È vero che le donne devono mangiare meno degli uomini?
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Le donne lamentano, di solito, una maggior difficoltà a mantenere basse percentuali di grasso corporeo rispetto agli uomini.
Questa peculiarità si traduce spesso in una costante ricerca della "dieta vincente", con l'obbiettivo di raggiungere il peso "ideale", o comunque di ottenere una forma fisica vicina a quelli che potremmo definire gli stereotipi contemporanei.
Sia chiaro, nemmeno gli uomini sono esenti dalla cosiddetta "insoddisfazione" verso la propria immagine, anche se, più spesso, questa si orienta a una scarsa muscolarità o a proporzioni fisiche (diciamo) non ottimali.
A "parità di dieta", d'altro canto, i maschi sembrano raggiungere più facilmente il dimagrimento. Da qui l'opinione comune che le donne dovrebbero mangiare meno degli uomini.
Sarà vero? Perché? Scopriamolo.
ATTENZIONE! Quando riporteremo è una panoramica che descrive l'attitudine generale, per così dire la media dei fatti, e non può tenere in considerazione le variazioni individuali o la soggettività.
Le donne rimangono in salute anche con più grasso rispetto agli uomini
Per l'organismo femminile fertile, il grasso di riserva è più importante che per quello maschile. Questo perché l'eventuale gravidanza richiede maggiori riserve energetiche, che sono quindi perfettamente compatibili con lo stato di omeostasi (equilibrio totale).
Non dobbiamo però dimenticare che il tessuto adiposo costituisce un organo vero e proprio, secernente ormoni e neurotrasmettitori, e che incide fortemente sullo stato di salute.
Quando eccessivamente "pieno", soprattutto in sede addominale, il tessuto adiposo partecipa all'aumento dell'infiammazione sistemica – lo stato infiammatorio è determinante nell'innesco di processi deleteri, che convogliano nella predisposizione agli eventi cardio-cerebro-vascolari.
Eppure, in epoca fertile, le donne hanno un indice di rischio cardiovascolare più basso rispetto agli uomini. Ciò avviene perché il sesso femminile può contare sull'azione protettiva degli estrogeni, che predispongono a un deposito principalmente localizzato su fianchi, glutei e cosce (conformazione a pera o ginoide). All'opposto, i maschi depositano in sede centrale (conformazione a mela o androide), con relativo aumento dell'indice di rischio per malattie metaboliche e complicazioni vascolari.
Sia chiaro, il sovrappeso grave incide negativamente per entrambi i sessi. Ma le donne, per loro fortuna, possono fregiarsi di una maggior percentuale di grasso nella fascia di normopeso e mantenere invariato il proprio indice di rischio rispetto agli uomini.
È innegabile che questo aspetto incida anche sul cosiddetto set-point.
Il rovescio della medaglia: le donne hanno un set-point più elevato degli uomini
Per set-point intendiamo il rapporto tra massa magra e massa grassa, o il peso, che l'organismo percepisce come ottimale, e sotto il quale non gradisce scendere, o sopra il quale cala più facilmente.
Il set-point femminile è maggiore di quello maschile. Ovvero, quando una donna intende diminuire la propria percentuale di grasso corporeo, mostra più difficoltà rispetto agli uomini.
A parità di taglio calorico, ad un certo punto del percorso dietetico, l'organismo femminile "tira il freno a mano" con più decisione rispetto a quello maschile. Ecco che il dimagrimento rallenta, fino a bloccarsi.
Non parliamo di grasso localizzato, poiché non è in nostro potere scegliere dove dimagrire – sempre per l'impatto ormonale degli estrogeni/androgeni e per la mappatura recettoriale degli stessi sui tessuti.
In definitiva, proprio a causa dell'importanza che l'adipe riveste nella funzione riproduttiva, in condizioni di normopeso, il corpo della donna "si protegge maggiormente" dal dimagrimento.
Ecco spiegato perché il set-point femminile è sempre maggiore rispetto a quello maschile.
Inoltre, la donna non sempre può permettersi di dimagrire quanto vorrebbe. Essendo questo grasso "indispensabile", forzandone lo smaltimento, si spinge l'organismo ad andare "in protezione". Questa reazione consiste nella variazione dell'assetto ormonale, visibile con l'irregolarità e l'interruzione del ciclo mestruale. Tale situazione è assolutamente da evitare.
In termini pratici, come si traduce questa peculiarità? E come comportarsi?
Come ottenere il dimagrimento
Il dimagrimento è frutto di un bilancio calorico negativo, ovvero dalla minor disponibilità di substrato rispetto alla spesa energetica dell'organismo – ergo: quando si mangia meno di quanto si consuma.
Contrariamente a quanto molti "guru" sostengono, è semplicemente una questione di "calorie". Ma attenzione: ciò non significa che le calorie sono tutte uguali! Al contrario, la ripartizione dei macronutrienti energetici è a dir poco fondamentale per lo stato di salute, e ancor più nel momento in cui si mette l'organismo "in crisi", come durante un processo dimagrante.
I fattori sui quali intervenire per creare un bilancio calorico negativo sono:
- TDEE (Total Daily Energy Expenditure), che corrisponde al fabbisogno calorico totale. Questo è a sua volta composto da:
- Metabolismo basale (MB): corrisponde circa al 60-70 % del totale. È l'energia spesa per mantenere le funzioni vitali in condizioni di assoluto riposo, senza termoregolazione e in omeostasi globale;
- Attività dinamico specifica degli alimenti (ADS): corrisponde circa al 10 % del totale. È l'energia spesa per digerire, assorbire e metabolizzare i cibi e i nutrienti che li costituiscono;
- Livello di attività fisica (LAF):
- Non sportiva: rappresenta il 10-20% del totale. È composta da lavori domestici, hobby, spostamenti, lavoro ecc.;
- Auspicabile: corrisponde circa al 10-20 % del totale. È composta da esercizio fisico non sportivo e/o sportivo propriamente detto;
- Intake energetico o apporto calorico totale della dieta: corrisponde alla somma di tutte le calorie acquisite dal metabolismo dei macronutrienti energetici (carboidrati, grassi, proteine e alcol).
Va da sé che la strategia per indurre la riduzione della massa grassa si possa basare su:
- aumento della spesa calorica indotta dal LAF;
e/o
- riduzione delle calorie dietetiche.
Tutti, più o meno, sappiamo che per calare di peso dovremmo mangiare meno. Pochi, tuttavia, sanno quale deficit impostare per dimagrire in modo sicuro e salutare.
Il gap calorico più consigliabile per un soggetto normopeso è di -350 kcal/die; mentre in caso di sovrappeso possiamo arrivare a -500 kcal/die.
Ovviamente, ciò implica di conoscere il proprio fabbisogno. Senza doversi rivolgere necessariamente a un nutrizionista, possiamo compilare un diario alimentare e verificare che, almeno nei 7 gg, il peso rimanga stabile. A questo punto, possiamo:
- togliere calorie dai cibi in misura di -350/-500 kcal/die;
- aumentare la spesa energetica di +350/500 kcal / die.
Ricordate: più lento è il dimagrimento, meglio è, perché non mette in crisi la mente, preserva la massa magra ed è statisticamente collegato a un maggior successo nel medio e lungo termine.
D'altro canto, risultati troppo blandi potrebbero fare perdere di motivazione.
In termini pratici, i risultati migliori corrispondono a: -0,5/-1,0 % del peso corporeo ogni settimana. Ad esempio, un soggetto di 70 kg, dovrebbe dimagrire non meno di 350 e non più di 700 g a settimana.
Le donne hanno un TDEE mediamente più basso degli uomini
Le femmine hanno un fabbisogno calorico mediamente più basso dei maschi, a causa delle minor dimensioni fisiche complessive, soprattutto a carico delle masse muscolari. È per questo che, spesso, si sente dire che le donne devono mangiare meno degli uomini. Ma non si tratta di un aspetto legato al sesso della persona, bensì della sua composizione corporea.
Non solo. Fino alla fine del secolo scorso, le donne sono state meno avvezze all'attività sportiva; senza contare che molte si dedicavano esclusivamente alle faccende domestiche, indubbiamente faticose, ma meno rispetto al lavoro "pesante" (in assenza di automatizzazione) che svolgevano gli uomini di classe operaia e agricola.
Come comportarsi quando il peso “stalla”?
Il dimagrimento non è mai lineare, soprattutto quando avviene nei pressi del set-point. Ma perchè?
Principalmente per 4 motivi:
- Esaurimento motivazionale e/o psicologico, e relativi "strappi alla regola", consapevoli o inconsapevoli;
- Minor attitudine a muoversi; è un sistema di autoprotezione che, allo scarseggiare delle energie, ci induce a "fare di meno";
- L'organismo trasporta meno peso per tutta la giornata, il che riduce in maniera proporzionale il costo calorico complessivo;
- Adattamenti ormonali, ad esempio una riduzione degli ormoni tiroidei, che tuttavia è molto blando e facilmente invertibile al ripristino della normocalorica.
Se il dimagrimento rallenta, possiamo intervenire in due modi:
- Fare una pausa normocalorica, avendo cura di adattare il fabbisogno pregresso a quello attuale. Il fabbisogno normocalorico di un soggetto di 100 kg e dello stesso di 80 kg non può essere lo stesso; pertanto, è consigliabile riadattare questo dato per evitare di recuperare chili;
- Stringere ulteriormente le calorie; questa strategia può essere adottata solo se la dieta ipocalorica è stata impostata con un taglio molto blando. Al contrario, è sconsigliabile se l'ipocalorica è già "consistente".
Quindi: le donne devono mangiare meno degli uomini?
Dipende dal soggetto e dagli obbiettivi.
Se parliamo di sovrappeso e normopeso, la quantità di cibo e di calorie (per dimagrire o per rimanere stabili) dipendono esclusivamente dal fabbisogno calorico totale. Questo parametro è solitamente più elevato nei maschi che nelle femmine, perché hanno strutture fisiche – soprattutto muscolari – parecchio superiori.
In tal senso, sì, di solito le donne devono mangiare meno degli uomini.
D'altro canto, una ragazza con elevate masse muscolari e di peso complessivo considerevole, può avvalersi di un TDEE elevato tanto quanto quello di un ragazzo. In tal caso, la considerazione di cui sopra non ha valore.
Inoltre, se l'obbiettivo fosse di scendere sotto una percentuale di grasso corporeo normale, per i meccanismi di cui sopra, la donna farebbe indubbiamente più fatica dell'uomo, e si troverebbe indubbiamente a dover mangiare meno.