Ultima modifica 08.12.2016

Aprassia: introduzione

L'osservazione delle manifestazioni aprassiche, l'interpretazione logica della malattia e la spiegazione razionale del concatenarsi di gesti scoordinati, rappresentano elementi spesso enigmatici ed oscuri per decodificare il significato intrinseco, nascosto dell'aprassia. A tal proposito, la diagnosi - basata essenzialmente su test psicologici e motori - le terapie finalizzate al risanamento dei sintomi, e la prognosi, risultano assai problematici, sia per il medico, sia per le persone che convivono con il paziente aprassico, ignaro della malattia.

Diagnosi

Aprassia DiagnosiIn caso di aprassia, più che parlare di diagnosi vera e propria, ci si dovrebbe riferire a modelli interpretativi basati essenzialmente su esami cognitivi, utili per la valutazione del grado di severità della malattia. In genere, il medico chiede verbalmente al paziente di svolgere alcune azioni (es. fischiare, muovere le labbra, alzare la mano, ecc). In caso di afasia accertata concomitante con aprassia, il test cognitivo appena descritto non può essere affidabile; in simili frangenti, il test viene effettuato attraverso la valutazione di gesti che il paziente deve imitare.
Un altro esame diagnostico è la dimostrazione dell'utilizzo degli oggetti: questi oggetti, comunemente utilizzati nella vita quotidiana (es. forchetta, tovagliolo ecc.)  sono mostrati al paziente (presentazione visiva), dati in mano (presentazione tattile) o mimati (presentazione immaginaria).
Una valutazione diagnostica corretta, si pone anche nell'osservazione dei muscoli utilizzati per svolgere un'azione.
La gravità della lesione cerebrale viene diagnosticata tramite risonanza magnetica e tomografia computerizzata.
Ad ogni modo, è doveroso ricordare che non sempre le lesioni cerebrali comportano deficit comportamentali manifesti; in altri casi, le lesioni possono essere così lievi da risultare facilmente risolvibili con semplici test mirati. Va effettuata una diagnosi differenziale tra aprassia e afasia, sordità, demenza, cecità, disturbi psicologici ecc.

Terapie

I terapisti fisici ed occupazionali, insieme ai logopedisti, rappresentano le figure di riferimento per i pazienti affetti da aprassia. Le terapie si basano essenzialmente sulla riabilitazione del soggetto aprassico: si parla di approccio sostitutivo e restituivo.
Ad ogni modo, una terapia farmacologica specifica ed esclusiva, mirata alla risoluzione definitiva dei sintomi aprassici, non è stata ancora individuata; inoltre, la quantità degli studi riabilitativi effettuati per l'aprassia è piuttosto esigua. L'aprassia è perciò inserita tra le patologie invalidanti.

Prognosi

Nonostante l'aprassia venga classificata tra le malattie neuropatologiche invalidanti, alcune forme meno severe tendono a risolversi spontaneamente: è il caso dell'aprassia ideomotoria, per esempio, dove l'80% dei pazienti guarisce senza necessità di riabilitazione specifica o di trattamenti farmacologici.
In caso di severità, la prognosi dell'aprassia è sfavorevole: evidenze cliniche dimostrano che molti sintomi aprassici peggiorano man mano che il paziente avanza con l'età.

Aprassia: riflessioni

Abbiamo visto che l'aprassia rappresenta un insieme eterogeneo di disturbi del movimento finalizzati o meno ad uno scopo. Le anomalie motorie aprassiche non riguardano solamente le semplici azioni elementari: il deficit, infatti, si focalizza nella programmazione e nella coordinazione dei movimenti, nella concatenazione dei gesti mirati a realizzare un'azione precisa e, da ultimo, ostacola l'armoniosità del movimento, rendendolo goffo, bizzarro e stravagante.
Alcuni testi descrivono l'aprassia come una dissociazione automatico-volontaria: un dato movimento, eseguito correttamente in un particolare contesto, viene negato durante i test aprassici, poiché manca un significato che ne giustifichi l'azione. A tal proposito, l'aprassia propriamente detta fa riferimento solamente a quei movimenti volontari ed appresi [tratto da www.neuropsicologia.it].



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