Farmaci per la Cura del Morbo di Kawasaki
Ultima modifica 30.04.2020
INDICE
  1. Definizione
  2. Cause
  3. Sintomi
  4. Farmaci

Definizione

Che cos'è il Morbo di Kawasaki?

Il morbo di Kawasaki - anche noto come sindrome o malattia di Kawasaki - è una vasculite sistemica febbrile autolimitante che interessa i bambini, neonati inclusi. Si tratta, quindi, di una patologia nell'ambito della quale si assiste ad un'infiammazione dei vasi sanguigni cui si associa sempre una febbre molto alta.

Cause

Da cosa è provocato il Morbo di Kawasaki?

L'esatta causa scatenante il morbo di Kawasaki non è ancora stata chiarita del tutto; per tale ragione, la malattia viene considerata ad eziologia sconosciuta, benché le ipotesi in merito siano diverse. Sulla base delle manifestazioni cliniche, infatti, si ritiene che nella comparsa della malattia possa esservi l'implicazione di un'infezione (batterica o virale) o di una risposta immunologica anomala ad un'infezione in bambini geneticamente predisposti.

Sintomi

Come si manifesta il Morbo di Kawasaki?

I sintomi indotti dalla sindrome di Kawasaki si manifestano in differenti fasi. La malattia tende ad esordire con la comparsa di una febbre molto alta (superiore ai 39°C) che dura più di 5 giorni se non trattata, cui possono associarsi letargia, irritabilità e dolore addominale.

A tali sintomi segue la comparsa di un'eruzione cutanea polimorfa eritematosa e maculare che coinvolge il tronco per poi estendersi anche agli arti e al viso, accompagnata da arrossamento della gola, "lingua a fragola", secchezza e fissurazione delle labbra. Nella prima settimana compaiono poi leuconichia parziale ed edema variabile dei palmi delle mani e delle piante dei piedi. Possono altresì manifestarsi linfadenopatia cervicale e congiuntivite bilaterale non essudativa.

Le eventuali manifestazioni cardiache solitamente iniziano dopo 1-4 settimane dall'esordio della malattia.

Per maggiori informazioni: Sintomi Malattia di Kawasaki

Le informazioni sui Farmaci per la Cura del Morbo di Kawasaki non intendono sostituire il rapporto diretto tra professionista della salute e paziente. Consultare sempre il proprio medico curante e/o lo specialista prima di assumere Farmaci per la Cura del Morbo di Kawasaki.

Farmaci

Come si cura il Morbo di Kawasaki?

Malgrado le manifestazioni cliniche piuttosto spaventose, il morbo di Kawasaki può essere curato con successo, portando alla guarigione del bambino. Nonostante ciò, purtroppo, si stima che la malattia sia letale nell'1-2% dei casi.

Per aumentare le possibilità di guarigione, il trattamento tempestivo - quindi la diagnosi precoce - sono elementi fondamentali. Non appena il bambino manifesta sintomi sospetti, pertanto, è necessario rivolgersi immediatamente la pediatra o al pronto soccorso più vicino.

Di seguito, verranno brevemente descritti i principi attivi impiegati nel trattamento della sindrome di Kawasaki ed alcuni esempi di specialità medicinali. In qualsiasi caso, spetta al medico scegliere la strategia terapeutica più indicata per il paziente, in base alla gravità della malattia, allo stato di salute del malato e alla sua risposta alla cura.

Immunoglobulina umana endovena e Acido Acetilsalicilico

Il trattamento della sindrome di Kawasaki nei bambini prevede la somministrazione di alte dosi di immunoglobulina umana normale per via endovenosa (Flebogamma®, Flebogamma Dif®, Igvena®, Kiovig®, Privigen®) e di alte dosi di acido acetilsalicilico (Aspirinetta®, Ascriptin®, Cardirene®).

La terapia deve essere iniziata il prima possibile (idealmente, entro 10 giorni dall'esordio della malattia). Solitamente, la dose di immunoglobulina umana somministrata è di 2 g/Kg di peso corporeo nell'arco di 10-12 ore; mentre l'acido acetilsalicilico viene solitamente somministrato alla dose di 80-100 mg/Kg di peso corporeo al dì per i primi 14 giorni di terapia. Successivamente, la dose si riduce a 3-5 mg/Kg di peso corporeo al giorno per altre 6-8 settimane. Ad ogni modo, sarà il medico a stabilire caso per caso l'esatta posologia di ciascun medicinale. Difatti, alcuni pazienti potrebbero necessitare di uno schema posologico alternativo, come avviene, ad esempio, nel caso di bambini con disfunzione cardiaca che non possono tollerare il volume di un'infusione endovenosa di 2 g/Kg di immunoglobulina.

Generalmente, la maggioranza dei bambini risponde significativamente al trattamento di cui sopra già nell'arco delle prime 24 ore; anche se alcuni pazienti potrebbero continuare a manifestare febbre molto alta e a richiedere una nuova somministrazione di immunoglobulina umana per via endovenosa.

Va precisato che il trattamento dei bambini affetti da sindrome di Kawasaki deve essere fatto da figure specializzate, quali medici cardiologi pediatri esperti, medici specializzati in malattie infettive pediatriche e pediatri reumatologi.

Nota bene

  • I bambini che ricevono un trattamento a lungo termine con acido acetilsalicilico sono esposti al rischio (anche se basso) di sviluppare sindrome di Reye durante le epidemie di influenza o varicella; pertanto, il vaccino contro la varicella e la vaccinazione annuale contro l'influenza sono molto importanti in questa categoria di pazienti. Inoltre, i genitori (o chi per loro) di bambini sottoposti a terapia con acido acetilsalicilico per lunghi periodi devono essere pronti nel contattare immediatamente il medico qualora il piccolo paziente sviluppi sintomi di varicella o influenza.
  • I bambini trattati con immunoglobulina umana endovena possono manifestare una ridotta risposta ai vaccini con virus vivi. Per tale ragione, solitamente si consiglia di posticipare il vaccino contro morbillo, parotite e rosolia ad 11 mesi dopo il trattamento con immunoglobuline endovena. Se il rischio di morbillo è elevato, la vaccinazione è comunque consigliata, ma dopo 11 mesi è necessaria una nuova vaccinazione. Ad ogni modo, è opportuno rivolgersi al pediatra e rispettare tutte le indicazioni da esso fornite.
Per approfondire: Morbo di Kawasaki Morbo di Kawasaki in breve: il riassunto

Autore

Ilaria Randi
Laureata in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche, ha sostenuto e superato l’Esame di Stato per l’Abilitazione alla Professione di Farmacista