Ultima modifica 28.03.2019

Tossicità della digitale

La Digitalis purpurea (popolarmente chiamata digitale) titola il capitolo delle droghe digitaliche, caratterizzate da una precisa classe di molecole attive: saponine e glicosidi cardioattivi.

L'aspetto raffinato ed elegante dei fiori di Digitalis purpurea non deve trarre in inganno: proprio per la particolarissima composizione molecolare, l'impiego di Digitalis purpurea, in fitoterapia, è vietato perché tossico. Digitale Infatti, seppur efficace in determinate circostanze, la terapia a base di estratti digitalici può essere prescritta solamente da medici: il paziente che si sottopone a trattamento con glicosidi cardioattivi dev'essere costant emente controllato, ed il suo stato di salute attentamente monitorato.
Da quanto detto emerge un chiaro messaggio: la Digitalis purpurea è una pianta altamente tossica, ed il suo impiego indiscriminato può creare effetti collaterali molto pericolosi.
In passato, la Digitalis purpurea veniva definita “oppio del cuore”, per evidenziare il suo effetto estremamente dannoso - quando smodato - a livello cardiaco: a tal proposito, il suo impiego venne temporaneamente bandito in ogni ambito. Dopo aver subìto un momento di “oblio”, la Digitalis purpurea tornò presto ad essere sfruttata in ambito medico.

Genere: Digitalis

La Digitalis purpurea è sì l'esponente principale del suo genere, ma non l'unico esemplare: non si può dimenticare l'altra specie - Digitalis lanata - che, oltre ad essere estremamente attiva, si rivela più tossica. Degna d'attenzione anche Digitalis nervosa, dalle potenzialità farmacologiche quasi due volte superiori rispetto la specie purpurea. I principi cardioattivi sono comunque presenti anche in altre specie meno conosciute, come Digitalis grandiflora, Digitalis ferruginea, Digitalis micrantha: queste ultime non vengono impiegate come medicamento perché gli attivi sono altamente tossici e termolabili.
Ma soffermiamoci, ora, sulla specie predominante. La Digitalis purpurea è suddivisa, a sua volta, in altre tre sottospecie: Digitalis purpurea subsp. Purpurea, Digitalis purpurea subsp. Heywoodii, Digitalis purpurea subsp. Mariana.

Analisi del nome

Il nome del genere (Digitalis) deriva da “digitas” termine latino letteralmente tradotto in “dito” e successivamente  adattato in“ ditale”, chiara allusione alla corolla dei fiori della pianta. L'etimologia della specie più diffusa (Digitalis purpurea) è riferita al vestito color porpora indossato dai fiori. La specie lanata viene chiamata tale in ricordo del suo particolare aspetto “lanoso”. [tratto da Farmacognosia. Botanica, chimica e farmacologia delle piante medicinali, di F. Capasso, R. De Pasquale,G. Grandolini, N. Mascolo]

Descrizione botanica

La Digitalis purpurea, il “prezioso fiore che nel passato ha curato tanti cuori”, è una pianta bienne e rustica appartenente alla medesima famiglia della bocca di leone (Scrophulariaceae). La radice di Digitalis purpurea appare grossa e particolarmente ramificata. Le foglie sono disposte a spirale, ovali oblunghe, pelose, dal piccolo picciolo alato nel primo anno di vita; l'anno successivo, le foglie subiscono una sorta di trasformazione dovuta alla formazione di un nuovo fusto. Le “foglie novelle” sono sparse, lanceolate, sessili (foglie superiori) o picciolate (quelle inferiori). [tratto da Dizionario ragionato di erboristeria e di fitoterapia, di A. Bruni, M. Nicoletti]
Il fusto della Digitalis purpurea, peloso, dall'altezza variabile da uno a due metri, fiorisce nel secondo anno, dando vita a fiori tubolari, campanulati e penduli, organizzati in grappoli colorati esternamente di porpora ed internamente di bianco. Il frutto è una piccola capsula acuminata o cassula setticida che racchiude nel suo interno minuscoli semi.
La Digitalis purpurea cresce in particolare in aree boschive, selvatiche o aride del cento Europa; la pianta ama terreni sciolti, a pH leggermente acido, preferibilmente arricchiti di materiale organico.

Droga e principi attivi

I primissimi studi sull'impiego della Digitalis purpurea a fini medici ebbero inizio intorno al 1820, ad opera del Dott. W. Withering: in quegli anni si osservò che la droga dava riscontri positivi nel trattamento delle disfunzionalità cardiache. La droga è rappresentata dalle foglie, sia fresche che essiccate, di Digitalis purpurea. Le foglie fresche contengono glicosidi primari, degradati durante l'essiccazione a causa di processi enzimatici: da questa reazione originano altre molecole, quali gitossina, digitossina, gitalossigenina e gitalossina, glucosidi cardioattivi chiamati generalmente cardenolidi. Il fitocomplesso estratto dalle foglie di Digitalis purpurea è caratterizzato anche da glucosidi saponinici (es. digitonoside, gitonoside (semi), tigonoside, ecc.), e  da digitanol-eterosidi (diginoside, digifoleina, ecc.). Tra gli attivi non possono mancare flavonoidi (es. luteolina), acido caffeico, acido citrico, acido ascorbico e tracce di acido p-cumarico, molecole che completano il fitocomplesso della Digitalis purpurea. [composizione chimica tratta da Dizionario di fitoterapia e di piante medicinali, di E. Campanini]



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