Ultima modifica 27.09.2019

Premessa

Finora abbiamo dato la definizione generale di piastrinopenia, focalizzandoci sulle conseguenze patologiche correlate e sulle cause principali: in questo articolo descriveremo dettagliatamente la piastrinopenia gravidica e quella indotta da sostanze farmacologiche. Da ultimo, analizzeremo brevemente le terapie efficaci per combattere definitivamente - quando possibile - questo problema.

Piastrinopenia indotta da farmaci

Nella disquisizione precedente abbiamo visto come l'assunzione smodata di alcuni farmaci possa essere responsabile di piastrinopenia.
Non è raro che la piastrinopenia indotta da sostanze farmacologiche sfugga alla diagnosi, per almeno due motivi:

  1. le cause scatenanti implicate nella riduzione delle piastrine nel sangue sono assai numerose e variegate
  2. i farmaci responsabili della piastrinopenia sono moltissimi, probabilmente centinaia

Alla luce di queste considerazioni, è chiaro come la terapia di scelta per curare la malattia non sia propriamente quella più corretta; spesso, la piastrinopenia indotta da farmaci viene confusa con la forma autoimmune. In modo analogo, soprattutto nei pazienti ospedalizzati, i sintomi derivati dalla piastrinopenia iatrogena vengono interpretati come conseguenza di sepsi o del by-pass aortico/coronarico.
Tra i farmaci maggiormente coinvolti nella piastrinopenia si ricordano: eparine (soprattutto), chinino, inibitori piastrinici in genere (es. Eptifibatide), vancomicina, antimicrobici in genere, antireumatici, diuretici (es. Clorotiazide), analgesici (paracetamolo, Naprossene, diclofenac), chemioterapici e, più in generale, tutte le sostanze di sintesi in grado di favorire la formazione di anticorpi anti-piastrine.
Si stima che ogni anno vengano colpite da piastrinopenia farmaco-indotta all'incirca 10 persone ogni milione di soggetti.

Sintomi

La maggior parte dei pazienti diagnosticati come piastrinopenici non lamenta, generalmente, sintomi gravi: il più delle volte, questi presentano emorragie petecchiali e lievi ecchimosi. Rari, seppur possibili, i casi di porpora umida, che richiedono trasfusioni di piastrine e/o somministrazione di corticosteroidi.
Ad ogni modo, fatta eccezione per i casi estremi, la piastrinopenia farmaco-indotta può essere combattuta semplicemente sospendendo l'assunzione di quel dato farmaco: ciò è possibile, chiaramente, solo quando s'individua con certezza assoluta il farmaco responsabile.

Piastrinopenia gravidica

Anche nelle gravide si sono registrati casi di piastrinopenia lieve: si stima che nel 10% delle future madri si assista ad una fisiologica riduzione delle piastrine durante la gravidanza. Ad ogni modo, è bene evidenziare che, in condizioni normali, la conta piastrinica rimane quasi sempre all'interno del range fisiologico.
La riduzione del livello ematico di trombociti può essere scatenata da molteplici fattori, tra cui la piastrinopenia gestazionale: dal punto di vista clinico, stiamo parlando di una forma benigna, che non comporta né danno al feto né alla madre.
Talvolta, la donna soffre di piastrinopenia ancor prima della gravidanza; altre volte ancora, la carenza di piastrine nel sangue viene diagnosticata solamente durante la gestazione, seppur già presente prima della gravidanza. Come ogni patologia, esistono anche altre cause molto più gravi, responsabili di piastrinopenia gestazionale: microangiopatie trombotiche e sindrome HELLP, malattie talvolta così gravi da risultare fatali; quelli appena descritti rimangono chiaramente casi estremi, quindi la probabilità che la piastrinopenia dia esito infausto rimane comunque bassa.
In caso di piastrinopenia gravidica grave, i provvedimenti terapeutici devono essere immediati e nel contempo aggressivi, al fine di arrecare minor danno possibile sia alla madre che al feto.
Solo in caso di piastrinopenia grave (piastrine < 30.000 per mm3) le donne gravide sono sottoposte a cortisone durante la gestazione e ad immunoglobuline poco prima del parto.

Diagnosi e terapie

In generale, quando ad un paziente viene diagnosticata una forma di piastrinopenia in assenza di patologie, è bene distinguere la malattia vera e propria da un eventuale “falso allarme”: in questo caso si parla di pseudopiastrinopenia, evento possibile derivato da un errore di laboratorio legato all'impiego dell'EDTA come sostanza anticoagulante. Al fine di ovviare a questo inconveniente, è bene ripetere l'esame avvalendosi di tecniche diagnostiche differenti.
Un paziente affetto ipoteticamente da piastrinopenia viene sottoposto, generalmente, alla palpazione della milza; ancora, è possibile eseguire un'ecografia o una TC per assicurare la diagnosi.
Talvolta, sono indispensabili test di laboratorio, quali funzionalità della tiroide, anticorpi-piastrine, anticorpi-fosfolipidi, ecc..
È possibile identificare con precisione anche il locus di eliminazione/calo delle piastrine tramite metodiche radioisotopiche. Ancora, in caso di presunta piastrinopenia, può essere effettuato un esame emocromocitometrico completo, utile per evidenziare eventuali difetti a carico del midollo.
In alcuni casi, è consigliata la biopsia del midollo, utile per verificare un eventuale incremento o diminuzione del numero dei megacariociti.
Per quanto riguarda le terapie, abbiamo visto che in caso di piastrinopenia indotta da farmaci è doverosa la sospensione del farmaco responsabile; la trasfusione di piastrine è riservata ai casi gravi (< 10.000 piastrine/mm3). La somministrazione di cortisonici, immunoglobuline e immunosoppressori è utile nelle forme cronicizzanti di piastrinopenia.




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