Ultima modifica 08.07.2017

Senza variabilità genetica, tutti gli esseri viventi dovrebbero (per ereditarietà) essere uguali al primo. Per avere esseri non uguali, le uniche spiegazioni sarebbero quelle relative alle creazioni singole. Ma sappiamo che la struttura del DNA, che è alla base della trasmissione dei caratteri ereditari, ha una stabilità relativa e non assoluta. Mentre la stabilità garantisce la conservazione dell'informazione iniziale, l'instabilità ne determina le modificazioni, o meglio (per usare il termine specifico) le mutazioni.
Le mutazioni possono essere distinte in 3 grandi gruppi:

- mutazioni geniche;
- mutazioni cromosomiche;
- mutazioni genomiche.

A questo punto è bene aggiungere brevemente due concetti: uno è quello del «repair» e l'altro è quello di mutazione «favorevole» o «sfavorevole».
Il repair, termine di lingua inglese che significa riparazione, è riferito all'esistenza nelle cellule di processi enzimatici specifici destinati a verificare la conservazione dell'informazione, eliminando o correggendo i tratti di DNA non conformi all'originale.
Il concetto di mutazione «favorevole» o «sfavorevole» esprime il confronto fra l'efficienza, per l'organismo e per la specie, del gene originale («wild», ossia «selvaggio», primitivo) e del gene mutante.
È bene precisare che vantaggio e svantaggio sono sempre riferiti a determinate condizioni ambientali; una mutazione svantaggiosa in un certo ambiente può divenire favorevole in condizioni diverse.
Le conseguenze di questo principio sono vastissime in genetica di popolazioni, come possono già dimostrare le diverse efficienze, per la sopravvivenza, di varianti emoglobiniche in ambienti normali o malarici. Ma questo argomento va rinviato ad articoli più dettagliati di genetica generale, umana o medica.
Ancora una distinzione si impone (soprattutto per le mutazioni geniche) fra mutazioni somatiche e mutazioni germinali. Tutte le cellule del nostro organismo pluricellulare derivano, com'è noto, da un unico zigote, ma molto precocemente esse si differenziano in una linea somatica, da cui si sviluppa tutto il corpo, ed una linea germinale destinata a formare le gonadi e, per meiosi terminale, i gameti. È abbastanza evidente che, salvo interazioni fra le due popolazioni cellulari, una mutazione della linea somatica si manifesterà nel singolo organismo ma non avrà riflessi sui discendenti, mentre una mutazione nella linea germinale potrà manifestarsi solo nei discendenti.
A proposito dei diversi tipi di mutazione e delle conseguenze relative, è bene accennare ancora ad una classificazione delle cause di mutazione. Tali cause sono chiamate agenti mutageni, che si usa distinguere soprattutto in mutageni fisici e chimici. Diverse modificazioni dell'ambiente fisico possono condurre a mutazioni, ma i principali mutageni fisici sono le radiazioni. Per questo appunto sono pericolose le sostanze radioattive, e sono soprattutto le particelle radioattive più pesanti che tendono a determinare mutazioni per defezione, con le più gravi conseguenze.
I mutageni chimici possono operare sia alterando la struttura ordinata degli acidi nucleici, sia introducendo nelle cellule sostanze analoghe alle normali basi azotate, che possono competere con queste ultime nella sintesi degli acidi nucleici, provocando così mutazioni per sostituzione.

MUTAZIONI GENICHE

Le mutazioni geniche interessano uno o pochi geni, cioè un tratto limitato di DNA. Poiché l'informazione è memorizzata in una sequenza di coppie nucleotidiche, la più piccola unità di mutazione (un muton) comprende una sola coppia di basi complementari. Senza andare nel dettaglio dei diversi meccanismi di mutazione a livello genico, possiamo limitarci a citarne due: quello per sostituzione di base e quello per rielezione (o inserzione). Nelle mutazioni per sostituzione di base, uno o più nucleotidi del DNA vengono sostituiti da altri. Se l'errore non viene riparato in tempo, al momento della trascrizione ne conseguirà una sequenza alterata anche nell'RNA. Se l'alterazione della tripletta non si limita ad un sinonimo (vedi il codice genetico), ne conseguirà la sostituzione di uno o più aminoacidi nella sequenza polipeptidica. La sostituzione di un aminoacido può essere più o meno critica per la determinazione della struttura della proteina e per la relativa funzione.
Nelle mutazioni per rielezione o per inserzione, uno o più nucleotidi vengono tolti o aggiunti nella sequenza di DNA. Queste mutazioni sono generalmente molto gravi perché (a meno che non si tratti di intere triplette che aggiungono o tolgono singoli aminoacidi) tutte le triplette che seguono nell'ordine di lettura vengono modificate.
Le mutazioni geniche sono le più frequenti e sono all'origine della maggior parte della variabilità dei caratteri ereditari fra individui.

MUTAZIONI CROMOSOMICHE

Si tratta di mutazioni che interessano frammenti relativamente lunghi di un cromosoma. Si usa classificarle soprattutto in:

- mutazioni cromosomiche per rielezione;
- mutazioni cromosomiche per duplicazione;
- mutazioni cromosomiche per traslocazione.

Le mutazioni per defezione si hanno per rottura e perdita di un frammento più o meno lungo di cromosoma. Soprattutto nella meiosi, questo tipo di mutazione è spesso letale, per la perdita totale di un certo numero di geni, più o meno indispensabili.
Nelle mutazioni per duplicazione, a seguito di una rottura, i monconi cromatidici tendono a saldarsi.
Nel successivo allontanamento dei centromeri il cromosoma, divenuto dicentrico, si rompe in parti spesso ineguali: come si vede, il risultato è di rielezione da un lato e di duplicazione dall'altro.
Una rottura cromosomica può essere seguita da una inversione. Il materiale genetico totale è invariato, ma la sequenza dei geni sul cromosoma è alterata.
Il caso di una traslocazione è simile, ma riguarda la saldatura di un frammento di un cromosoma su un cromosoma non omologo. Un cromosoma ne risulta amputato e l'altro allungato; l'informazione genetica totale della cellula è ancora invariata, ma l'effetto di posizione è ancora più marcato. È facile rappresentarsi un effetto di posizione riferendosi al concetto di regolazione dell'azione genica: cambiando posizione sui cromosomi, un gene può facilmente lasciare un operon e trovarsi inserito in un altro, risultandone un'alterata attivazione o repressione.
Si dice comunque che una traslocazione è equilibrata (o bilanciata) quando vi è reciprocità di traslocazione fra due coppie di cromosomi, conservandosi immutata la somma delle informazioni geniche. Alla traslocazione bilanciata corrisponde generalmente la figura a croce nella diacinesi meiotica.

MUTAZIONI GENOMICHE

Ricordato che il genoma è il patrimonio genetico individuale, ordinato in cromosomi, si può precisare che si parla di mutazioni genomiche quando i cromosomi si presentano con distribuzione diversa dalla norma della specie.
Le mutazioni genomiche possono classificarsi soprattutto in mutazioni per poliploídia, aploidia e aneuploidia.
Le mutazioni per poliploidia si hanno quando alla reduplicazione non consegue la divisione; esse si verificano più facilmente nei vegetali, ove anzi sono utilizzate per migliorare la produzione.
Se la mancata divisione cellulare avviene nella meiosi, si potranno avere gameti diploidi; se un tale gamete riesce a fondersi con un gamete normale, lo zigote derivante da tale fecondazione sarà triploide. Un tale zigote può talvolta riuscire ad originare un organismo intero, dato che reduplicazione e mitosi non richiedono un numero pari di cromosomi. Al momento della meiosi, tuttavia, il regolare accoppiamento di cromosomi omologhi risulterà impossibile.
Le mutazioni genomiche per aploidia possono verificarsi quando, in una specie normalmente diploide, un gamete viene attivato da un altro gamete privo di materiale nucleare, oppure addirittura in assenza di fecondazione: ne deriverà un individuo aploide.
Mentre i tipi precedenti di mutazioni genomiche riguardano sempre la somma o la sottrazione di interi numeri n di cromosomi, le mutazioni per aneuploidia riguardano l'eccesso o il difetto di singoli cromosomi (aberrazioni cromosomiche).
Il corredo cromosomico euploide di una specie viene definito come il suo cariotipo normale o idiotipo.