Dieta Iperproteica e Danno renale: Le Proteine Fanno Male ai Reni?

Dieta Iperproteica e Danno renale: Le Proteine Fanno Male ai Reni?
Ultima modifica 27.06.2022
INDICE
  1. Cosa Significa Dieta Iperproteica?
  2. Cosa Intendiamo per Malattia Renale Cronica?
  3. Proteine e Stress Renale
  4. Proteine e Calcoli Renali
  5. Cause della Patologia Renale Cronica
  6. Bibliografia

È opinione comune che le diete iperproteiche possano essere responsabili di danno renale, traducibile come iperfiltrazione e valori incrementali di pressione glomerulare.

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Di seguito cercheremo di capire se le proteine fanno realmente male ai reni, valutando l'impatto che un regime iperproteico può esercitare in condizioni renali normali, in casi di patologia renale cronica e sulla formazione di calcoli renali (litiasi).

Cosa Significa Dieta Iperproteica?

Per "dieta iperproteica" s'intende, generalmente, un regime alimentare caratterizzato da un apporto proteico superiore al range di normalità.

L''intervallo di normalità vede:

  • un limite inferiore equivalente a ciò che è necessario assumere per scongiurare la carenza;
  • uno superiore che invece corrisponde al massimo quantitativo di proteine che l'organismo potrebbe introdurre senza alterazioni omeostatiche - va da sé che il limite superiore debba anche includere un certo "margine di sicurezza".

"Qui casca l'asino!" nel senso che, in base all'istituzione o allo studio consultati, si possono identificare limiti anche parecchio diversi uno dall'altro.

Tale metodo di valutazione, per quanto "logico", è comunque "spannometrico" e di limitata utilità nell'applicazione del "singolo". Non stiamo dicendo che sia sbagliato, ma semplicemente che le persone possono rivelarsi anche molto diverse le une dalle altre.

Pertanto, prima di decidere se una dieta possa definirsi iperproteica o meno, dovremmo cercare di definire la composizione corporea del soggetto in questione e, di conseguenza, identificare il fabbisogno proteico specifico.

Come calcolare il fabbisogno proteico?

Il fabbisogno proteico può essere calcolato in due modi:

  • Stima percentuale sulle calorie totali - si presta di più ai soggetti non sportivi e con corporatura media;
  • Impiego di un coefficiente pro-kg di peso corporeo.

Il coefficiente pro-kg si deve riferire:

  • al peso fisiologico desiderabile nei soggetti con massa grassa superiore alla norma;
  • al peso reale se la massa muscolare è più abbondante del comune, come negli atleti di forza e velocità o nei bodybuilder.

Non solo. Il fabbisogno proteico aumenta anche in caso di dieta ipocalorica dimagrante, soprattutto se presente un certo livello di attività sportiva, in accrescimento, in condizioni fisiologiche speciali (gravidanza, allattamento), para-fisiologiche o patologiche (resistenza anabolica, malassorbimento, sarcopenia ecc.).

In linea generale, consultando varie fonti (Bibliografia a questa pagina), potremmo riassumere che:

  • In caso di dieta normocalorica e senza attività fisica auspicabile, per scongiurare la carenza si consiglia più o meno 1,0 g / kg, che equivalgono pressappoco al 12% dell'energia;
  • Nelle stesse circostanze, l'apporto consigliato è 1,2 g / kg; 1,5 g / kg per i ragazzi in accrescimento, il 13% per le gravide e oltre 1,2 g / kg per gli anziani;
  • In dieta ipocalorica l'apporto consigliato è tra 1,6-2,4 g / kg;
  • In caso di sport di forza e dieta normocalorica meglio non scendere sotto l'1,2 g / kg e non salire oltre i 2,4 g / kg;
  • In caso di sport di forza e dieta ipocalorica può essere proficuo rimanere tra 2,3 e 3,1 g / kg; se la dieta è ipercalorica, il minimo è di 1,6 g / kg;
  • In caso di sport di endurance e dieta normocalorica l'apporto consigliato è di 1,2-2,0 g / kg.

Cosa Intendiamo per Malattia Renale Cronica?

La malattia renale cronica è caratterizzata da un danno renale (documentato da reperti laboratoriali, anatomo-patologici e strumentali) o un declino della funzionalità renale come conseguenza di una diminuzione del tasso di filtrazione glomerulare per almeno 3 mesi.

Quindi, iperfiltrazione ed aumento della pressione glomerulare come conseguenze all'eccessivo introito proteico e come responsabili di danno renale.

Il riferimento più citato ed accreditato sui possibili danni renali indotti dagli eccessi proteici è l'ipotesi di Brenner. L'ipotesi di Brenner afferma che condizioni associate ad incrementate filtrazione e pressione causerebbero danno renale, compromettendone la funzione stessa.

Sebbene gli effetti dell'iperfiltrazione - indotti dall'assetto nutrizionale iperproteico - sulla funzione renale in pazienti con patologie renali pre-esistenti è documenta, è altresì vero che l'evidenza scientifica citata dagli autori sugli effetti nefasti degli approcci iperproteici riguardo alla salute renale, deriva da studi su modelli animali e da pazienti con patologie renali preesistenti.

Pertanto, ogni speculazione relativa all'estensione ed applicazione di tali condizioni rilevate in determinate e precise contestualità, anche verso soggetti sani e/o con funzioni renali nella norma, è alquanto fuori luogo e inappropriata.

Infatti, i cambiamenti nella funzionalità renale che si osservano in soggetti sani e con reni sani potrebbero essere interpretati come il riflesso di un naturale, fisiologico adattamento al carico di azoto ed alle incrementali necessità di clearance renale.

Lo testimonia l'occorrere delle alterazioni della funzionalità renale - iperfiltrazione ed incremento della pressione glomerulare - in soggetti dotati di normale funzione renale nei quali, appunto, non si è registrato e riscontrato alcun segno di incrementato rischio di malattia renale.

È quello che accade alle donne in gravidanza. In donne sane in gravidanza vi è un aumento del tasso di filtrazione glomerulare del 65% e, nonostante tale variazione nella funzionalità renale, la gravidanza non rappresenta un fattore di rischio per la malattia renale cronica.

L'ipertrofia renale ed i miglioramenti della funzione renale del rene controlaterale che si instaurano in seguito a nefrectomia (asportazione del rene - N.d.R.) unilaterale suggeriscono che tali processi siano risposte adattative e possibilmente benefiche per la salute dei reni.

Altre evidenze presenti nella letteratura scientifica mettono alla luce che, nonostante la presenza di processi di iperfiltrazione prolungata nel tempo, la funzionalità del rene residuo in pazienti nefrectomizzati è rimasta nella norma senza deteriorarsi nel lungo termine - oltre i vent'anni.

Nessun effetto avverso alla funzionalità renale e/o al danno renale si è registrato in risposta ad un regime iperproteico su 1135 donne dotate di normofunzionalità renale.

Ciò detto, nei monorene, in chi si osserva una limitata funzionalità o in chi è ad alto rischio, è comunque sconsigliato un apporto proteico ingiustificatamente elevato.

Proteine e Stress Renale

Il consumo proteico è positivamente correlato alla produzione di urea e la sua escrezione è controllata dal rene. Tali processi fisiologici sarebbero considerati stress renali indotti dal consumo proteico.

In un comunicato stampa si è asserito quanto siano pericolosi gli apporti iperproteici sulla funzionalità renale soprattutto negli atleti e nei body-builder; più precisamente l'elevato introito proteico determina un innalzamento dei livelli di azoto nel sangue, l'azoto arriva ai reni sotto forma di urea per essere debellato con le urine.

Il risultante ed incrementale processo di minzione potrebbe causare disidratazione, aumentando in tal modo lo stress renale. E, pertanto, i body-builder potrebbero essere a rischio di patologia renale cronica poiché l'iperfiltrazione potrebbe produrre lesioni renali, riducendo così la funzione renale stessa.

La ricerca scientifica, in tal contesto, è spesso ampiamente travisata. Infatti, la ricerca di laboratorio non supporta tali affermazioni. Anzi, si è constatato che diete iperproteiche hanno determinato minime influenze sugli stati di idratazione dell'individuo; diverso sarebbe valutando l'impatto delle diete chetogeniche che, non solo non sono necessariamente iperproteiche, ma più che altro si definiscono low-carb e high-fat.

Tale speculazione potrebbe derivare da un'estrapolazione di una review del 1954 sulla letteratura del bilancio dell'azoto, che poi è stata estesa senza fondamento ad ambiti contestuali-applicativi diversi da quello di origine.

In tale review si presero in considerazione le razioni di sopravvivenza dei militari in missione nel deserto ed in concomitanza ad apporti idrici ed energetici limitati.

Poiché l'escrezione di un grammo di azoto ureico necessita di 40-60 ml di introito idrico extra, gli incrementati apporti proteici facenti parte dello studio si tradussero in un aumentato fabbisogno d'acqua per l'escrezione di azoto ureico: ad esempio, 250 ml d'acqua per ogni 6 grammi di azoto in un quadro dietetico di 500 kcal.

Si evince, dunque, che l'aumentato fabbisogno idrico è "contesto-specifico" e non necessariamente è applicabile a contesti di adeguato apporto calorico e idrico. Nonostante quanto riportato, non vi sono studi condotti su soggetti sani con normo-funzionalità renale che attestino in modo oggettivo la relazione in oggetto.

Per quanto riguarda gli atleti, è risaputo che quelli di forza e potenza consumano alti quantitativi di proteine alimentari ed altresì introducono supplementi aminoacidici e proteici che incrementano sensibilmente i livelli di azoto. Nonostante ciò, non vi è evidenza che tale tipo di individui sia ad elevato rischio di danno renale o perdita della funzionalità renale.

Detto ciò, rimane il fatto che certi soggetti possono rispondere diversamente all'aumento delle proteine nella dieta e, pertanto, se gli interventi dietetici fossero "consistenti", rimane fondamentale garantire un monitoraggio periodico e sentire il parere di un nefrologo che si interessi anche di sportivi.

Proteine e Calcoli Renali

Elevati introiti proteici incrementano l'escrezione di composti potenzialmente litogenici (tendenti a formare sedimenti - N.d.R.), tra i quali calcio ed acidi urici.

In uno studio accreditato Reddy et al. fecero emergere come un approccio iperproteico determinasse incremento dell'aciduria e del calcio nelle urine, sostenendo che tali fattori rappresentassero un rischio incrementale per la formazione di calcoli renali nei 10 individui che avevano preso parte allo studio.

Tuttavia, nessuno dei 10 soggetti riportò calcoli renali, rivelando una correlazione solo teorica. Nel pratico, il rischio di calcolosi andrebbe valutato osservando molti altri fattori, come la presenza di sovrappeso, il consumo di alcolici, lo scarso consumo d'acqua, la familiarità ecc.

Quello che potremmo dedurre è che la drastica restrizione glucidica adottata nello studio in questione potrebbe aver favorito un incremento nella produzione cheto-acida, contribuendo in tal modo alla formazione acida; dato che categorie alimentari quali frutta e verdura rappresentano un importante e sensibile fonte di carico basico-alcalino, la loro restrizione - prevista dal protocollo adottato nello studio - può avere sicuramente influito sul carico acido netto finale risultante.

La dieta da sola, nelle persone sane e in normopeso, non risulta essere causa di formazione di calcoli renali. Tuttalpiù, potrebbe aggravare una tendenza già in atto. Questo non è, ad ogni modo, un buon motivo per trascurare l'equilibrio nutrizionale.

Lo testimonia un studio in cui, sotto medesime condizioni nutrizionali e di idratazione, soggetti sani eliminavano singoli cristalli di ossalato di calcio del diametro di 3-4 micron laddove soggetti inclini alla formazione di calcoli renali producevano cristalli di 10-12 micron di diametro, che il più delle volte si univano in aggregati policristallini del diametro di 20-300 micron.

Invece, le reali cause dei calcoli renali si celano dietro importanti alterazioni metaboliche. Infatti, così è testimoniato anche in un altro studio, con il quale Nguyen et al. constatarono che elevati apporti proteici influiscono negativamente sui marker di formazione di calcoli renali (come, ad esempio, sull'incrementata escrezione di ossalato) in soggetti con problemi metabolici alla base della formazione di calcoli renali (ICSFs, ovvero "Idiophatic Calcium Stone Formers") ma non su soggetti sani.

Cause della Patologia Renale Cronica

I fattori che, invece, incidono sul rischio di contrarre patologia renale cronica sono: obesità, ipercolesterolemia, insulino-resistenza, iperuricemia, ipertensione.

Come si potrà approfondire dalla nota bibliografica relativa allo studio di riferimento, soggetti con valori pressori maggiori o uguali a 160/96 mmHg hanno un più spiccato declino nel tasso di filtrazione glomerulare su base annuale ed un rischio di precoce declino nella funzionalità renale più elevato di 5,21 volte rispetto a coloro che registrano valori pressori inferiori a 140/90 mmHg.

La controprova dell'importanza della pressione arteriosa sulla funzionalità renale si ha constatando su diversi lavori quanto la terapia anti-ipertensiva faccia diminuire la progressione della patologia renale cronica in pazienti che ne sono affetti.

Ciò che invece sorprende e va contro lo "pseudo- sapere" comune ed il mito della pericolosità dell'assetto iperproteico è la letteratura che conferisce risalto alla relazione inversa tra apporto proteico e pressione sanguigna sistemica.

L'evidenza prova la conferma di quanto l'apporto proteico, insieme a quello delle fibre, abbia dei benefici addizionali nell'indurre l'abbassamento della pressione sistolica delle 24 ore in un gruppo di 36 ipertesi.

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