Biotecnologie e miglioramento agronomico

Ultima modifica 24.12.2015

Le biotecnologie possono venire in aiuto alle tradizionali coltivazioni delle piante officinali selezionando le specie qualitativamente più valide: tale selezione può avvenire anche a livello agronomico, ma con tempi molto più lunghi rispetto ad una selezione su colture in vitro, che non richiedono il tempo di crescita di un'intera generazione. Il mercato, inoltre, richiede di essere provvisto di droghe che abbiano una standard qualitativo sempre uguale a se stesso e piuttosto elevato. Con le biotecnologie è possibile migliorare geneticamente la specie della pianta di interesse farmaceutico; ciascuna cellula del callo rappresenta un piccolo laboratorio di produzione del principio attivo, tra queste vengono individuate le cellule più produttive attraverso metodi di indagine di tipo microscopico e chimico.

Durante il processo di replicazione delle cellule vegetali dell'espianto, anche se queste sono stimolate alla perdita di differenziamento, avvengono comunque processi di replicazione mitotica che già di per sé sono indice di una certa variabilità genetica, dovuta a minuscoli errori a livello duplicativo (così come accade nei campi, dove di generazione in generazione si introducono livelli di variabilità anche a livello macroscopico). Pertanto, il biotecnologo non fa altro che operare in vitro quella selezione che l'agronomo compie sul campo, ma con tempi notevolmente ridotti.

Una volta identificate le cellule più produttive, queste vengono prelevate e poste in un altro terreno solido, dove potranno dividersi ulteriormente; da questo secondo callo verranno isolate le cellule maggiormente efficaci, che verranno seminate in un' altra piastra petri; e così procedendo si otterranno calli con caratteristiche più produttive in termini di principio attivo. Se si considerano le biotecnologie come strumento di miglioramento agronomico, si deve portare la cellula in vitro ad un vero e proprio impianto per tornare al campo. Qui ritorna il concetto della totipotenza delle cellule indifferenziate, che possono differenziarsi in diverse tipologie istologiche; potenzialmente, ogni singola cellula isolata dalla coltura in vitro può generare un'intera pianta. Ciascun callo contiene miliardi di cellule, dalle quali si possono ricavare impianti sufficienti a ricoprire un campo intero. Le plantule così ottenute daranno origine a piante tutte ugualmente e altamente produttive nel giro di qualche settimana o mese al massimo. La produttività del campo coltivato, dopo la selezione biotecnologica, può essere rappresentata da una curva gaussiana molto stretta e alta; viceversa, in caso di coltivazione non selezionata, questa gaussiana tenderà fisiologicamente ad essere più larga e meno alta.
Le cellule isolate come più produttive vengono collocate in un ambiente condizionato, che le stimola a differenziarsi in tessuti ed organi; verranno pertanto impiegati appropriati terreni di coltura che mimino gli stimoli esterni fisiologicamente presenti in natura. Logicamente, i costituenti e le concentrazioni presenti in un terreno di coltura che induce il differenziamento cellulare, saranno diversi da quelli presenti in un terreno che induce la perdita di caratterizzazione istologica. Le piccole piante, anche dette plantule, si ottengono mediante percorsi di organogenesi od embriogenesi delle cellule isolate in vitro.



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