Biancospino
Ultima modifica 28.03.2019

Biancospino: introduzione

Dal greco kràtaigos, “forza e robustezza”, il biancospino è noto in botanica come Crataegus monogyna, in riferimento al suo legno duro e massiccio, tuttora utilizzato come buon combustibile.
BiancospinoAnticamente, il biancospino veniva associato alla speranza e alla fertilità: a tal proposito, i suoi fiori decoravano i capelli e le vesti delle spose. Ancora, in passato era diffusa la credenza secondo cui i fiori di biancospino possono allontanare gli spiriti maligni: per questo motivo, i petali adornavano le culle dei neonati.
Il biancospino viene largamente sfruttato in fitoterapia per il suo fitocomplesso, ma viene adoperato anche come pianta ornamentale per i suoi bellissimi fiori. In passato, il biancospino veniva coltivato anche per realizzare barriere impenetrabili grazie ai suoi spini appuntiti; ancora, i suoi frutti sono impiegati a finalità alimentari, sia per la preparazione di sciroppi e gelatine, sia per la produzione di farine, indicate per un particolare tipo di pane.

Descrizione botanica

Proprio come Rosa canina e Potentilla, anche Crataegus monogyna (chiamato anche Crataegus oxyacantha) appartiene alla famiglia delle Rosaceae: il biancospino è un arbusto - o piccolo albero - spontaneo, che cresce facilmente in ogni dove, in grado di raggiungere anche i 6-10 metri d'altezza. Vegeta soprattutto in aree boscose e cespugliose, fino ai 1.500 metri d'altitudine; è particolarmente diffuso in tutta Europa, nell'America del Nord, nell'Africa del Nord e in Asia settentrionale.
L'arbusto appare assai ramificato, e i suoi rami - dapprima rossicci, poi grigiastri - sono costituiti da numerosissime spine aguzze. Le foglie, sempre caduche, sono alterne e presentano una forma piuttosto variabile, con margine sempre dentato: lunghe dai 2 ai 4 centimetri, sono picciolate e profondamente incise.
I fiori del biancospino, invece, raggruppati in corimbi da 5 a 25, sono ermafroditi e pentalobati: le candide infiorescenze si schiudono in primavera (indicativamente tra aprile e maggio), mostrando peduncoli lanosi.
I frutti sono pomi ellittici-ovoidali, piuttosto piccoli (diametro: 1 cm), dipinti di rosso: al loro interno contengono un seme, nascosto all'interno del nocciolo. I frutti del biancospino maturano nel primo periodo invernale, tra novembre e dicembre; come sopraccennato, i frutti sono utilizzati per preparare marmellate o realizzare sciroppi, e le infruttescenze macinate - previa essiccazione - sono sfruttate per realizzare farine.

Fitocomplesso

In fitoterapia, il biancospino - come analizzeremo in modo più approfondito nel prossimo articolo - è assai utilizzato per trattare aritmie, lievi insufficienze cardiache, palpitazioni, ipertensione e sindrome ansiosa. La droga è costituita da sommità fiorite, foglie, fiori e, solo limitatamente, da parti legnose: il biancospino è ricco soprattutto di flavonoidi, leucoantocianidine, steroli, amine, catechine, acidi fenolici ed acidi triterpenici e fenolcarbossilici. Ma vediamo in dettaglio i costituenti chimici.
Le foglie contengono soprattutto flavonoidi (vitexina, iso-vitexina, ramnosil-vitexina, rutina, apigenina), leucoantocianidine monometriche, dimere e trimere, (procianidine dette anche picnogenoli) presenti anche nei frutti.
I fiori, anch'essi fonte di flavonoidi, contengono soprattutto iperoside (1-3%).
L'olio essenziale emana una gradevole profumazione grazie all'aldeide anisica.
Come abbiamo visto, il fitocomplesso è molto articolato, reso da una molteplicità di molecole ad attività simile o diversa:  questa eterogeneità rappresenta un limite piuttosto problematico per l'utilizzo di preparati a base di biancospino. Infatti, la percentuale delle diverse molecole nei preparati fitoterapici non è definita, perché dipende sia dalla specie considerata, sia dal momento della raccolta. sia dalla modalità di estrazione del composto.
Nel prossimo articolo saranno analizzate le proprietà fitoterapiche più importanti, la tossicità e gli eventuali effetti collaterali legati all'assunzione del biancospino.



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