Aracnofobia - terapie psicologiche

Ultima modifica 19.02.2019

« introduzione all'aracnofobia

Aracnofobia ed interpretazione

Se l'aracnofobico in sé teme il ragno, la paura si può facilmente tramutare in vera e propria ossessione quando l'animale viene enfatizzato, e la fobia amplificata smisuratamente dai media e da credenze popolari e leggende che, di per loro, non hanno fondamento alcuno.
Aracnofobia - terapia psicologiaNella simbologia, il ragno è definito una creatura imprevedibile, bizzarra, ambivalente, in cui nella medesima bestia regna sia il bene che il male.
Con ogni probabilità, l'aracnofobia è esagerata a dismisura da alcune culture: secondo quanto emerge da una credenza antica - tuttora considerata - l'anima può entrare ed uscire dalla bocca durante il sonno sotto la veste del ragno.
Nell'arte, alcuni dipinti raffigurano ragni giganti con il volto di donna: abbiamo visto in precedenza che la figura del ragno è in qualche modo correlata alla vita (atto di creazione). A tal proposito, la donna ragno simboleggia duplici significati opposti: l'umano e la bestia, la bellezza e la mostruosità, il reale e l'immaginario.
Per altri autori, l'aracnofobia esprime l'allegoria dell'alienazione di se stessi nei confronti del mondo; per altri ancora, la paura dei ragni è un semplice tentativo di allontanare involontariamente alcuni comportamenti - inconsciamente reputati erronei - del proprio ego.

Terapie psicologiche

Come abbiamo visto, l'aracnofobia miete un numero enorme di vittime. Tuttavia, come tutte le fobie e le malattie di natura psicologica, la terapia è possibile. Dato che per molti autori la paura dei ragni viene catalogata come una “fobia semplice” (classificazione effettuata sicuramente da persone non aracnofobiche), non esistono trattamenti farmacologici mirati, riconosciuti e legittimi.
Comune è la cosiddetta esposizione in vivo, terapia comportamentale consistente nel contatto ravvicinato dell'aracnofobico al ragno: il trattamento, dapprima puramente psicologico e successivamente effettuato anche sul piano pratico, dev'essere eseguito per gradi, al fine di trascinare il paziente proprio al limite dell'ossessione, toccando con mani l'aracnide che, beffardo, fissa la vittima.
In genere, la terapia ha inizio sottoponendo l'aracnofobico a domande mirate sulla sua paura, al fine di estrapolarne i motivi che l'hanno indotta: il più delle volte, il paziente non è in grado di dare una spiegazione precisa e sicura alla sua aracnofobia.
La fase terapica successiva consiste nel presentare fotografie di ragni all'aracnofobico; le sedute proseguono mostrando veri ragni, che li separano dal soggetto grazie ad un vetro. L'ultima fase, il livello di “pericolosità” più elevato per l'aracnofobico, nonché il più temuto, consiste nel toccare direttamente i ragni.
Generalmente, la cura dà buoni risultati per un breve periodo di tempo, pertanto sono consigliate terapie di “richiamo” al fine di evitare ulteriori ricadute.
Altri autori, sembrano preferire altri metodi chiamati “shock”, consistenti nell'esposizione improvvisa del ragno alla vittima aracnofobica.

Riflessioni

Senza dubbio un paradosso irrazionale, l'aracnofobia: la coscienza e l'intelletto non sono più in grado di gestire l'oggetto fobico. Il problema in sé non è rappresentato dalla paura dei ragni: il ragno, come già esplicitato più volte, è solamente uno stratagemma, una semplice scappatoia verso cui riversare ansia ed angoscia inconscia. Se il ragno fosse una scatola zeppa di paure, preoccupazioni ed inquietudini l'aracnofobico temerebbe comunque la scatola: il problema è che l'involucro, in sé, non crea paura, non scatena il danno, ma è il contenuto che genera ossessione. La scatola è apparenza: non ci si deve fermare alle apparenze, si deve scavare più a fondo, cercando di scovare il motivo attorno al quale rotea il tutto.
Alcuni esperti in materia sono convinti che l'aracnofobia affondi profonde radici nell'infanzia, la “tenera età”, periodo di vita in cui la forza mentale non è ancora consolidata e stabile. Le paure viste con gli occhi di un bambino vengono ingigantite ed enfatizzate: l'inevitabile conseguenza è l'assoluta incapacità di padroneggiarla, generando un senso di angoscia permanente ed ingestibile. È proprio in questo momento che nella testa del piccolo aracnofobico scatta involontariamente un meccanismo apparentemente difensivo, che consiste nel far ricadere la responsabilità dell'angoscia proprio nel ragno.
Se non si ricorre a terapie psicologiche, l'aracnofobia, inspiegabilmente, rimane un incubo che accompagna il malcapitato per tutta la vita.

 

Pensare che un antico proverbio inglese afferma: Se desideri amore e successo
lascia un ragno correre vivo
.
Chissà se gli aracnofobici concordano…