Farmaci per la cura del diabete di tipo 2: quali sono?
Cos'è il diabete di tipo 2?
Il diabete mellito di tipo 2 è una malattia metabolica caratterizzata da una ridotta secrezione di insulina e da una resistenza dei tessuti periferici a questo stesso ormone. Si tratta della forma di diabete insulino-indipendente in quanto le cellule beta delle isole di Langerhans del pancreas conservano parte della loro funzionalità. In altri termini, il diabete mellito di tipo 2 è caratterizzato da insulino-resistenza.
Quali sono le cause?
Le cause del diabete di tipo 2 sembrano essere una combinazione di fattori genetici - che conferiscono familiarità e predisposizione allo sviluppo della malattia - e di fattori ambientali che concretizzano tale predisposizione. In particolare, il diabete di tipo 2 è spesso correlato ad obesità, sedentarietà, dieta ricca di zuccheri semplici, invecchiamento ed elevati livelli di colesterolo e trigliceridi.
Quali sono i sintomi?
Il diabete di tipo 2 insorge in maniera subdola poiché nel periodo iniziale tende ad avere un decorso pressoché asintomatico. Iperglicemia, glicosuria, ipertrigliceridemia e iperuricemia, difatti, tendono a manifestarsi solo in fase avanzata, molto tempo dopo l'esordio della malattia. Difatti, nella maggior parte dei casi, la malattia viene diagnosticata casualmente.
Farmaci per il trattamento del diabete tipo 2
Se il diabete di tipo 2 viene diagnosticato in maniera tempestiva, è possibile intervenire prevenendone il peggioramento.
L'ideale sarebbe effettuare la diagnosi nella cosiddetta fase prediabetica. A tal proposito, in caso di familiarità, si consiglia di effettuare periodici controlli glicemici proprio per individuare precocemente la malattia. Allo stesso modo, anche dopo i 40 anni sono consigliati periodici controlli, a maggior ragione se il paziente presenta obesità, dislipidemie e/o conduce una vita sedentaria.
L'alimentazione e lo stile di vita, poi, svolgono un ruolo cruciale nella prevenzione della malattia diabetica di tipo 2. La dieta normoglicemizzante associata ad un costante esercizio fisico e a ad un corretto stile di vita, infatti, sono alla base della prevenzione del diabete tipo 2 e delle sue complicanze.
Tuttavia, quando gli interventi su alimentazione e stile di vita non sono sufficienti a tenere sotto controllo la malattia, il ricorso alla terapia farmacologica diventa essenziale. Gli ipoglicemizzanti orali sono i farmaci di prima scelta nel trattamento del diabete di tipo 2 che ricordiamo essere caratterizzato da insulino-resistenza e non da insulino-deficienza come avviene nel diabete di tipo 1. Se necessario, è altresì possibile ricorrere all'utilizzo di farmaci antidiabetici per via parenterale e, nei casi più estremi, all'uso di insulina.
Sulfoniluree
Le sulfaniluree stimolano la produzione di insulina da parte delle cellule beta delle isole di Langerhans localizzate nel pancreas. Per poter espletare la loro azione, pertanto, questi farmaci richiedono cellule beta funzionanti e in numero sufficiente. Di contro, le sulfoniluree stimolano la secrezione di insulina indipendentemente dai valori di glicemia, esponendo l'individuo al rischio di ipoglicemia. Altro effetto indesiderato comune è l'aumento ponderale. Ad ogni modo, appartengono a questa classe i seguenti principi attivi:
Glinidi
I farmaci appartenenti a questa classe agiscono in maniera analoga alle sulfaniluree, ma possiedono una più breve durata d'azione. Grazie a questa caratteristica, lontano dai pasti la secrezione d'insulina non viene stimolata, in questo modo si riduce il rischio di ipoglicemia nella fase post-prandiale. Appartiene a questa classe la repaglinide.
Biguanidi
Le biguanidi potenziano l'azione dell'insulina endogena. Appartiene a questo gruppo il principio attivo metformina. Essa agisce inibendo la gluconeogenesi epatica e stimolando il tessuto muscolare e gli altri tessuti periferici a captare ed utilizzare il glucosio. Le dosi abitualmente impiegate in terapia possono variare dai 500 mg agli 850 mg di metformina cloridrato due o tre volte al dì. La dose massima giornaliera non dovrebbe superare i 3 grammi di principio attivo in forma cloridrata.
Lo sapevi che…
In commercio esistono specialità medicinali in cui la metformina è presente sia come unico principio attivo che in associazione a:
- Sulfoniluree;
- Inibitori della dipeptidil-peptidasi 4, come sitagliptin, linagliptin, saxagliptin, alogliptin;
- Inibitori del trasportatore sodio-glucosio di tipo 2, come canagliflozin, depagliflozin, empagliflozin;
- Tiazolidinedioni come il pioglitazone.
Tiazolidinedioni o glitazoni
I farmaci appartenenti a questa classe aumentano la sensibilità all'insulina, soprattutto nel tessuto adiposo e nel tessuto muscolare scheletrico. Allo stesso tempo, i glitazoni sono in grado di ridurre la produzione epatica di glucosio e di migliorare il rapporto HDL/LDL. Di contro, possono causare ritenzione idrica e aumento del peso corporeo. Appartiene a questa classe di farmaci il pioglitazone.
Analoghi di GLP-1
I farmaci appartenenti a questa classe sono agonisti del recettore del peptide 1 glucagone simile (glucagon-like-peptide-1 - GLP-1, anche noto come incretina GLP-1). Quest'ultima è un ormone rilasciato in circolo dall'intestino durante il giorno la cui concentrazione aumenta in seguito all'assunzione di cibo. Tale ormone controlla la glicemia aumentando la secrezione d'insulina e diminuendo quella di glucagone. Gli agonisti del recettore GLP-1, pertanto, mimano l'azione dell'incretina GLP-1. Appartengono a questa classe di farmaci i seguenti principi attivi:
- Exenatide;
- Liraglutide;
- Lixisenatide;
- Dulaglutide.
Inibitori della dipeptidil-peptidasi 4
La dipeptidil-peptidasi 4 (DPP-4) l'enzima responsabile della degradazione dell'incretina GLP-1 di cui abbiamo fatto cenno nel soprastante paragrafo e dell'incretina GIP (Glucose-dependent insulinotropic peptide). Gli inibitori del DPP-4, pertanto, agiscono ostacolando la degradazione delle incretine; di conseguenza i livelli ematici di queste ultime incrementano e - aumentando la secrezione di insulina e diminuendo quella di glucagone - favoriscono la riduzione della glicemia. Appartengono a questa classe principi attivi, quali:
- Sitagliptin;
- Linagliptin;
- Saxagliptin;
- Alogliptin.
Inibitori del trasportatore sodio-glucosio di tipo 2
Il trasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (SGLT2) presente nei tubuli prossimali del rene è responsabile della maggior parte del riassorbimento del glucosio filtrato dal lume tubulare. Nei pazienti diabetici, tale riassorbimento è elevato e ciò può contribuire alla persistenza di elevate concentrazioni di glucosio nel sangue. Gli inibitori di SGLT2, pertanto, sono in grado di ridurre l'azione di questo trasportatore con conseguente diminuzione del riassorbimento di glucosio. Appartengono a questa classe di farmaci i seguenti principi attivi:
- Canagliflozin;
- Dapagliflozin;
- Empagliflozin.
Inibitori dell'alfa-glucosidasi
L'alfa-glucosidasi è un enzima presente a livello intestinale e responsabile dell'idrolisi dei disaccaridi in monosaccaridi. Attraverso l'inibizione di questo enzima, pertanto, la digestione dei carboidrati rallenta e il glucosio che ne deriverebbe viene liberato, quindi assorbito, in maniera più lenta. Appartiene a questa classe di farmaci l'acarbosio, un tetrasaccaride di origine microbica. La posologia del principio attivo deve essere stabilita dal medico su base individuale per ciascun paziente, poiché efficacia e tollerabilità possono variare da individuo a individuo.
Insulina
L'utilizzo dell'insulina in presenza di diabete di tipo 2 è riservato a quei pazienti in cui gli ipoglicemizzanti orali non sono sufficienti a mantenere il giusto equilibrio del metabolismo del glucosio. L'insulina viene somministrata per via parenterale tramite iniezione.
NOTA BENE
Quanto finora riportato sui farmaci per la cura del diabete di tipo 2 ha solo un fine informativo e non intende sostituire il rapporto diretto tra professionista della salute e paziente. Prima di assumere qualsiasi farmaco per il trattamento del diabete di tipo 2, è necessario consultare sempre il proprio medico curante e/o lo specialista. Spetta a quest'ultimo individuare il principio attivo e la posologia più indicati per ciascun paziente, in base alla gravità della malattia, allo stato di salute del malato e in funzione della sua risposta alla cura.