Farmaci per la Cura del Morbo di Parkinson: quali sono?

Farmaci per la Cura del Morbo di Parkinson: quali sono?
Ultima modifica 22.03.2021
INDICE
  1. Definizione
  2. Cause
  3. Sintomi
  4. Farmaci per la Cura del Morbo di Parkinson

Definizione

Che cos'è il Morbo di Parkinson?

La paralisi agitante, o più correttamente morbo di Parkinson, è una grave malattia neurodegenerativa che si manifesta con una pesante compromissione delle capacità di movimento, di comunicazione e di altre attività. Il morbo di Parkinson è in assoluto la più frequente patologia del sistema extrapiramidale.

Cause

Cosa provoca il Morbo di Parkinson?

La causa d'origine del morbo di Parkinson non è stata ancora del tutto chiarita. Gli studiosi hanno condotto diverse ricerche da cui sembra che le cause responsabili della patologia siano molteplici.

Fra i fattori predisponenti ritroviamo: fattori legati all'età e all'invecchiamento, fattori genentici, il sesso femminile, l'esposizione a tossine esogene e ambientali e altri fattori legati all'ambiente in cui si vive, ecc.

Il principale responsabile delle manifestazioni cliniche del Parkinson sembra essere la riduzione della trasmissione dopaminergica imputabile alla degenerazione delle cellule neuronali presenti a livello della sostanza nera del cervello.

Sintomi

Come si manifesta il Morbo di Parkinson?

Il morbo di Parkinson è una malattia subdola che esordisce generalmente con un lieve tremolio a livello della mano, per poi diffondersi gradatamente in tutti i distretti dell'organismo. Nel morbo di Parkinson, vengono coinvolti anche i muscoli che presiedono alla capacità espressiva e cognitiva. Il morbo di Parkinson può provocare anche un marcato scoordinamento od un'incapacità totale di coordinare i vari movimenti.

I sintomi più ricorrenti sono: acatisia, acinesia, alterazioni delle capacità intellettive (stadio avanzato) aprassia, bradicinesia, depressione, inappetenza, ipomimiastipsi.

Per approfondire: Sintomi Morbo di Parkinson

Farmaci per la Cura del Morbo di Parkinson

Per il trattamento del morbo di Parkinson sono disponibili diversi principi attivi che, seppur non in grado di invertire la malattia, possono contribuire a migliorare la qualità di vita del paziente affetto. Accanto alla terapia farmacologica, si raccomanda di seguire una terapia psicologica, di praticare sport e di alimentarsi secondo quanto dettato dalle regole dell'educazione alimentare.

Tornando alla terapia farmacologica, i medicinali possono migliorare ed alleggerire i sintomi che contraddistinguono il morbo di Parkinson, ma non possono curare definitivamente il paziente. Da considerare, inoltre, che ogni organismo risponde in maniera soggettiva alla terapia, perciò non è detto che un farmaco efficace in un paziente produca il medesimo effetto terepeutico in tutti i malati.

Come sopra accennato, nel cervello dei malati di morbo di Parkinson si osserva una carenza di dopamina: spontaneo sarebbe pensare che la somministrazione diretta di questo neurotrasmettitore possa essere miracolosa. Ma non è così: la dopamina pura, infatti, non è in grado di giungere al cervello, perché non oltrepassa la barriera emato-encefalica. In sostituzione alla dopamina, è possibile assumere la levodopa (L-DOPA), il suo precursore, in grado di attraversare questa barriera e giungere perciò al cervello, dove esercita la propria attività terapica.

In terapia, oltre alla L-DOPA, farmaco più efficace in assoluto per il morbo di Parkinson, si utilizzano agonisti della dopamina, inibitori MAO, catecol o-metiltransferasi, anticolinergici e bloccanti del glutammato.

Si è osservato che il morbo di Parkinson può essere corretto tanto meglio quanto più veloce è l'accertamento diagnostico e l'inizio della terapia: infatti, la terapia di ultima generazione mira anche e soprattutto alla protezione delle cellule nervose, sottoposte agli insulti ossidativi.

NOTA BENE

Le informazioni sui farmaci per la cura del morbo di Parkinson non intendono sostituire il rapporto diretto tra professionista della salute e paziente. Consultare sempre il proprio medico curante e/o lo specialista prima di assumere qualsivoglia prodotto o farmaco per il trattamento del Morbo di Parkinson.

Di seguito sono riportati alcuni dei farmaci maggiormente impiegati nella terapia contro il morbo di Parkinson; tuttavia, spetta al medico scegliere il principio attivo e la posologia più indicati per il paziente, in base alla gravità della malattia, allo stato di salute del malato e alla sua risposta alla cura.

Levodopa

Questo principio attivo è in assoluto il più utilizzato in terapia per il morbo di Parkinson, oltre ad essere il più efficace per trattare i sintomi. Quando assunto per via orale, il farmaco è in grado di oltrepassare la barriera emato-encefalica e, raggiunto il cervello, si trasforma in dopamina.

La levodopa è sempre reperibile in associazione ad altri principi attivi, quali la carbidopa e l'entacapone. Quest'ultimo appartiene alla classe degli inibitori delle COMT (vedi in seguito), mentre la carbidopa impedisce che la levodopa si trasformi in dopamina prima di raggiungere il cervello (ricordiamo brevemente che la dopamina assunta dall'esterno è inefficace perché non riesce a passare la BEE).

La posologia dev'essere regolata durante il corso della terapia: tipica di questo farmaco è infatti la perdita progressiva d'efficacia terapeutica. Tra gli effetti collaterali più comuni, ricordiamo le discinesie e l'ipotensione.

Agonisti della Dopamina (Farmaci Dopaminergici)

Questi farmaci sono in grado di mimare gli effetti del neurotrasmettitore endogeno dopamina, la cui diminuzione della trasmissione, come abbiamo detto, è imputata essere la principale causa delle manifestazioni cliniche del morbo di Parkinson.

La somministrazione di questi farmaci nel contesto del morbo di Parkinson non si rivela efficace nel lungo termine. Tra gli effetti collaterali, ricordiamo: allucinazioni, ipotensione, ritenzione idrica e sonnolenza.

Fra i principi attivi appartenenti a questo gruppo di farmaci che si possono impiegare nel trattamento del morbo di Parkinson, ricordiamo:

  • Il pramipexolo (si somministra per via orale e può essere utilizzato sia da solo - nelle fasi iniziali della malattia per ritardare l'inizio dell'uso della levodopa - che in associazione con levodopa quando l'effetto di quest'ultima svanisce o diventa discontinuo con insorgenza di fluttuazioni dell'effetto terapeutico);
  • La rotigotina (anch'essa utilizzata all'inizio del trattamento della malattia in monoterpaia o durante la malattia in associazione a levodopa quando la sua efficacia si riduce o insorgono fluttuazioni dell'effetto terapeutico);
  • Il ropinirolo (usato nei medesimi modi dei principi attivi sopra indicati);
  • L'apomorfina (si somministra per via parenterale nei pazienti affetti da malattia di Parkinson per il trattamento "al bisogno" delle fluttuazioni motorie resistenti al trattamento con levodopa e altri agonisti della dopamina).

Inibitori delle MonoAmmino-Ossidasi (IMAO)

Questi farmaci aiutano a prevenire la disgregazione della dopamina naturale (sintetizzata dall'organismo) e quella assunta sotto forma di levodopa. Questa attività terapeutica è possibile attraverso l'inibizione dell'attività degli enzimi monoamino-ossidasi B o IMAO-B (enzimi che metabolizzano la dopamina nel cervello). Tra gli effetti collaterali, si ricordano: allucinazioni, confusione, cefalea, vertigini.

Fra i principi attivi appartenenti al gruppo delle monoammino ossidasi che si possono impiegare nel trattamento del morbo di Parkinson ritroviamo:

  • La selegilina (utilizzata sia in monoterapia senza levodopa che in associazione a quest'ultima nei pazienti con fluttuazioni di fine dose);
  • La rasagilina (utilizzata come la selegilina);
  • La safinamide metansolfonato (utilizzata nei pazienti con morbo di Parkinson come terapia agiuntiva ad una dose stabile di levodopa in monoterapia oppure in associazione ad altri farmaci contro il Parkinson).

Inibitori delle Catecol-O-Metil Transferasi (COMT)

Si tratta di farmaci indicati per prolungare l'effetto terapeutico della levodopa-carbidopa, interagendo e bloccando l'enzima che distrugge la levodopa. Fra i principi attivi utilizzati contro il morbo di Parkinson ricordiamo:

  • L'entacapone (utilizzato in associazione a levodopa e benserazide o levodopa e carbidopa nei pazienti che presentano fluttuazioni di "fine dose" giornaliere che non possono essere stabilizzate dalle precedenti combinazioni);
  • L'opicapone (stesso impiego dell'entacapone);
  • Il tolcapone (farmaco potente ma estremamente pericoloso per i danni al fegato che derivano dalla sua somministrazione, viene utilizzato soprattutto in associazione a levodopa e benserazide o levodopa o carbidopa nei pazienti che non abbiano risposto al trattamento con altri inibitori delle COMT).

Derivati dell'Ergot

I derivati sintetici e semisintetici dell'ergotina non sono farmaci di prima scelta nel trattamento del morbo di Parkinson; tuttavia, il medico può decidere di prescriverli qualora lo ritenesse necessario. Fra i principi attivi che si possono utilizzare in questo senso, ritroviamo:

  • La bromocriptina (particolarmente utile nei pazienti che mostrano una decrescente risposta terapeutica alla levodopa);
  • La cabergolina (farmaco di seconda scelta per i pazienti malati di Parkinson intolleranti ai farmaci non derivati dall'ergotamina o che non abbiano risposto al trattamento con essi).

Farmaci per Ridurre Tremori e Discinesie

In questo gruppo ritroviamo:

  • L'amantadina: è in grado di aumentare la concentrazione extracellulare di dopamina, aumentandone di conseguenza la trasmissione. Inoltre, mostra effetti sinergici con L-dopa ed è capace di inibire  il rilascio di acetilcolina mediato dal recettore NMDA e può quindi indurre effetti anticolinergici. Viene utilizzata soprattutto in pazienti con marcate discinesie.
  • Il triesifenidile: si caratterizza per una spiccata azione anticolinergica centrale ed è indicato per il trattamento del morbo di Parkinson postencefalico. Riduce sia il tremore che la rigidità dei pazienti.

Altri Farmaci

Oltre alla somministrazione dei farmaci appena descritti, è possibile seguire una terapia parallela per il controllo dei sintomi secondari e per migliorare la qualità di vita del paziente. In questo senso, a seconda dei casi, il medico può decidere di prescrivere: