Biotecnologie: embriogenesi e recupero delle piante officinali

Ultima modifica 27.09.2019

La EMBRIOGENESI è la produzione di embrioni somatici da cellule indifferenziate; da ciascuna delle cellule selezionate in un opportuno terreno di coltura si possono ottenere embrioni somatici, così denominati perché prendono origine dal soma o corpo diploide per successive divisioni mitotiche guidate dalla composizione del terreno di coltura. In natura invece, l'embrione (circondato da un tessuto di riserva, chiamato endosperma e da un ulteriore strato di tegumenti esterni) è allocato in un organo, detto SEME, il quale si origina nella pianta adulta attraverso una riproduzione sessuata. In vitro si accrescono embrioni somatici non circondati da endosperma e da tegumenti, ma singoli embrioni isolati, che potremmo definire semi artificiali. Questi embrioni vengono fatti crescere fino ad aver raggiunto dimensioni sufficienti per toglierli dalla piastra petri ed impiantarli in un piccolo vaso, dal quale verranno trasferiti in campo. La scelta di un embrione somatico al posto di una ricombinazione genetica è più conveniente, poiché la divisione mitotica porta con sé minori variabili genetiche che possono condurre ad una variazione della produttività degli impianti. È superfluo specificare che un embriogenesi di tipo sessuale prevede un grosso rimescolamento genetico conseguente all'unione di due gameti; questo tipo di riproduzione è alla base della variabilità genetica, che rende l'individuo diverso dal suo genitore. In questo caso si impiegano le biotecnologie per andare contro questa fisiologica variabilità genetica ed ottenere un'uniformità produttiva del campo coltivato.
Le biotecnologie nel settore agronomico svolgono un importante funzione di recupero delle piante officinali. Una coltivazione di piante officinali è diversa per aspetti agronomici e di proiezione funzionale rispetto ad una coltivazione di piante destinate ad uso alimentare. La qualità della pianta officinale va ricercata anche nelle modalità di coltivazione, biologica o meno. Una coltivazione biologica, per la sua essenza poco aggressiva, risulta più attaccabile da microrganismi di ogni tipo, funghi e batteri fitopatogeni in primis. Se una pianta subisce una contaminazione microbica non può più essere utilizzata a scopo salutistico; un'aggressione da parte di fitopatogeni determina un'inevitabile alterazione delle proprietà della droga, distanziandole da quelle dettagliatamente descritte nelle farmacopee. Le virosi, ad esempio, sono molto diffuse nelle coltivazioni officinali; ebbene, le biotecnologie si servono di una caratteristica particolare dei tessuti vegetali per combatterle. Esistono infatti cellule vegetali che per le loro caratteristiche fisiologiche non possono essere attaccate dai virus. Tali cellule sono quelle meristematiche presenti negli apici del fusto e della radice; queste cellule sono sempre sane ed in grado di mantenere il patrimonio genetico e le potenzialità produttive della pianta officinale. Le biotecnologie prelevano l'espianto contenente queste cellule "immuni", che verranno isolate e seminate in un terreno di coltura solido; si ottiene così un callo sano della specie officinale malata. Le cellule del callo, poste negli appositi terreni coltura, potranno quindi essere adoperate per generare nuove plantule, sane e geneticamente potenziate.



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