Ultima modifica 24.12.2015

Determinati sistemi biotecnologici funzionano, generando un principio attivo od un elemento farmaco-tecnico, anche in relazione alla forma del recipiente che li contiene o al tipo di agitazione a cui sono sottoposti. Il percorso che vede il trasferimento dalla natura al sistema in vitro ha un passaggio obbligato nella semina in terreno solido, che rappresenta così lo strumento più adeguato per il trasferimento.
L'ammasso informe di cellule indifferenziate che si sono generate dall'espianto viene detto callo; la formazione del callo è sintomo di un esaurimento del sistema chiuso: il sistema in vitro si esaurisce per diversi motivi, come le limitate dimensioni della piastra petri (diametro massimo 9 cm) o l'esaurimento dei costituenti del terreno; ciò vuol dire che pian piano la composizione del terreno varia. Per tal motivo ogni 15 giorni si preleva parte del callo e si risemina in un altro sistema chiuso, ma con un terreno di coltura liquido. I segnali che vengono trasmessi dal terreno solido al callo hanno una limitata capacità di diffusione delle sostanze; diffusione che risulta direttamente proporzionale al gradiente di concentrazione, maggiore con le cellule a diretto contatto col terreno e minore con le cellule che non prendono contatto con esso. Da qui l'esigenza di un terreno liquido per un sistema di produzione del principio attivo, dove le cellule vengono completamente immerse, cosicché la diffusione delle sostanze costituenti sia uguale per tutte; ciascuna cellula dev'essere efficiente per la produzione di metaboliti secondari. Le cellule immerse in un terreno liquido, tenuto in agitazione, si sviluppano non più in un ammasso informe, ma in microcolonie di 10-15 individui, che rimangono in sospensione conferendo al brodo di coltura un aspetto lattescente.

Le biotecnologie rappresentano una fonte alternativa alla biodisponibilità delle specie vegetali e alla sintesi chimica. Mediante le biotrasformazioni e la creazione di biomasse è possibile elaborare grandi quantità di princìpi attivi con una migliore qualità, rispetto a quella che si può ricavare dalla fonte naturale. Il passaggio dalla natura in vivo a quella in vitro è costituito come detto in precedenza da vari steps, che presentano diverse difficoltà operative.
Non è detto che da un espianto si possano ricavare tessuti callosi, o più in generale una coltura biotecnologica. Un genere che si presta poco al processo biotecnologico è quello delle Graminacee; è molto difficoltoso trasferire le cellule vegetali di questo genere in un sistema chiuso, come una piastra petri; ciò vuol dire che da cento espianti si ricavano al massimo uno o due substrati callosi. Invece, un tessuto vegetale facilmente riproducibile in piastra è quello della carota, da cui si ricavano i carotenoidi, impiegati nel campo cosmetico e dietistico. Il motivo per cui non tutte le specie vegetali si prestano al trasferimento in vitro, consiste nel non poter ricreare in vitro quelle condizioni che in natura sono essenziali per la sopravvivenza ecologica di quel determinato organismo vegetale. Gli elementi costitutivi del terreno di coltura devono avere la capacità di promuovere la crescita, avvicinando le condizioni nutrizionali in vitro alle condizioni in cui la cellula si trova nell'organismo intero. Riprodurre in vitro questi elementi ecologici rappresenta una difficoltà oggettiva a seconda della specie vegetale; il terreno di coltura impiegato è diverso da specie a specie.



Altri articoli su 'Biotecnologie'

  1. Biotecnologie: qual è il loro scopo?
  2. Farmacognosia
  3. Biotecnologie: scelta dell'espianto e terreno di coltura