Sindrome di Stevens-Johnson

Ultima modifica 26.03.2020
INDICE
  1. Generalità
  2. Che cos'è
  3. Cause
  4. Fisiopatologia
  5. Sintomi
  6. Diagnosi
  7. Cure e Trattamenti
  8. Prognosi

Generalità

La sindrome di Stevens-Johnson è una tanto rara quanto grave reazione da ipersensibilità che vede il coinvolgimento della cute e delle mucose.

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Spesso conseguenza dell'assunzione di alcuni tipi di farmaci, la sindrome di Stevens-Johnson può talvolta essere causata da infezioni o altri fattori.

La desquamazione cutanea è uno dei sintomi caratteristici della sindrome in questione; i pazienti che vanno incontro al suo sviluppo vengono generalmente ricoverati e sottoposti alle cure e ai trattamenti di supporto necessari. Qualora la sindrome sia causata da farmaci, la loro assunzione dovrebbe essere interrotta immediatamente.

Se prontamente diagnosticata, la prognosi è generalmente buona.

Che cos'è

Che cos'è la Sindrome di Stevens-Johnson?

La sindrome di Stevens-Johnson è una reazione acuta da ipersensibilità generalmente (ma non sempre) scatenata dall'assunzione di farmaci. Si caratterizza per la distruzione e il distacco dell'epitelio cutaneo e delle membrane mucose (necrolisi) le cui conseguenze possono rivelarsi estremamente gravi.

L'incidenza annuale della sindrome di Stevens-Johnson è di circa 1-5/1.000.000, pertanto, si tratta di una reazione fortunatamente molto rara.

Diverse fonti considerano la sindrome di Stevens-Johnson come una variante limitata della necrolisi epidermica tossica (o sindrome di Lyell, una particolare tipologia di eritema polimorfo), caratterizzata da una sintomatologia analoga ma più estesa e grave di quella della sindrome di Stevens-Johnson.

Sindrome di Stevens-Johnson e Necrolisi Epidermica Tossica: quali differenze?

I quadri sintomatologici della sindrome di Stevens-Johnson e della necrolisi epidermica tossica sono molto simili fra loro. Entrambe si caratterizzano per la distruzione e la successiva desquamazione della cute che, tuttavia, nella sindrome oggetto dell'articolo interessa aree corporee limitate (meno del 10% dell'intera superficie corporea); mentre nella necrolisi epidermica tossica interessa aree di cute più estese (oltre il 30% della superficie corporea).

L'interessamento dal 15% al 30% della superficie cutanea viene, invece, considerato come una sovrapposizione tra sindrome di Stevens-Johnson e necrolisi epidermica tossica.

Cause

Quali sono le Cause della Sindrome di Stevens-Johnson?

Come accennato, nella maggior parte dei casi, la sindrome di Stevens-Johnson rappresenta la conseguenza di una reazione d'ipersensibilità scatenata dall'assunzione di farmaci. Tuttavia, questi ultimi non sono l'unica possibile causa della sindrome in questione.

In altri casi, infine, benché rari, non si è in grado di individuare la causa scatenante.

 Farmaci

Fra i farmaci noti per essere potenzialmente in grado di indurre la sindrome di Stevens-Johnson, ricordiamo:

Altre Cause

Altre possibili cause responsabili dell'insorgenza della sindrome di Stevens-Johnson, sono:

  • Infezioni di natura virale o batterica (in particolare, sostenuta da Mycoplasma pneumoniae);
  • La somministrazione di alcuni tipi di vaccini;
  • Malattia del trapianto contro l'ospite (o GVHD, dall'inglese Graft-Versus-Host Disease).

Quali persone sono a Rischio per lo sviluppo della Sindrome di Stevens-Johnson?

Il rischio di comparsa della sindrome di Stevens-Johnson è maggiore:

  • Nei pazienti HIV positivi e affetti da AIDS;
  • In pazienti con compromissione del sistema immunitario (ad esempio, dovuta a farmaci);
  • Nei pazienti con infezioni sostenute da Pneumocystis jirovecii;
  • In pazienti con lupus eritematoso sistemico;
  • Nei pazienti affetti da patologie reumatiche di tipo cronico;
  • In pazienti con una storia pregressa di sindrome di Stevens-Johnson.

Fisiopatologia

Come e Perché si manifesta la Sindrome di Stevens-Johnson?

Il meccanismo alla base dell'insorgenza della sindrome di Stevens-Johnson è, in realtà, ancora sconosciuto, benché le ipotesi fatte a riguardo siano diverse. Fra queste, ricordiamo le seguenti:

  • Teoria dell'alterato metabolismo dei farmaci: secondo questa teoria, in seguito ad un alterato metabolismo dei farmaci (consistente, ad esempio, in una non adeguata eliminazione dei metaboliti reattivi), in alcuni pazienti si verifica una reazione citotossica mediata da cellule T nei confronti dei metaboliti reattivi di cui sopra.
  • Teoria della granulisina: secondo questa teoria sarebbe la granulisina liberata da cellule T e cellule natural killer ad avere un ruolo chiave nella morte dei cheratinociti e nella gravità delle manifestazioni della sindrome di Stevens-Johnson.
  • Teoria del recettore FAS e del suo ligando: questa teoria ipotizza che la morte cellulare e la formazione di vesciche tipiche della sindrome in questione sia strettamente correlata all'interazione del recettore di membrana FAS (un recettore che, se attivato, induce apoptosi cellulare) con il suo ligando in forma solubile.

Infine, è stata anche avanzata l'ipotesi dell'esistenza di una certa predisposizione genetica allo sviluppo della sindrome di Stevens-Johnson.

Sintomi

Sintomi indotti dalla Sindrome di Stevens-Johnson

Come già accennato, il sintomo caratteristico della sindrome di Stevens-Johnson è rappresentato dalla distruzione e dalla conseguente marcata desquamazione del tessuto cutaneo, cui si aggiunge il coinvolgimento delle mucose. Tuttavia, le lesioni cutanee non sono il primo sintomo con cui la sindrome si manifesta. Quest'ultima, infatti, esordisce con la comparsa di sintomi sistemici e aspecifici (sintomi prodromici) per poi lasciare spazio solo in un secondo momento alle manifestazioni cutanee che la contraddistinguono.

Sintomi Prodromici

I sintomi prodromici con i quali la sindrome di Stevens-Johnson esordisce, solitamente, sono di tipo sistemico e consistono in:

In questa fase, molti pazienti possono avvertire anche una sensazione di bruciore e/o dolore inspiegabile alla pelle.

Nel caso in cui la sindrome di Stevens-Johnson sia causata dall'assunzione di farmaci, i sintomi prodromici di cui sopra compaiono nell'arco di 1-3 settimane dopo l'inizio della terapia. I sintomi a carico di cute e mucose di seguito descritti, invece, compaiono dopo 4-6 settimane dall'inizio della stessa.

Sintomi a carico di cute e Mucose

Dopo la comparsa dei suddetti sintomi prodromici, insorgono i sintomi a carico di cute e mucose. Essi esordiscono con un'eruzione cutanea piana ed arrossata che, generalmente, inizia dal viso, dal collo e dal tronco per poi diffondersi al resto del corpo. Nel caso specifico della sindrome di Stevens-Johnson, tale eruzione interessa meno del 10% della superficie corporea.

Alla comparsa dell'eruzione cutanea segue la formazione di vesciche che tendono ad esfoliarsi nel giro di 1-3 giorni circa. Le vesciche possono comparire anche a livello di genitali, mani, piedi; si manifestano sulle mucose (ad esempio, della bocca, della gola, ecc.) e possono addirittura coinvolgere gli epiteli interni, come quelli delle vie aeree, delle vie urinarie, ecc. Anche gli occhi sono generalmente interessati dalla formazione di vesciche e croste: essi si presentano gonfi, arrossati e doloranti.

Oltre alla marcata desquamazione cutanea, si può andare incontro anche alla perdita di unghie e capelli.

Chiaramente, in una simile condizione, il paziente percepisce un notevole dolore cui si associa un'altrettanto notevole gonfiore. Inoltre, in funzione delle aree in cui si formano le vesciche e in cui avviene la desquamazione, il paziente può sviluppare difficoltà respiratorie, difficoltà di minzione, difficoltà a tenere gli occhi aperti, difficoltà a deglutire, parlare, mangiare e perfino bere.

Complicazioni della Sindrome di Stevens-Johnson

Le complicazioni della sindrome di Stevens-Johnson si manifestano principalmente a causa della necrosi e della conseguente desquamazione di cute e mucose. Venendo a mancare la funzione barriera tipicamente esercitata dalla pelle, infatti, si può andare incontro a:

  • Perdita ingente di elettroliti e liquidi;
  • Contrazione d'infezioni di svariato tipo (batteriche, virali, fungine, ecc.) che possono portare anche alla sepsi.

Altra grave complicazione consiste nell'insorgenza d'insufficienza a carico di diversi organi (insufficienza multiorgano).

Diagnosi

Come si Diagnostica la Sindrome di Stevens-Johnson?

La diagnosi della sindrome di Stevens-Johnson può essere effettuata mediante la semplice valutazione clinica del paziente, osservandone le lesioni a livello di cute e mucose. In aggiunta a ciò, è altresì possibile effettuare una biopsia cutanea con conseguente esame istologico, benché non si tratti di una procedura eseguita di frequente.

Purtroppo, la diagnosi precoce, quando la sindrome è ancora nella fase iniziale e si manifesta con i sintomi prodromici, non è sempre possibile. Difatti, poiché tali sintomi sono piuttosto aspecifici, si potrebbe andare incontro ad un'errata valutazione, con conseguente ritardo nell'individuazione della reale causa del malessere del paziente.

Con quali malattie Non deve essere confusa la Sindrome di Stevens-Johnson?

Le manifestazioni e i sintomi indotti dalla sindrome di Stevens-Johnson potrebbero essere simili a quelli indotti da altre patologie che coinvolgono cute e mucose, con le quali, tuttavia, essa non deve essere confusa. Più nel dettaglio, la diagnosi differenziale va posta nei confronti:

Cure e Trattamenti

Possibili Cure e Trattamenti della Sindrome di Stevens-Johnson

Il trattamento della sindrome di Stevens-Johnson richiede generalmente il ricovero ospedaliero, in funzione della tempestività della diagnosi - quindi dell'entità delle lesioni cutanee riportate e della desquamazione - in un reparto di dermatologia, oppure nel reparto di terapia intensiva, al fine di evitare l'insorgenza di complicanze potenzialmente fatali (ad esempio, infezioni e sepsi).

Qualora la sindrome sia causata dall'assunzione di farmaci, il trattamento con gli stessi dovrebbe essere immediatamente interrotto.

Purtroppo, anche se vi sono alcuni farmaci che possono essere somministrati per tentare di arrestare il progredire della sindrome, non si può parlare di una vera e propria cura contro la sindrome di Stevens-Johnson. In qualsiasi caso, i pazienti ricoverati perché affetti dalla sindrome in questione devono ricevere adeguati trattamenti di supporto.

Terapia di Supporto

La terapia di supporto è fondamentale per garantire la sopravvivenza del paziente. Essa può variare in funzione delle condizioni di quest'ultimo.

  • I liquidi e gli elettroliti perduti dovranno essere somministrati per via parenterale. Discorso analogo per quel che riguarda l'alimentazione se il paziente non è in grado di provvedervi autonomamente per via delle lesioni riportate su cute e mucose di bocca, gola, ecc.
  • I pazienti con coinvolgimento degli occhi dovranno effettuare visite specialistiche ed essere sottoposti a cure mirate per prevenire, o perlomeno limitare, i danni indotti dalla sindrome.
  • Le lesioni cutanee tipiche dalla sindrome di Stevens-Johnson devono essere curate quotidianamente e trattate allo stesso modo delle ustioni.
  • In presenza di infezioni secondarie, è necessario procedere con il trattamento di quest'ultime, istituendo idonee terapie contro il patogeno scatenante (utilizzando, ad esempio, farmaci antibiotici - purché non siano noti per indurre la sindrome in questione - farmaci antimicotici, ecc.).

Farmaci per Ridurre la Durata della Sindrome di Stevens-Johnson

Nel tentativo di arrestare la sindrome di Stevens-Johnson o comunque ridurne la durata, è possibile ricorrere all'utilizzo di farmaci, quali:

  • La ciclosporina, somministrata per inibire l'azione delle cellule T.
  • I corticosteroidi per uso sistemico, allo scopo di smorzare l'azione del sistema immunitario, ma allo stesso tempo utili per contrastare il dolore.
  • Le immunoglobuline EV (IgEV) ad alte dosi; somministrate precocemente. Esse dovrebbero arrestare l'attività degli anticorpi e bloccare l'azione del ligando del recettore FAS.

Tuttavia, l'uso dei suddetti medicinali è oggetto di opinioni discordanti fra i medici.

L'uso di corticosteroidi, infatti, è correlato ad un aumento della mortalità e può favorire la comparsa di infezioni o mascherare un'eventuale sepsi; anche se tali farmaci hanno dimostrato una certa efficacia nel migliorare le lesioni oculari.

Allo stesso modo, benché la somministrazione di IgEV permetta di ottenere buoni risultati iniziali, secondo sperimentazioni cliniche e analisi retrospettive, i risultati finali ottenuti sono contrastanti. Da tali sperimentazioni e analisi sarebbe, infatti, emerso che le IgEV possono essere non solo inefficaci ma potenzialmente connesse ad un aumento della mortalità.

Altri Trattamenti

In alcuni casi, può essere effettuata anche la plasmaferesi, allo scopo di allontanare residui di metaboliti reattivi di farmaci e anticorpi che potrebbero rappresentare la causa scatenante la sindrome di Stevens-Johnson.

Ad ogni modo, il trattamento più indicato per ciascun paziente sarà stabilito dal medico in base alle condizioni dello stesso e sulla base della fase in cui si trova la sindrome di Stevens-Johnson quando viene diagnosticata.

Prognosi

Qual è la Prognosi della sindrome di Stevens-Johnson?

La sindrome di Stevens-Johnson propriamente detta - quindi, con il coinvolgimento di meno del 10% della superficie corporea - presenta un tasso di mortalità dell'1-5% circa. Tuttavia, tali percentuali si riducono in caso di trattamento precoce. Perciò, se prontamente diagnosticata e trattata, la prognosi della sindrome di Stevens-Johnson potrebbe essere buona.

Autore

Ilaria Randi

Ilaria Randi

Chimica e Tecnologa Farmaceutica
Laureata in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche, ha sostenuto e superato l’Esame di Stato per l’Abilitazione alla Professione di Farmacista