Quali sono i grassi che fanno male al colesterolo?

Quali sono i grassi che fanno male al colesterolo?
Ultima modifica 30.09.2024
INDICE
  1. Quali sono i grassi che fanno male al colesterolo?
  2. Grassi idrogenati e trans
  3. Grassi parzialmente idrogenati
  4. Grassi vegetali non idrogenati

Quali sono i grassi che fanno male al colesterolo?

Gli ultimi studi sui grassi saturi e sulla loro relazione con l'ipercolesterolemia e le malattie cardiovascolari offrono prove contrastanti rispetto alle forti convinzioni precedenti.

In realtà, si tratta di una semplice presa di coscienza del fatto che i grassi saturi non sono tutti uguali. I più problematici sono quelli a catena intermedia, come ac. laurico, ac. miristico e ac. palmitico. I cibi ricchi di grassi saturi a lunga catena di origine animale, come formaggi, burrocarni grasse e insaccati crudi o da cuocere, inoltre, sono anche ricchi di colesterolo.

A differenza dei temuti "trans"- oggettivamente nocivi e potenzialmente aterogeni - pare che i grassi saturi a catena corta e quelli a catena lunga non aumentino sensibilmente il colesterolo LDL. Inoltre, tra quelli che impattano sulla colesterolemia, si può spesso osservare un aumento che riguarda anche le HDL.

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Grassi idrogenati e trans

Grassi idrogenati e trans non sono sinonimi, anche se spesso dove abbondano i primi sono presenti ingenti quantità dei secondi.

Quelli idrogenati sono acidi grassi che, per ragioni commerciali, vengono sottoposti a un processo industriale di "idrogenazione catalitica", che gli attribuisce delle proprietà chimico-fisiche specifiche.

I prodotti che vengono sottoposti a idrogenazione sono quelli ricchi di acidi grassi insaturi, ovvero gli oli vegetali. Tramite questo processo, gli oli ricchi di acidi grassi insaturi, monoinsaturi (con un solo doppio legame) e polinsaturi (con più doppi legami), vengono trasformati da liquidi a solidi o semi-solidi, aumentandone il punto di fusione tanto quanto basta per soddisfare le necessità applicative.

In definitiva, l'idrogenazione rende i grassi insaturi (prevalentemente contenuti nei vegetali) simili ai saturi (prevalentemente contenuti negli animali).

Le ragioni di una scelta commerciale simile sono diverse. Prima di tutto, costa meno acquistare una miscela vegetale idrogenata o bifrazionata (cristallizzazione frazionata) piuttosto che un grasso di origine animale. In secondo luogo, "rielaborare" un olio consente di ottenere un prodotto "esattamente" come lo vorremmo, con le giuste caratteristiche chimico-fisiche.

I grassi di origine animale, come burro e strutto, sono meno conservabili, contengono livelli più o meno rilevanti di acqua, non tutti hanno un punto di fumo soddisfacente e apportano inesorabilmente una quantità rilevante di colesterolo.

In base a quanto detto finora, sembra proprio che i grassi idrogenati si comportino in tutto e per tutto come dei saturi; anzi, quasi meglio. In effetti, da quando la tecnologia produttiva si è perfezionata, e l'idrogenazione non costituisce più una ragione di forte aumento di grassi trans negli alimenti, i grassi idrogenati (e anche quelli frazionati) costituiscono una scelta economicamente e merceologicamente più logica di quelli animali.

Perché questi grassi trans sono così temuti ed evitati?

"Trans" è il nome assegnato a una specifica configurazione degli acidi grassi insaturi; l'altra configurazione è detta "cis".
Come sappiamo, le molecole possono avere lo stesso numero di atomi e di legami, ma disporsi tridimensionalmente in maniera diversa, il che ne modifica l'attività/efficacia metabolica.

lipidi trans sono da considerare come un "effetto collaterale", una vera e propria perdita delle proprietà iniziali dell'acido grasso, che lo rende pessimo dal punto di vista dell'impatto sul metabolismo.

Tuttavia, i grassi idrogenati non sono l'unica fonte. Anzi, ad oggi, le fonti di grassi trans sono ben diverse dagli oli ottenuti previa l'efficientissima tecnologia alimentare.

I trans sono naturalmente presenti nei cibi; in particolare si trovano nel latte e derivati, e nella carne. Vengono prodotti dai batteri presenti nell'intestino dei ruminanti (soprattutto bovini) e assorbiti. Tuttavia, modificando i mangimi, è possibile cambiare la concentrazione di grassi trans nei prodotti di origine animale.

Piuttosto, partecipano sensibilmente ad aumentare l'apporto di grassi trans i lipidi sottoposti a calore molto intenso e/o prolungato (ad esempio gli oli per frittura).

Perché i grassi trans sono pericolosi?

Gli acidi grassi trans ingeriti con l'alimentazione sono considerati i veri killer che scombussolano in negativo i livelli di colesterolo nel sangue e aumentano il rischio di aterosclerosi.

La pericolosità di questi grassi deriva dalla loro capacità di innalzare i livelli di colesterolo totale, abbassando contemporaneamente i livelli di colesterolo buono; di conseguenza, incrementano il rischio cardiovascolare.

Molti dei prodotti contenenti grassi idrogenati (o transesterificati) vengono pubblicizzati come "0% colesterolo", inducendo il consumatore poco esperto a compiere una scelta tutt'altro che salutare.

Effettivamente, se tali grassi sono al 100% di origine vegetale (spesso le margarine contengono anche una buona percentuale di grassi animali di scarsa qualità), il prodotto è si privo di colesterolo, ma ricco dei ben più pericolosi acidi grassi trans.

Difendersi da questi pericolosi "nutrienti" non è difficile, dato che per legge il produttore è obbligato a dichiararne l'utilizzo in etichetta, aggiungendo la dicitura "totalmente idrogenati" o "parzialmente idrogenati" a seconda dei casi.

E' raccomandabile che si assuma la minor quantità possibile di grassi trans o che questi costituiscano al massimo l'1% della dieta (raccomandazioni OMS, FAO e EFSA).

Principali acidi grassi trans

  • Acido miristelaidico
  • Acido palmitelaidico
  • Acido petroselaidico
  • Acido elaidico
  • Acido vaccenico
  • Acido cetelaidico
  • Acido brassidico
  • Acido linolelaidico

Grassi parzialmente idrogenati

Per tenere sotto controllo il colesterolo, occorre prima di tutto escludere dalla dieta i prodotti tra i cui ingredienti compaiono le diciture "parzialmente idrogenati" e/o "idrogenati".

La dicitura grassi "parzialmente idrogenati" sembrerebbe più innocua rispetto alla classica espressione "grassi idrogenati", ma in realtà le due espressioni quasi si equivalgono.

Attenzione quindi a non farsi trarre in inganno da pubblicità fasulle.

Peraltro, gli acidi grassi trans si formano principalmente quando NON si completa il processo di idrogenazione (ad esempio nella produzione della margarina); un motivo in più per escluderli totalmente dalla dieta.

Grassi vegetali non idrogenati

Quando invece in etichetta si sottolinea la presenza di "grassi vegetali non idrogenati" la situazione è sicuramente migliore, ma ancora lontana dall'essere salutare; spesso, infatti, si utilizzano oli di qualità scadente, come molti di quelli tropicali, che oltre ad essere piuttosto economici risultano ricchi di grassi saturi (ad esempio l'olio di palmisto e l'olio di palma).

Fortunatamente, dal 13/12/2014 è obbligatorio specificare in etichetta l'origine degli oli e/o dei grassi vegetali impiegati (ad es olio di olivaolio di soia ecc.); non è quindi sufficiente riportare la dicitura generica "oli vegetali" o "grassi vegetali", dietro la quale in passato spesso si nascondeva l'impiego di materie prime scadenti.

Per approfondire: Grassi vegetali non idrogenati

 

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Autore

Dott. Riccardo Borgacci

Dott. Riccardo Borgacci

Dietista e Scienziato Motorio
Laureato in Scienze motorie e in Dietistica, esercita in libera professione attività di tipo ambulatoriale come dietista e personal trainer