono nate due categorie di farmaci, MAO-inibitori e TRICICLICI, con diverso meccanismo d'azione, ma medesimo effetto farmacologico, ovvero il potenziamento della trasmissione noradrenergica e serotoninergica. Questi farmaci si sono dimostrati utili, ma non sufficienti: l'effetto antidepressivo compare dopo settimane di trattamento, sebbene la trasmissione neuronale venga ripristinata dopo poche ore dalla somministrazione. Il motivo di questa incongruenza ce lo spiega la seconda ipotesi formulata dagli studiosi, l'ipotesi neurotrofica della depressione; secondo questa teoria, la depressione è causata non esclusivamente dal deficit neuroamminergico, ma altresì da: alterazioni nell'espressione dei recettori di questi neurotrasmettitori, alterazioni nei meccanismi di trasduzione a livello del cytosol e alterazioni durantel'espressione genica di fattori neurotrofici; queste ultime causerebbero fenomeni di neuro degenerazione, in quanto ridicono la plasticità e la sopravvivenza neuronale. Gli antidepressivi di seconda generazione tendono e ridurre tali fenomeni inducendo neurogenesi, ovvero ripristinando la funzione dei neuroni danneggiati; ma anche in tal caso occorrono settimane di trattamento prima che l'effetto si esplichi.
Classificazione degli antidepressivi.

  • Inibitori delle MAO: inibitori irreversibili delle mono-ammino-ossidasi, enzimi degradativi delle monoammine neuronali: ciò permette ai neurotrasmettitori di essere continuamente rilasciati, senza però subire una degradazione. Gli IMAO di prima generazione sono irreversibili, quelli di seconda generazione presentano invece alcuni membri con caratteristiche di inibitori reversibili e con minor effetti collaterali rispetto ai primi. Tuttavia presentano un uso limitato perché sono epatotossici e richiedono una somministrazione frequente ed una dieta povera di alimenti contenenti tiramina.

  • Antidepressivi triciclici: per diversi anni hanno rappresentato i farmaci antidepressivi di prima scelta, poiché sono i più efficaci. Il primo fu introdotto negli anni '50 ed è in grado di bloccare i trasportatori deputati alla ricaptazione di noradrenalina e serotonina a livello sinaptico, perciò induce un aumento della concentrazione di questi neurotrasmettitori in modo indiretto. Questi farmaci contro la depressione presentano tuttavia degli effetti collaterali non trascurabili: interagiscono come antagonisti dei recettori muscarinici dell'acetilcolina determinando così un'inibizione delle secrezioni, una riduzione della motilità gastrica, ritenzione idrica, visione offuscata, tachicardia, disturbi a livello del SNC (deliri, allucinazioni...); interagiscono sempre come antagonisti dei recettori H1 dell'istamina causando sonnolenza, aumento del peso, vertigini e sedazione a livello centrale; bloccano inoltre i recettori α1 noradrenergici determinando vasodilatazione con conseguente ipotensione ortostatica, vertigini e problemi sessuali. Questi farmaci mostrano inoltre una buona affinità per il tessuto cardiaco, generando una cardiotossicità; presentano infine un determinato grado di tolleranza, da qui la necessità di un'interruzione graduale.

  • Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI): scoperti negli anni '80, sono in grado di inibire selettivamente i trasportatori della serotonina; non interagiscono con gli altri recettori noradrenergici, pertanto non presentano gli effetti collaterali dei triciclici. Questi farmaci contro la depressione vengono classificati in base alla loro farmacocinetica. L'effetto antidepressivo è dovuto all'aumento di serotonina a livello sinaptico; tuttavia  questo effetto può veicolare secondari effetti, come: disturbi gastro-intestinali, alterazioni del sonno. In associazione con gli I-MAO possono determinare un tale aumento della concentrazione di serotonina da causare la cosiddetta “sindrome serotoninergica”, caratterizzata da: tremori, rigidità muscolare, sbalzi di umore, convulsioni e coma. Dosaggi terapeutici di antidepressivi SSRI sono efficaci e soprattutto i più usati, poiché facilmente somministrabili.

  • Inibitori selettivi della ricaptazione della noradrenalina (NARI): alternativa farmacologica agli SSRI, non egualmente efficace.

  • Antidepressivi specifici serotoninergici e noradrenergici (NASSA): fungono da antagonisti per i recettori α2 sulle terminazioni nervose, fisiologicamente deputati a bloccare il rilascio di serotonina e noradrenalina. Gli effetti collaterali sono meno gravi, tuttavia si riscontra un leggero stato sedativo e la tendenza all'aumento di peso.

  • Inibitori della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina (SNRI): hanno un meccanismo di azione multiplo come i triciclici, senza però interagire con i recettori M1, H1 ed α1. Il più noto è la Duloxetnia, che inibisce in modo bilanciato la ricaptazione di entrambi i recettori; da ciò la necessità di somministrare dosaggi bassi; questo farmaco contro la depressione sembra non presentare gravi effetti collaterali, da ricordare però gli effetti secondari legati alla funzionalità renale: ritenzione idrica e blocco della minzione, attualmente studiati per il trattamento dell'incontinenza urinaria da stress.

  • Hypericum perforatum: Iperico o erba di San Giovanni, impiegata come antidepressivo; in vitro si è accertato che la sua azione inibitrice la ricaptazione di noadrenalina e serotonina è paragonabile ai triciclici o agli SNRI. L'estratto metanolico o idro-metanolico risulta efficace per il trattamento di depressioni di entità lieve o moderata; tuttavia in commercio ci sono tantissimi preparati a base di iperico, che viene infatti impiegato anche come antibatterico ed antinfiammatorio ad uso topico. Sebbene sia un estratto vegetale, l'iperico presenta un'elevata efficacia, perciò non è consigliabile in gravidanza o allattamento, o in associazione a convenzionali antidprssivi; inoltre, mostra un elevato effetto induttore del sistema microsomiale epatico ed un'elevata fotosensibilità. In riferimento agli estratti di iperico, gli enti deputati alla fitovigilanza hanno segnalato fotosensibilità, che può insorgere in caso di dosaggi eccessivi ma  regredisce dopo l'interruzione della somministrazione, e attacchi maniacali (agitazione, irritabilità, ansia ed insonnia).

 


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