Ultima modifica 24.12.2015

Nel trattamento del preparato già divenuto droga, esistono processi che si spostano verso la produzione, il confezionamento e la lavorazione, con il fine ultimo di renderlo utilizzabile in un prodotto erboristico, salutistico o dietetico. In questi passaggi, subito dopo la lavorazione, ci possono essere dei tempi di stoccaggio e di cernita più o meno lunghi, durante i quali si devono rispettare specifici parametri di conservabilità. La droga, quindi, andrà posta lontano dalla luce, da fenomeni ossidativi (atmosfera povera di ossigeno) e a contatto con materiali inerti.

Per fare un esempio, in commercio vi sono tanti tipi e profili di camomilla; questo perché da un prodotto all'altro cambia il fine della droga stessa. La camomilla acquistata dall'erborista è di grandissima qualità, perché contiene capolini essiccati interi; al contrario, quella in bustine che si trova al supermercato, è spesso costituita dagli scarti della droga.

L'interesse del farmacognosta è di mantenere alta la qualità della droga durante tutte le fasi del processo post-raccolta, controllandola e valutandola passo dopo passo.


Il controllo di qualità è quindi un elemento fondante e caratterizzante la farmacognosia.

Gli elementi di controllo servono a far sì che le varie operazioni condotte sulla droga non ne alterino la valenza officinale. Il controllo di qualità parte dal riconoscimento della droga nella sua identità.

La droga arriva generalmente in sacchi di juta ed è allo stato secco; ora, una droga allo stato secco, al di là della consistenza diversa da quella fresca, presenta un aspetto esteriore altrettanto differente. Il tecnico ha bisogno di particolari strumenti per riconoscere quella droga, strumenti che spesso si avvalgono di conoscenze botaniche, biologiche e chimiche, assolutamente necessarie per poter identificare e riconoscere completamente la droga. Tali controlli servono anche a preservarne la qualità, prevenendo condizioni di frode o di contaminazione con altre fonti naturali.

Accertata la corretta identità della droga, se ne determina il grado di purezza; per farlo, occorre possedere strumenti che ne permettano il riconoscimento dal punto di vista specifico. La lente di ingrandimento utilizzata per andare sempre più a fondo nella qualità di una droga, parte dal macroscopico (aspetto esteriore, odore, sapore, colore, caratteristiche organografiche), valutando parametri che a prima vista possono anche sembrare soggettivi, ma che in realtà sono oggettivizzati dalla Farmacopea e dall'esperienza, trasferita o meno sui testi.

Ci sono anche aspetti di ordine macroscopico, ma più professionistici, che riguardano la sfera botanica, utili, ad esempio, per capire di che organo si tratta e se la fonte è stata raccolta nel modo più opportuno; infine, si può entrare nel microscopico, sfruttando tutti gli ingrandimenti necessari per ottenere una visione d'insieme della droga.

Ci sono poi particolari e più specifici processi d'indagine, più o meno necessari a seconda dell'esito delle analisi preventive. Questi strumenti mirano a valutare la qualità dei tessuti caratteristici di quella droga, la loro integrità, la presenza di strutture secondarie tipiche della famiglia di appartenenza ed altre peculiarità.

L'indagine microscopica non è solo di ordine biologico, ma anche di ordine chimico; un elemento, questo, molto importante, perché porta a determinare la qualità della droga non solo in termini di fitocomplesso, ma anche in termini di presenza/assenza di contaminanti, che possono essere: metalli pesanti, aflatossine (quantità) o insetticidi, tutti elementi che danno un'idea sulla qualità della coltivazione e conservazione della droga.



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